Geroglifici
Capita alla gente di andare in Egitto e tornarsene con un bel papiro pieno zeppo di geroglifici come souvenir. In realtà la parola geroglifici deriva da un verbo che significa incidere. Erano infatti simboli che venivano scolpiti su stele e statue. Nella normale scrittura su pergamena si utilizzavano la scrittura ieratica e poi quella demotica, che sono meno spettacolari in quanto più stilizzati. Infatti qui le lettere hanno forme più astratte, mentre nel geroglifico è facile riconoscere l’animale, l’oggetto o la parte del corpo rappresentata.
È facile collegare i geroglifici col concetto di ideogramma, per cui ogni simbolo corrisponde all’oggetto rappresentato: se il glifo ha la forma di un serpente, vuol dire che nel testo si sta parlando di un serpente. In realtà non è necessariamente così. Anche all’epoca dei geroglifici si era arrivati ad elaborare un alfabeto, per cui ad ogni simbolo corrisponde un suono, o un insieme di suoni. Una tabella con i segni monoconsonantici si può trovare anche sul sito di Wikipedia in italiano.
Lo stesso simbolo in alcuni casi poteva rappresentare un suono, in altri un’idea, e per evitare interpretazioni sbagliate venivano aggiunti dei segni che lo specificavano meglio: un tratto verticale al disotto del glifo significava che andava inteso come ideogramma.
I geroglifici potevano essere disposti in orizzontale o in verticale. Ma mentre in nell’ultimo caso andavano letti sicuramente dall’alto in basso, quando erano disposti in orizzontale potevano essere letti da destra a sinistra o da sinistra a destra, a seconda delle esigenze. Se in un corridoio o su un monumento le scritte convergevano verso un oggetto centrale, è chiaro che da un lato venivano scritte da sinistra a destra, dall’altro da destra a sinistra. Era difficile sbagliarsi e leggere una scritta a contrario, visto che le facce dei personaggi e i musi degli animali puntavano verso la fine della frase: da come erano orientate le figure si poteva capire quale era la direzione in cui procedere. La stessa cosa avveniva con le iscrizioni bustrofediche (usate anche da greci e etruschi), quelle in cui il flusso del testo procedeva a righe alternate: una riga per andare in un senso, e la riga successiva per tornare indietro, secondo il modo di procedere di un bue che tira un aratro (dal greco: bous=bue; strophe=voltare; don=alla maniera). Anche in quei casi la forma delle lettere era rivolta verso destra o verso sinistra, a seconda del verso di lettura.
Ma non è solo questo che creerebbe delle complicazioni volendo riscrivere un testo geroglifico con un moderno word processor. Infatti dal classico esempio di come si scriveva un nome coi geroglifici (Ptolmys=Tolomeo) viene fuori che non tutte le lettere poggiavano sulla stessa linea. La p sovrasta la t, la l sovrasta la m.
E nelle foto che si vedono delle antiche iscrizioni si vedono schemi più complicati: una focaccia al di sopra di un serpente al di sopra di una vipera al di sopra di tre tratti verticali; seguiti da una treccia di lino con qualcosa sovrapposto; seguito da una persona sovrastata dall’acqua; seguito da tre oggetti stretti che sovrastano un occhio largo...
Insomma, una cosa abbastanza complicata da riprodurre.
I simboli geroglifici sono stati realizzati in un font: il Segoe Historic, che viene fornito in dotazione standard con Windows 10, e che molta gente non sa neanche di avere (anche perché non saprebbe come usarlo).
La ventina di simboli fonetici mi pare sia un po’ disseminata qua e là. La disposizione dei glifi è quella stabilita dallo standard Unicode, e parte dal 13000 (in esadecimale) fino da arrivare al 1342e. Nel file però il blocco non ha un nome. Né il pdf dell’Unicode si impegna a dare delle spiegazioni, se non un esempio della forma suggerita per il glifo e il suo valore di riferimento.
Chiaramente gli specialisti possono trovare del materiale in proposito, ma una semplice tabella glifo-significato non è facile da trovare.
Chiaro che la gente comune non ha interesse a scrivere le parole in geroglifico, ma alcuni caratteri potrebbero avere valore decorativo, come fossero emoticon, e potrebbero essere usate se venissero associate ad una parola o un significato ben preciso.
Comunque, se è solo per giocare, si trovano tanti font a tema, gratuiti, su Dafont, nella categoria simboli/antico.
Molti hanno solo valore decorativo (e talvolta nemmeno quello). Il Deities, per esempio, raffigura soltanto le divinità egiziane in piedi, di profilo (ovviamente).
Ma ci sono anche un paio di tentativi di realizzare un alfabeto usabile, in cui ci sia corrispondenza tra i glifi illustrati da Wikipedia e il suono corrispondente alla lettera sulla tastiera.
Uno è il Rosetta Stone, che prende il nome dalla pietra che permise di decifrare alcune parole egiziane visto che la stessa scritta era riproposta sia a caratteri geroglifici, sia demotici, sia greci. Nel font, al posto delle maiuscole ci sono i geroglifici, al posto delle minuscole le lettere greche. I simboli egizi sono molto scuri, pur con qualche tentativo di metterci dei riflessi, e soprattutto sono nel verso sbagliato: vanno da destra a sinistra.
L’Ancient Egyptian Hieroglyps cerca di ottenere la stessa corrispondenza fonetica, ma dando libertà di scelta: nelle maiuscole le forme sono girate verso destra, nelle minuscole sono girate verso sinistra. La versione normale non è gradevole dal punto di vista tipografico a piccole dimensioni, visto che i disegni sono vuoti e circondati da bordi troppo sottili. Ma a grandi dimensioni possono fare la loro figura, specie se qualcuno le colora. Lo stesso set è fornito anche in versione silohuette, ma qui risalta molto il fatto che si tratta di un tentativo amatoriale.
