Come si intagliavano i caratteri a mano

Nell’ambito delle iniziative che sono state organizzate l’anno scorso per ricordare Simoncini (produttore italiano di matrici per linotype negli anni 60), era stato caricato su internet un filmato in cui si mostravano le varie fasi della produzione. Si trattava di un procedimento industriale, che coinvolgeva varie persone, vari dipartimenti diversi della stessa azienda. A partire dal disegno su carta effettuato dall’apposito reparto, dei tecnici dovevano ricalcarlo con un pantografo per ottenere una lettera di metallo più piccola da mettere nell’archivio. Ricalcando questa con un altro pantografo si poteva ottenere il punzone che si sarebbe utilizzato nelle fasi successive. Ma tutti questi sistemi sono molto avanzati, novecenteschi. Come funzionava la produzione di punzoni dall’invenzione della stampa ad allora?Il video sullo stabilimento di Simoncini si trova su Vimeo, quindi è difficile da trovare se uno non sa che esiste. Comunque si intitola “Come nasce una matrice”.
Su Youtube invece c’è un filmato in lingua inglese in cui un tale Stan Nelson, “storico della stampa”, realizza manualmente un punzone, da questo una matrice, e poi da questa i caratteri mobili da usare per la stampa.
Le operazioni sono suddivise in quattro filmati, per un totale di una ventina di minuti.
Nel primo si vede l’artigiano che lavora su metallo da cui nascerà il punzone. La forma la disegna ricalcandola da una esistente con un foglio di plastica trasparente. La controforma con un apposito punzone. Poi deve lavorare di lima sulla forma esterna, con l’aiuto di una lente d’ingrandimento per rendersi conto dei dettagli.
Una volta ottenuta la forma perfetta, si passa al secondo filmato, in cui il metallo viene temperato: prima con la fiamma ossidrica e un bagno in un secchiello d’acqua. Poi con un bagno nel metallo fuso, fino a quando non compare una certa colorazione sul bordo del punzone (e un nuovo tuffo nel secchiello).
Il punzone viene poi usato per ottenere la matrice. Basta posizionarlo nel punto preciso, e martellare fino a quando non si ottiene la profondità desiderata. La barretta di rame viene poi rifinita e adattata alle dimensioni dello stampo di fusione che verrà utilizzato nella fase successiva.
Nel terzo filmato si vede creazione dei caratteri mobili. La matrice viene messa in uno stampo che in italiano si chiama “forma”: è composto di due parti, e si può tenere in mano (con un guanto di protezione). Sul tavolo c’è un crogiolo in cui si trova il metallo fuso. Con un apposito mestolo, l’operaio doveva prendere rapidamente il metallo fuso e versarlo nella forma. La solidificazione era molto rapida per i caratteri piccoli, mentre richiedeva più tempo per i caratteri in dimensione più grande (nel video si vede una lettera a grandezza 72, e passano parecchi secondi prima che si solidifichi). La forma era regolabile per produrre caratteri più larghi (la M) o più stretti (il punto).
Ma a quel punto il lavoro non era ancora finito, perché c’era una parte di metallo eccedente, che doveva essere spezzata a mano (quarto filmato). L’incarico veniva assegnato ai ragazzi. Si potevano spezzare duemila caratteri in un’ora, metà della produzione di una giornata. Tutti gli scarti sarebbero stati fusi nuovamente: nulla andava sprecato.
Infine bisognava lisciare i bordi: prima quelli larghi, una lettera alla volta, poi quelli stretti, dopo averli allineati tutti insieme, infine una delle estremità, dopo avere allineato tutti i caratteri mobili in un altro strumento. Erano operazioni di routine, ma che comunque richiedevano un certo tempo.
I video risalgono al 2009.
Nelson ha lavorato al Museo Nazionale di Storia Americana per 31 anni, e ha continuato ad occuparsi del settore anche dopo essere andato in pensione, all’inizio degli anni zero.

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