Cairo
Identifont non conosce nessun carattere che si chiama Cairo. Eppure ne circolano almeno due, entrambi gratuiti. Uno sta su Google Fonts, ed è semplicemente un derivato del Titillum Web (sviluppato in Italia), a cui è stato aggiunto l’alfabeto arabo. O meglio, una versione particolare dell’alfabeto arabo, basato sullo stile calligrafico Kufi, per cui alcune lettere tutto sembrano tranne che arabe.
A dire la verità non sembra neanche stile cufico, almeno a giudicare dalle foto che si vedono sull’apposita pagina di Wikipedia, anche se in effetti queste raffigurano esempi molto diversi uno dall’altro. In alcuni esempi le lettere sono tutte composte da linee rette, quadrati e angoli rettangoli, per cui più che scritte a prima vista sembrano solo motivi decorativi.
Comunque, il secondo font gratuito che si trova in giro, col nome Cairo, sta su Dafont, e si ispira a quegli slab che nell’ottocento venivano chiamati egizi. È pure abbastanza condensato: ci si può fare la testata del Corriere della Sera, anche se ci sono varie differenze, visto che i fianchi delle lettere curve (C, O) sono curvi e non rettilinei come nella prima pagina del quotidiano.
Certo, molti dettagli sono un po’ raffazzonati, ma si tratta di uno dei pochi font disponibili in giro ad aver cercato di riprodurre quello stile, sicuramente fuori moda.
Stranamente, il carattere risulta senza autore, uno dei pochi con questa caratteristica sul sito di Dafont. Se non ha un autore, come ci è finito sul sito?
Comunque, la storia conosce un altro carattere che era stato chiamato Cairo, e che a quanto pare non è stato digitalizzato, almeno non con questo nome.
Era commercializzato dalla Intertype, non si sa quando. Sul web sono disponibili degli specimen.
A prima vista questo è meno fuori moda: pare un normale slab. La C ha la stessa impostazione del Rockwell, e pure la A, col “terrazzo” sulla cima (grazie a destra e sinistra). Al limite la R cambia un po’, avendo la gamba curva.
Ma ciò che è finito fuori moda stra tra le minuscole: la a è geometrica, ad un livello come il Futura. Con la differenza che ha due grazie slab, una in alto e una in basso.
Un tempo questa scelta era abbastanza popolare, appariva nei titoli sulle prime pagine dei giornali (intorno alla metà del Novecento, anche se io ne ricordo solo una versione molto condensata). Ma oggi?
Cercando su Google Font il primo risultato che trovo con questa soluzione è il Vast Shadow, ombreggiato, decorativo, non certo uno dei più popolari che si trovano sul sito.
Il secondo e ultimo è il Gorditas, che è irregolare ed è uno dei meno popolari in assoluto.
Provo a orientarmi su Identifont, ma incappo in un altro bug che mi porta in un vicolo cieco. Però qualcosa di interessante trovo: si chiama Memphis, e risulta disegnato da Rudolph Wolf nel 1929 per Stempel. Ora viene pubblicato da Adobe e Linotype, e a occhio e croce è il Cairo. Almeno, potrebbe essere una delle varie versioni. Perché se andiamo a vedere nello specimen pubblicato da Urban Cottage Industries notiamo che la forma della Q cambiava a seconda della dimensione: a 36 punti la coda è composta da due segmenti, di cui uno obliquo e uno orizzontale, come nell’anteprima del Memphis che si vede su Identifont. In tutte le dimensioni inferiori invece la coda della Q è tipo Baskerville (esce verso sinistra, poi c’è uno spigolo e ritorna indietro ondeggiando verso destra).
Da notare che per noi italiani la parola Memphis è collegata con la città del Tennessee in cui visse Elvis Presley, in cui morì e in cui è sepolto (ci sono numerose altre Memphis negli Stati Uniti).
Ma in inglese Memphis è anche il nome di Menfi, storica capitale del Antico Regno egizio, nel terzo millennio avanti cristo.
In realtà i caratteri tipografici egizi non c’entrano niente con l’antico Egitto. Se non che vennero disegnati nell’Ottocento, quando alcune scoperte archeologiche avevano dato vita ad una vera e propria Egitto-mania. Oppure, secondo il sito Be More Digital, perché vennero usati per le casse degli armamenti nella campagna d’Egitto di Napoleone (1798-1801).
Comunque, l’etichetta “egizio” inizialmente veniva data a tutto quello che era un po’ insolito: esistono anche degli Egyptian senza grazie. Poi è diventato sinonimo di “slab”. Ma se i discendenti del Memphis sono ancora in uso, vedi il Rockwell o l’alternativo Rokkit (gratuito su Google), qualcosa che somigli al Cairo di Dafont è più difficile da trovare.
