Il design e il movimento Arts and Crafts
Quello che normalmente viene chiamato “design” trova spazio su Wikipedia in italiano alla voce “disegno industriale”. In italiano la parola disegno può avere due significati diversi: può indicare un progetto industriale (in inglese design), ma anche uno schizzo su un foglio (in inglese drawing).
In inglese la progettazione industriale viene chiamata design, e per assonanza la parola disegno viene comunemente usata, anche a livello ufficiale, per indicare questa attività.
C’entra qualcosa il design con la tipografia? Pare di sì. Secondo un certo R. De Fusco, citato da Wikipedia, la progettazione industriale va fatta risalire fino ai primi caratteri mobili per la stampa, “nella produzione dei quali – dice l’enciclopedia – i principi fondamentali del prodotto industriale, ossia la standardizzazione e la serialità, trovano impiego”.
Ma il concetto di design industriale viene solitamente fatto risalire al movimento artistico Arts and Crafts, sviluppatosi nel diciannovesimo secolo in Inghilterra, in reazione alla rivoluzione industriale.
Il primo nome che fa Wikipedia in italiano è quello di William Morris, artista (poeta, pittore...), scrittore, e designer. Ci siamo già imbattuti in lui più volte in questo blog, per via della sua attività di editore: pubblicò vari libri di pregio, curando ogni dettaglio, dai caratteri alle illustrazioni alla rilegature.
Morris disprezzava i prodotti industriali di bassa qualità, e voleva invece che fossero costruiti con stile e con materiali di qualità. Voleva che fossero fatti per durare.
Ma la sua idea non nasceva nel vuoto. Nello stesso periodo l’architetto Augustus Pugin enfatizzava lo stile gotico, e ne fece largo uso nei suoi progetti (tra cui il Big Ben di Londra). Nella sua scia si era schierato il pensatore John Ruskin, che contrappose il mito del lavoro medievale alla freddezza dell’industria. Ed è proprio sentendo le sue lezioni ad Oxford che Morris venne contagiato dalle sue teorie.
Chiaramente il successo di questa corrente non poteva che essere limitato. Un prodotto di qualità è per forza di cose costoso, quindi non alla portata di gran parte dei consumatori. D’altro canto, un prodotto esteticamente brutto e di bassa qualità tende a vendere meno di uno che si presenta bene. Quindi le aziende non possono trascurare il design nel processo di produzione; devono sì fare in modo che il prodotto sia ad un prezzo accessibile e facilmente realizzabile dai macchinari a disposizione, ma anche curarne l’aspetto e l’affidabilità.
Ma questo non basta per avvicinarsi a quello che era il movimento Arts and Crafts, che era molto, molto di più. “Arts & Crafts è più una filosofia di progettazione che un insieme di caratteristiche”, spiega il sito William Morris Stile. “Al centro dell’Arts and Crafts Movement c’è qualcosa di sacro, una visione reazionaria che si erge contro il materialismo”.
C’entra qualcosa l’Italia in tutto questo? Qualcosa sì. Uno dei testi che ispirarono maggiormente Morris, secondo Wikipedia in inglese, è il capitolo sulla natura dell’architettura gotica nel secondo volume di The Stones of Venice (le pietre di Venezia) di Ruskin, che venne pubblicato in edizione lussuosa proprio dalla Kelmscott press di Morris.
Il libro, in tre volumi, è un trattato sull’arte e l’architettura veneziane, che Ruskin aveva potuto ammirare di persona già nel 1835, e poi di nuovo più volte nel decennio successivo.
Il capitolo che colpì Morris sembra essere quello sulla divisione del lavoro: nella società moderna c’è chi pensa soltanto e chi lavora soltanto. Ma le due cose non sono separabili, perché è solo tramite il lavoro che si può raggiungere la felicità.
