Il Salterio Ramsey
Su Dafont c’è un carattere medievale che si chiama Ramsey Sd, autore Steve Deffeyes, licenza 100% gratis, che dice di ispirarsi al Salterio Ramsey del decimo secolo.
Su Wikipedia non c’è una voce in italiano che si occupa dell’argomento, ma in inglese sì, con tre foto di alcune pagine significative. Tra cui una con lettere d’oro, con una enorme B iniziale. Qui le lettere sono praticamente lapidarie romane (o meglio, romane quadrate), mentre in un altro foglio si vede che dopo le prime righe il testo continua con qualcosa che ricorda le capitali rustiche. Nulla a che vedere con quanto sta nel font gratuito, dove la q, la n e la m hanno le forme minuscole. Sul manoscritto invece la Q ha una coda lunga che sottolinea quasi tutta la U successiva, e anche le altre lettere riprendono le forme delle maiuscole romane.
Esiste un altro Salterio Ramsey che però risale al Tredicesimo secolo. È scritto in caratteri gotici, è famoso per le sue miniature, ed è stato riprodotto in facsimile.
Nulla a che vedere con quello del decimo secolo, che viene conosciuto anche col nome di Salterio di Oswald, dal nome del fondatore del monastero benedettino di Ramsey, in Inghilterra, a cui il manoscritto era destinato.
Il Salterio di Oswald si trova alla British Library di Londra, il manoscritto trecentesco invece si trova alla Pierpont Morgan Library di New York, negli Stati Uniti.
Comunque, sul sito della British Library si possono vedere altre pagine del salterio del decimo secolo, e qui si possono ammirare le lettere minuscole a cui ci si è ispirati per il font digitale.
Al confronto, quest’ultimo sfigura, almeno sul monitor dove i contorni delle lettere diventano frastagliati.
Nel font c’è uno spazio eccessivo tra una lettera e l’altra (i medievali tendevano ad attaccarle una all’altra, a scapito della leggibilità).
Anche sulla differenza tra tratti spessi e tratti sottili ci sarebbe qualcosa da ridire, ma la causa di tutto non è da far risalire al disegno, bensì alla tecnologia informatica usata. Se ingrandite, le lettere si mostrano equilibrate e curate. E non c’è molto da ridire su una scritta a grandi dimensioni che abbia quella spaziatura tra le lettere. Solo, riprodurre il testo originale utilizzando il font senza nessuna correzione, dà un effetto completamente diverso.
Si dice che il calligrafo vittoriano Edward Johnston era un ammiratore dello stile di questo manoscritto, e si basò su di esso per i suoi lavori.
Su Wikipedia non c’è una voce in italiano che si occupa dell’argomento, ma in inglese sì, con tre foto di alcune pagine significative. Tra cui una con lettere d’oro, con una enorme B iniziale. Qui le lettere sono praticamente lapidarie romane (o meglio, romane quadrate), mentre in un altro foglio si vede che dopo le prime righe il testo continua con qualcosa che ricorda le capitali rustiche. Nulla a che vedere con quanto sta nel font gratuito, dove la q, la n e la m hanno le forme minuscole. Sul manoscritto invece la Q ha una coda lunga che sottolinea quasi tutta la U successiva, e anche le altre lettere riprendono le forme delle maiuscole romane.
Esiste un altro Salterio Ramsey che però risale al Tredicesimo secolo. È scritto in caratteri gotici, è famoso per le sue miniature, ed è stato riprodotto in facsimile.
Nulla a che vedere con quello del decimo secolo, che viene conosciuto anche col nome di Salterio di Oswald, dal nome del fondatore del monastero benedettino di Ramsey, in Inghilterra, a cui il manoscritto era destinato.
Il Salterio di Oswald si trova alla British Library di Londra, il manoscritto trecentesco invece si trova alla Pierpont Morgan Library di New York, negli Stati Uniti.
Comunque, sul sito della British Library si possono vedere altre pagine del salterio del decimo secolo, e qui si possono ammirare le lettere minuscole a cui ci si è ispirati per il font digitale.
Al confronto, quest’ultimo sfigura, almeno sul monitor dove i contorni delle lettere diventano frastagliati.
Nel font c’è uno spazio eccessivo tra una lettera e l’altra (i medievali tendevano ad attaccarle una all’altra, a scapito della leggibilità).
Anche sulla differenza tra tratti spessi e tratti sottili ci sarebbe qualcosa da ridire, ma la causa di tutto non è da far risalire al disegno, bensì alla tecnologia informatica usata. Se ingrandite, le lettere si mostrano equilibrate e curate. E non c’è molto da ridire su una scritta a grandi dimensioni che abbia quella spaziatura tra le lettere. Solo, riprodurre il testo originale utilizzando il font senza nessuna correzione, dà un effetto completamente diverso.
Si dice che il calligrafo vittoriano Edward Johnston era un ammiratore dello stile di questo manoscritto, e si basò su di esso per i suoi lavori.
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