Il più famoso in quello stile, a quanto ne so, si chiama Egizio, in italiano. È infatti stato disegnato negli anni 50 da Aldo Novarese, ed è stato digitalizzato una decina di anni fa dalla Urw (la versione condensata è disponibile, ma non in grassetto, e comunque si allontana parecchio dalle forme della testata del Corriere).
A dire la verità non sembra neanche stile cufico, almeno a giudicare dalle foto che si vedono sull’apposita pagina di Wikipedia, anche se in effetti queste raffigurano esempi molto diversi uno dall’altro. In alcuni esempi le lettere sono tutte composte da linee rette, quadrati e angoli rettangoli, per cui più che scritte a prima vista sembrano solo motivi decorativi.
Comunque, il secondo font gratuito che si trova in giro, col nome Cairo, sta su Dafont, e si ispira a quegli slab che nell’ottocento venivano chiamati egizi. È pure abbastanza condensato: ci si può fare la testata del Corriere della Sera, anche se ci sono varie differenze, visto che i fianchi delle lettere curve (C, O) sono curvi e non rettilinei come nella prima pagina del quotidiano.
Certo, molti dettagli sono un po’ raffazzonati, ma si tratta di uno dei pochi font disponibili in giro ad aver cercato di riprodurre quello stile, sicuramente fuori moda.
Stranamente, il carattere risulta senza autore, uno dei pochi con questa caratteristica sul sito di Dafont. Se non ha un autore, come ci è finito sul sito?
Comunque, la storia conosce un altro carattere che era stato chiamato Cairo, e che a quanto pare non è stato digitalizzato, almeno non con questo nome.
Era commercializzato dalla Intertype, non si sa quando. Sul web sono disponibili degli specimen.
A prima vista questo è meno fuori moda: pare un normale slab. La C ha la stessa impostazione del Rockwell, e pure la A, col “terrazzo” sulla cima (grazie a destra e sinistra). Al limite la R cambia un po’, avendo la gamba curva.
Ma ciò che è finito fuori moda stra tra le minuscole: la a è geometrica, ad un livello come il Futura. Con la differenza che ha due grazie slab, una in alto e una in basso.
Un tempo questa scelta era abbastanza popolare, appariva nei titoli sulle prime pagine dei giornali (intorno alla metà del Novecento, anche se io ne ricordo solo una versione molto condensata). Ma oggi?
Cercando su Google Font il primo risultato che trovo con questa soluzione è il Vast Shadow, ombreggiato, decorativo, non certo uno dei più popolari che si trovano sul sito.
Il secondo e ultimo è il Gorditas, che è irregolare ed è uno dei meno popolari in assoluto.
Provo a orientarmi su Identifont, ma incappo in un altro bug che mi porta in un vicolo cieco. Però qualcosa di interessante trovo: si chiama Memphis, e risulta disegnato da Rudolph Wolf nel 1929 per Stempel. Ora viene pubblicato da Adobe e Linotype, e a occhio e croce è il Cairo. Almeno, potrebbe essere una delle varie versioni. Perché se andiamo a vedere nello specimen pubblicato da Urban Cottage Industries notiamo che la forma della Q cambiava a seconda della dimensione: a 36 punti la coda è composta da due segmenti, di cui uno obliquo e uno orizzontale, come nell’anteprima del Memphis che si vede su Identifont. In tutte le dimensioni inferiori invece la coda della Q è tipo Baskerville (esce verso sinistra, poi c’è uno spigolo e ritorna indietro ondeggiando verso destra).
Da notare che per noi italiani la parola Memphis è collegata con la città del Tennessee in cui visse Elvis Presley, in cui morì e in cui è sepolto (ci sono numerose altre Memphis negli Stati Uniti).
Ma in inglese Memphis è anche il nome di Menfi, storica capitale del Antico Regno egizio, nel terzo millennio avanti cristo.
In realtà i caratteri tipografici egizi non c’entrano niente con l’antico Egitto. Se non che vennero disegnati nell’Ottocento, quando alcune scoperte archeologiche avevano dato vita ad una vera e propria Egitto-mania. Oppure, secondo il sito Be More Digital, perché vennero usati per le casse degli armamenti nella campagna d’Egitto di Napoleone (1798-1801).
Comunque, l’etichetta “egizio” inizialmente veniva data a tutto quello che era un po’ insolito: esistono anche degli Egyptian senza grazie. Poi è diventato sinonimo di “slab”. Ma se i discendenti del Memphis sono ancora in uso, vedi il Rockwell o l’alternativo Rokkit (gratuito su Google), qualcosa che somigli al Cairo di Dafont è più difficile da trovare.
Il più famoso in quello stile, a quanto ne so, si chiama Egizio, in italiano. È infatti stato disegnato negli anni 50 da Aldo Novarese, ed è stato digitalizzato una decina di anni fa dalla Urw (la versione condensata è disponibile, ma non in grassetto, e comunque si allontana parecchio dalle forme della testata del Corriere).
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