La E
Secondo il sito di Gianluigi Canducci il tratto mediano orizzontale della E e della F si chiama “cravatta”.
Nell’immaginario lo si traccia circa a metà della lettera, circa della stessa lunghezza degli altri due, ma nell’uso tipografico le cose stanno in maniera diversa.
Prima di tutto la collocazione non è necessariamente centrale: la moda attuale è di rialzarla leggermente (veder Roboto, o Open Sans), mentre in altre epoche era comune rialzarla in maniera esagerata, o anche abbassarla di molto nella metà inferiore della lettera.
In secondo luogo, la lunghezza: si dà per scontato che deve essere leggermente inferiore agli altri due tratti orizzontali. Talvolta la cosa è appena percettibile, talvolta è molto evidente. Nei senza grazie la differenza di lunghezza è inferiore, mentre nei caratteri con grazie è molo marcata, anche perché le grazie che scendono verso il centro dall’alto e dal basso tenderebbero ad interferire con quelle che stanno all’estremità della cravatta.
Un esempio significativo può essere il Times New Roman. Se nella versione regular è evidente che il tratto centrale è più corto, passando la lettera in neretto si vede come l’estremità viene arretrata di molto, tanto da lasciare quasi solo le grazie e i raccordi, e ben poco del tratto orizzontale rettilineo.
Comunque, non sempre le E serif hanno le grazie anche sulla cravatta. E spesso hanno differenze anche tra i tratti orizzontali superiore e inferiore: di solito l’inferiore si tende a disegnare più lungo, e magari la forma delle grazie non è simmetrica.
La pagina delle caratteristiche insolite su Identifont è molto popolata. I dettagli da notare sono numerosi: le grazie sulla cravatte possono essere inclinate verso sinistra o verso destra; la cravatta può attraversare la verticale o esserne staccata; i tratti orizzontali possono essere visibilmente più sottili dei verticali; la cravatta stessa può essere obliqua; può trovarsi palesemente sopra o sotto il centro; può essere più lunga della barra superiore ma più corta di quella inferiore. Ci sono poi casi particolari: con le tre barre staccate senza asta verticale; oppure a forma di e minuscola; infine con la forma della epsilon greca (minuscola) con loop al centro.
Tra le normali caratteristiche della E vengono elencate anche la forma della epsilon senza loop, oppure la forma della C con barra al centro.
Cercavo tra i font di Google la E che fosse disegnata in maniera più bislacca. Una E che mi colpisce è quella dell’Erica One, un pesantissimo carattere disegnato da Miguel Hernandez, in cui i tratti orizzontali sono così spessi da occupare l’ottanta per cento dello spazio, lasciando alla cravatta uno spazio strettissimo.
Ma forse l’esempio insuperabile è il Macondo Swash Caps, di John Vargas Beltràn, una variante del Macondo in cui ogni maiuscola ha qualche svolazzo, tanto per movimentare un po’ il testo. Ebbene, sulla punta della cravatta della E normale è stata disegnata una C, creando una specie di piccolo simbolo dell’Euro all’interno della E maiuscola.
Difficile trovare qualcosa di più bislacco o insolito, almeno senza addentrarsi nel settore dei caratteri fantasia, o non scendere nei bassifondi dei siti gratuiti come Dafont.
Qui si trova roba come lo Strike Back, dove i tratti zigzagano nelle maniere più improbabili, o il Jmh Elixir, dove tutti i tratti sono curvati verso l’alto, e il primo da solo occupa metà dell’altezza, con asta e altri due tratti sottili.
Un discorso a parte va fatto per i caratteri gotici, dove le regole per costruire la E maiuscola sono completamente diverse (spesso la parte superiore è fatta di tratti rettilinei incastrati tra di loro, mentre quella inferiore è una grossa mezzaluna).
Nell’immaginario lo si traccia circa a metà della lettera, circa della stessa lunghezza degli altri due, ma nell’uso tipografico le cose stanno in maniera diversa.
Prima di tutto la collocazione non è necessariamente centrale: la moda attuale è di rialzarla leggermente (veder Roboto, o Open Sans), mentre in altre epoche era comune rialzarla in maniera esagerata, o anche abbassarla di molto nella metà inferiore della lettera.
In secondo luogo, la lunghezza: si dà per scontato che deve essere leggermente inferiore agli altri due tratti orizzontali. Talvolta la cosa è appena percettibile, talvolta è molto evidente. Nei senza grazie la differenza di lunghezza è inferiore, mentre nei caratteri con grazie è molo marcata, anche perché le grazie che scendono verso il centro dall’alto e dal basso tenderebbero ad interferire con quelle che stanno all’estremità della cravatta.
Un esempio significativo può essere il Times New Roman. Se nella versione regular è evidente che il tratto centrale è più corto, passando la lettera in neretto si vede come l’estremità viene arretrata di molto, tanto da lasciare quasi solo le grazie e i raccordi, e ben poco del tratto orizzontale rettilineo.
Comunque, non sempre le E serif hanno le grazie anche sulla cravatta. E spesso hanno differenze anche tra i tratti orizzontali superiore e inferiore: di solito l’inferiore si tende a disegnare più lungo, e magari la forma delle grazie non è simmetrica.
La pagina delle caratteristiche insolite su Identifont è molto popolata. I dettagli da notare sono numerosi: le grazie sulla cravatte possono essere inclinate verso sinistra o verso destra; la cravatta può attraversare la verticale o esserne staccata; i tratti orizzontali possono essere visibilmente più sottili dei verticali; la cravatta stessa può essere obliqua; può trovarsi palesemente sopra o sotto il centro; può essere più lunga della barra superiore ma più corta di quella inferiore. Ci sono poi casi particolari: con le tre barre staccate senza asta verticale; oppure a forma di e minuscola; infine con la forma della epsilon greca (minuscola) con loop al centro.
Tra le normali caratteristiche della E vengono elencate anche la forma della epsilon senza loop, oppure la forma della C con barra al centro.
Cercavo tra i font di Google la E che fosse disegnata in maniera più bislacca. Una E che mi colpisce è quella dell’Erica One, un pesantissimo carattere disegnato da Miguel Hernandez, in cui i tratti orizzontali sono così spessi da occupare l’ottanta per cento dello spazio, lasciando alla cravatta uno spazio strettissimo.
Ma forse l’esempio insuperabile è il Macondo Swash Caps, di John Vargas Beltràn, una variante del Macondo in cui ogni maiuscola ha qualche svolazzo, tanto per movimentare un po’ il testo. Ebbene, sulla punta della cravatta della E normale è stata disegnata una C, creando una specie di piccolo simbolo dell’Euro all’interno della E maiuscola.
Difficile trovare qualcosa di più bislacco o insolito, almeno senza addentrarsi nel settore dei caratteri fantasia, o non scendere nei bassifondi dei siti gratuiti come Dafont.
Qui si trova roba come lo Strike Back, dove i tratti zigzagano nelle maniere più improbabili, o il Jmh Elixir, dove tutti i tratti sono curvati verso l’alto, e il primo da solo occupa metà dell’altezza, con asta e altri due tratti sottili.
Un discorso a parte va fatto per i caratteri gotici, dove le regole per costruire la E maiuscola sono completamente diverse (spesso la parte superiore è fatta di tratti rettilinei incastrati tra di loro, mentre quella inferiore è una grossa mezzaluna).
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