Iscrizioni etrusche
Nella pagina di Wikipedia dedicata alla scrittura bustrofedica si legge che anche “alcune arcaiche scritture degli etruschi” sono state composte con questo sistema.
Ma mancano le foto, anche se proprio lì accanto c’è una iscrizione ritrovata nel foro romano, e si sa che i romani impararono molto dagli etruschi, come pure dai greci. E anche i greci usarono questo sistema.
Ma di che si tratta? La parola bustrofedico deriva da alcuni termini greci che vogliono dire bue-inversione-alla maniera di. Quindi bustrofedico vorrebbe dire simile a come il bue inverte il suo percorso. Il riferimento è all’aratura, ovviamente. Il bue che tira l’aratro traccia il solco in una direzione, poi traccia il secondo solco vicino al primo, tornando indietro verso il punto di partenza. Nel caso della scrittura, si ha una prima riga che va da destra a sinistra (il verso che all’epoca andava per la maggiore) e una seconda che va da sinistra a destra. E così via.
Per far capire quale era il verso in cui bisognava leggere ogni riga, la forma delle lettere veniva orientata in maniera diversa. Ad esempio la E ha i tre tratti orizzontali che si allungano verso destra nelle righe da leggere da sinistra a desta, e verso sinistra nelle righe da leggere da destra a sinistra.
Su Wikipedia c’è sia l’antico esempio di come questo appariva all’epoca, sia una scritta fatta apposta, con lettere maiuscole, per rendersi conto dell’aspetto che potrebbe avere una scrittura fatta con questa tecnica. Ovviamente mentre le parole scritte nel verso giusto si leggono a colpo d’occhio, quelle scritte a contrario devono essere interpretate piano piano.
Un articolo dell’enciclopedia Treccani mostrava forse una immagine di un testo etrusco bustrofedico (dice “fig.3”, nel testo), ma la versione che è stata caricata sul sito web non contiene immagini. C’è invece un elenco di iscrizioni greche realizzate con questa tecnica.
Un articolo dettagliato sulle iscrizioni etrusche si trova sul sito Finestre Sull’Arte. Ma non mi pare che ci siano esempi di sistema bustrofedico, di cui si dice che “le testimonianze non sono frequenti”. Normalmente il verso di scrittura era da destra a sinistra, come era all’epoca quello greco che a sua volta aveva ripreso dai fenici. Ma si segnalano anche “rare attestazioni di scrittura da sinistra verso destra”.
Comunque il sito è interessante perché raccoglie in un’unica pagina le foto di documenti che è difficile trovare tutte insieme altrove.
Uno dei documenti che si possono vedere è il Liber Linteus Zagabriensis, che secondo Wikipedia è l’unico libro di lino esistente”, e “il libro più antico d’Europa”. Solo che non è un libro, almeno come lo intendiamo noi, ma la benda che era stata avvolta attorno ad una mummia (di cui l’enciclopedia online mostra la foto).
Il drappo è ricoperto di un testo di 1200 parole, lettere maiuscole ben distanziate. Poco leggibile perché il testo è scolorito.
Dice l’articolo che la mummia è quella di una donna del periodo tolemaico, ritrovata in Egitto nel diciannovesimo secolo. Il libro viene detto zagabriensis, cioè “di Zagabria”, perché è conservato nel museo di Zagabria, dove venne portato da un impiegato della cancelleria del Regno Apostolico di Ungheria e Croazia.
Il testo sarebbe soltanto quello di un calendario rituale.
La pagina in inglese è più dettagliata.
L’impiegato avrebbe comprato il sarcofago contenente la mummia come souvenir del suo viaggio, ad Alessandria, nel 1848.
Per parecchio tempo nessuno si pose il problema di cosa dicesse l’iscrizione. Si dava per scontato che fosse un antico linguaggio egiziano o arabo. Solo dopo più di quarant’anni, nel 1891, il documento venne portato da uno studioso a Vienna, che si aspettava di trovare qualcosa scritto a caratteri copti, libici o cari (il popolo dei Cari viveva in una regione dell’attuale Turchia). Invece fu il primo a riconoscere che si trattava di un testo etrusco.
Che ci faceva un testo etrusco attorno ad una mummia egizia? Non si è mai capito. Gli studiosi hanno forse trovato un papiro col nome della donna, che non contiene riferimenti al fatto che fosse straniera. Doveva essere la moglie di un sarto di Tebe. Ma vari dettagli si sono persi, tenuto conto che l’esumazione è stata fatta senza criteri scientifici, il luogo esatto del ritrovamento non è noto, eccetera.