“È possibile per l’uomo essere felice del proprio lavoro, per quanto strano possa sembrarci oggi”, scrisse Morris in una sua prefazione ad un lavoro di Ruskin. (Morris tendeva a valorizzare l’aspetto etico e politico di teorie che erano state sviluppate inizialmente solo in senso artistico).
In inglese la progettazione industriale viene chiamata design, e per assonanza la parola disegno viene comunemente usata, anche a livello ufficiale, per indicare questa attività.
C’entra qualcosa il design con la tipografia? Pare di sì. Secondo un certo R. De Fusco, citato da Wikipedia, la progettazione industriale va fatta risalire fino ai primi caratteri mobili per la stampa, “nella produzione dei quali – dice l’enciclopedia – i principi fondamentali del prodotto industriale, ossia la standardizzazione e la serialità, trovano impiego”.
Ma il concetto di design industriale viene solitamente fatto risalire al movimento artistico Arts and Crafts, sviluppatosi nel diciannovesimo secolo in Inghilterra, in reazione alla rivoluzione industriale.
Il primo nome che fa Wikipedia in italiano è quello di William Morris, artista (poeta, pittore...), scrittore, e designer. Ci siamo già imbattuti in lui più volte in questo blog, per via della sua attività di editore: pubblicò vari libri di pregio, curando ogni dettaglio, dai caratteri alle illustrazioni alla rilegature.
Morris disprezzava i prodotti industriali di bassa qualità, e voleva invece che fossero costruiti con stile e con materiali di qualità. Voleva che fossero fatti per durare.
Ma la sua idea non nasceva nel vuoto. Nello stesso periodo l’architetto Augustus Pugin enfatizzava lo stile gotico, e ne fece largo uso nei suoi progetti (tra cui il Big Ben di Londra). Nella sua scia si era schierato il pensatore John Ruskin, che contrappose il mito del lavoro medievale alla freddezza dell’industria. Ed è proprio sentendo le sue lezioni ad Oxford che Morris venne contagiato dalle sue teorie.
Chiaramente il successo di questa corrente non poteva che essere limitato. Un prodotto di qualità è per forza di cose costoso, quindi non alla portata di gran parte dei consumatori. D’altro canto, un prodotto esteticamente brutto e di bassa qualità tende a vendere meno di uno che si presenta bene. Quindi le aziende non possono trascurare il design nel processo di produzione; devono sì fare in modo che il prodotto sia ad un prezzo accessibile e facilmente realizzabile dai macchinari a disposizione, ma anche curarne l’aspetto e l’affidabilità.
Ma questo non basta per avvicinarsi a quello che era il movimento Arts and Crafts, che era molto, molto di più. “Arts & Crafts è più una filosofia di progettazione che un insieme di caratteristiche”, spiega il sito William Morris Stile. “Al centro dell’Arts and Crafts Movement c’è qualcosa di sacro, una visione reazionaria che si erge contro il materialismo”.
C’entra qualcosa l’Italia in tutto questo? Qualcosa sì. Uno dei testi che ispirarono maggiormente Morris, secondo Wikipedia in inglese, è il capitolo sulla natura dell’architettura gotica nel secondo volume di The Stones of Venice (le pietre di Venezia) di Ruskin, che venne pubblicato in edizione lussuosa proprio dalla Kelmscott press di Morris.
Il libro, in tre volumi, è un trattato sull’arte e l’architettura veneziane, che Ruskin aveva potuto ammirare di persona già nel 1835, e poi di nuovo più volte nel decennio successivo.
Il capitolo che colpì Morris sembra essere quello sulla divisione del lavoro: nella società moderna c’è chi pensa soltanto e chi lavora soltanto. Ma le due cose non sono separabili, perché è solo tramite il lavoro che si può raggiungere la felicità.
“È possibile per l’uomo essere felice del proprio lavoro, per quanto strano possa sembrarci oggi”, scrisse Morris in una sua prefazione ad un lavoro di Ruskin. (Morris tendeva a valorizzare l’aspetto etico e politico di teorie che erano state sviluppate inizialmente solo in senso artistico).
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