Ivan Tresoldi

A novembre scorso era uscito il video di una canzone di Vecchioni e Guccini: Ti insegnerò a volare. Le immagini riprendevano un artista al lavoro: un tale che con pennelli e vernice scriveva alcune parole chiave della canzone su una enorme tela, in un blackletter molto personale. Il video si conclude con una bella inquadratura dell’opera finita: le lettere, in grigio o bianco, occupano quasi tutto lo spazio davanti a un fondo rosso, mentre al centro compaiono segni più grandi in colore giallastro. Il tutto in un interno moderno, pareti bianche, vetro e tante piante da appartamento in vaso. Seguiva una foto dei due cantanti, e tre schermate che rappresenterebbero i titoli di coda. Nell’ultima c’è un vago “Grazie a Ivan Tresoldi”. Il quale è l’artista che viene inquadrato nel video. Che è un personaggio, già conosciuto da tempo, nell’ambiente, ma sconosciuto ai più. Sempre su Youtube c’è un filmato caricato nel 2015, un documentario di quasi otto minuti realizzato da Cult Tv, in cui si presenta questo Ivan il poeta, che nonostante sia famoso e pagato per decorare luoghi pubblici, “ama la notte, la strada e la clandestinità”.
Nel filmato si vedono vari suoi aforismi, poesie, scritte su muri e saracinesche. Lo stile usato nel video di Vecchioni e Guccini lo usa di solito per la sua firma, ma talvolta anche per testi più lunghi (anche intere pareti).
In “undici anni di assalto poetico” Tresoldi aveva ricevuto zero querele e solo qualche multa. Davanti alla telecamera racconta di come, sorpreso dagli agenti mentre scriveva una lunga poesia su una saracinesca nei pressi di un mercato milanese, è riuscito a convincerli che non stava facendo niente di male e a passarla liscia.
Ho provato a inserire una foto di un suo graffito all’interno dei programmi che identificano automaticamente i font. Magari trovava qualcosa che ci somigliava lontanamente. Invece niente. Per coincidenza ci finisce anche qualcosa che ha a che fare con i graffiti, ma molto più sporco.
E ci finisce pure un font a cui avevo pensato io, Adlibitum di Zetafonts, che è blackletter molto condensato, ma concepito in un contesto completamente diverso.
Qualcosa di simile, in automatico, non si trova.
Comunque, girando qua e là, mi fermo sul Sickle, di Schizotype. Che è di sole maiuscole, ma è un blackletter non spezzato dalle forme morbide e le estremità che curvano qua e là, che molto alla lontana può dare un effetto simile.
I font relativi ai graffiti invece tendono ad essere sporchi, o ad avere forme più rozze.
Schizotipe è una fonderia che dice di basarsi a Bangkok, e che ha vari font interessanti dal punto di vista pubblicitario, su Myfonts.

Commenti

Post più popolari