È facile collegare i geroglifici col concetto di ideogramma, per cui ogni simbolo corrisponde all’oggetto rappresentato: se il glifo ha la forma di un serpente, vuol dire che nel testo si sta parlando di un serpente. In realtà non è necessariamente così. Anche all’epoca dei geroglifici si era arrivati ad elaborare un alfabeto, per cui ad ogni simbolo corrisponde un suono, o un insieme di suoni. Una tabella con i segni monoconsonantici si può trovare anche sul sito di Wikipedia in italiano.
Lo stesso simbolo in alcuni casi poteva rappresentare un suono, in altri un’idea, e per evitare interpretazioni sbagliate venivano aggiunti dei segni che lo specificavano meglio: un tratto verticale al disotto del glifo significava che andava inteso come ideogramma.
I geroglifici potevano essere disposti in orizzontale o in verticale. Ma mentre in nell’ultimo caso andavano letti sicuramente dall’alto in basso, quando erano disposti in orizzontale potevano essere letti da destra a sinistra o da sinistra a destra, a seconda delle esigenze. Se in un corridoio o su un monumento le scritte convergevano verso un oggetto centrale, è chiaro che da un lato venivano scritte da sinistra a destra, dall’altro da destra a sinistra. Era difficile sbagliarsi e leggere una scritta a contrario, visto che le facce dei personaggi e i musi degli animali puntavano verso la fine della frase: da come erano orientate le figure si poteva capire quale era la direzione in cui procedere. La stessa cosa avveniva con le iscrizioni bustrofediche (usate anche da greci e etruschi), quelle in cui il flusso del testo procedeva a righe alternate: una riga per andare in un senso, e la riga successiva per tornare indietro, secondo il modo di procedere di un bue che tira un aratro (dal greco: bous=bue; strophe=voltare; don=alla maniera). Anche in quei casi la forma delle lettere era rivolta verso destra o verso sinistra, a seconda del verso di lettura.
Ma non è solo questo che creerebbe delle complicazioni volendo riscrivere un testo geroglifico con un moderno word processor. Infatti dal classico esempio di come si scriveva un nome coi geroglifici (Ptolmys=Tolomeo) viene fuori che non tutte le lettere poggiavano sulla stessa linea. La p sovrasta la t, la l sovrasta la m.
E nelle foto che si vedono delle antiche iscrizioni si vedono schemi più complicati: una focaccia al di sopra di un serpente al di sopra di una vipera al di sopra di tre tratti verticali; seguiti da una treccia di lino con qualcosa sovrapposto; seguito da una persona sovrastata dall’acqua; seguito da tre oggetti stretti che sovrastano un occhio largo...
Insomma, una cosa abbastanza complicata da riprodurre.
I simboli geroglifici sono stati realizzati in un font: il Segoe Historic, che viene fornito in dotazione standard con Windows 10, e che molta gente non sa neanche di avere (anche perché non saprebbe come usarlo).
La ventina di simboli fonetici mi pare sia un po’ disseminata qua e là. La disposizione dei glifi è quella stabilita dallo standard Unicode, e parte dal 13000 (in esadecimale) fino da arrivare al 1342e. Nel file però il blocco non ha un nome. Né il pdf dell’Unicode si impegna a dare delle spiegazioni, se non un esempio della forma suggerita per il glifo e il suo valore di riferimento.
Chiaramente gli specialisti possono trovare del materiale in proposito, ma una semplice tabella glifo-significato non è facile da trovare.
Chiaro che la gente comune non ha interesse a scrivere le parole in geroglifico, ma alcuni caratteri potrebbero avere valore decorativo, come fossero emoticon, e potrebbero essere usate se venissero associate ad una parola o un significato ben preciso.
Comunque, se è solo per giocare, si trovano tanti font a tema, gratuiti, su Dafont, nella categoria simboli/antico.
Molti hanno solo valore decorativo (e talvolta nemmeno quello). Il Deities, per esempio, raffigura soltanto le divinità egiziane in piedi, di profilo (ovviamente).
Ma ci sono anche un paio di tentativi di realizzare un alfabeto usabile, in cui ci sia corrispondenza tra i glifi illustrati da Wikipedia e il suono corrispondente alla lettera sulla tastiera.
Uno è il Rosetta Stone, che prende il nome dalla pietra che permise di decifrare alcune parole egiziane visto che la stessa scritta era riproposta sia a caratteri geroglifici, sia demotici, sia greci. Nel font, al posto delle maiuscole ci sono i geroglifici, al posto delle minuscole le lettere greche. I simboli egizi sono molto scuri, pur con qualche tentativo di metterci dei riflessi, e soprattutto sono nel verso sbagliato: vanno da destra a sinistra.
L’Ancient Egyptian Hieroglyps cerca di ottenere la stessa corrispondenza fonetica, ma dando libertà di scelta: nelle maiuscole le forme sono girate verso destra, nelle minuscole sono girate verso sinistra. La versione normale non è gradevole dal punto di vista tipografico a piccole dimensioni, visto che i disegni sono vuoti e circondati da bordi troppo sottili. Ma a grandi dimensioni possono fare la loro figura, specie se qualcuno le colora. Lo stesso set è fornito anche in versione silohuette, ma qui risalta molto il fatto che si tratta di un tentativo amatoriale.
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