Secondo Wikipedia in inglese la benda di lino doveva venire dalla zona del lago Trasimeno, dove c’erano quattro città etrusche: le moderne Arezzo, Perugia, Chiusi e Cortona.
Si pensa che il testo fosse un calendario perché gli studiosi hanno riconosciuto alcune date e i nomi di alcuni dei. Ma in mezzo ci si trovano anche frasi e formule che dovevano avere un significato liturgico.
Ma mancano le foto, anche se proprio lì accanto c’è una iscrizione ritrovata nel foro romano, e si sa che i romani impararono molto dagli etruschi, come pure dai greci. E anche i greci usarono questo sistema.
Ma di che si tratta? La parola bustrofedico deriva da alcuni termini greci che vogliono dire bue-inversione-alla maniera di. Quindi bustrofedico vorrebbe dire simile a come il bue inverte il suo percorso. Il riferimento è all’aratura, ovviamente. Il bue che tira l’aratro traccia il solco in una direzione, poi traccia il secondo solco vicino al primo, tornando indietro verso il punto di partenza. Nel caso della scrittura, si ha una prima riga che va da destra a sinistra (il verso che all’epoca andava per la maggiore) e una seconda che va da sinistra a destra. E così via.
Per far capire quale era il verso in cui bisognava leggere ogni riga, la forma delle lettere veniva orientata in maniera diversa. Ad esempio la E ha i tre tratti orizzontali che si allungano verso destra nelle righe da leggere da sinistra a desta, e verso sinistra nelle righe da leggere da destra a sinistra.
Su Wikipedia c’è sia l’antico esempio di come questo appariva all’epoca, sia una scritta fatta apposta, con lettere maiuscole, per rendersi conto dell’aspetto che potrebbe avere una scrittura fatta con questa tecnica. Ovviamente mentre le parole scritte nel verso giusto si leggono a colpo d’occhio, quelle scritte a contrario devono essere interpretate piano piano.
Un articolo dell’enciclopedia Treccani mostrava forse una immagine di un testo etrusco bustrofedico (dice “fig.3”, nel testo), ma la versione che è stata caricata sul sito web non contiene immagini. C’è invece un elenco di iscrizioni greche realizzate con questa tecnica.
Un articolo dettagliato sulle iscrizioni etrusche si trova sul sito Finestre Sull’Arte. Ma non mi pare che ci siano esempi di sistema bustrofedico, di cui si dice che “le testimonianze non sono frequenti”. Normalmente il verso di scrittura era da destra a sinistra, come era all’epoca quello greco che a sua volta aveva ripreso dai fenici. Ma si segnalano anche “rare attestazioni di scrittura da sinistra verso destra”.
Comunque il sito è interessante perché raccoglie in un’unica pagina le foto di documenti che è difficile trovare tutte insieme altrove.
Uno dei documenti che si possono vedere è il Liber Linteus Zagabriensis, che secondo Wikipedia è l’unico libro di lino esistente”, e “il libro più antico d’Europa”. Solo che non è un libro, almeno come lo intendiamo noi, ma la benda che era stata avvolta attorno ad una mummia (di cui l’enciclopedia online mostra la foto).
Il drappo è ricoperto di un testo di 1200 parole, lettere maiuscole ben distanziate. Poco leggibile perché il testo è scolorito.
Dice l’articolo che la mummia è quella di una donna del periodo tolemaico, ritrovata in Egitto nel diciannovesimo secolo. Il libro viene detto zagabriensis, cioè “di Zagabria”, perché è conservato nel museo di Zagabria, dove venne portato da un impiegato della cancelleria del Regno Apostolico di Ungheria e Croazia.
Il testo sarebbe soltanto quello di un calendario rituale.
La pagina in inglese è più dettagliata.
L’impiegato avrebbe comprato il sarcofago contenente la mummia come souvenir del suo viaggio, ad Alessandria, nel 1848.
Per parecchio tempo nessuno si pose il problema di cosa dicesse l’iscrizione. Si dava per scontato che fosse un antico linguaggio egiziano o arabo. Solo dopo più di quarant’anni, nel 1891, il documento venne portato da uno studioso a Vienna, che si aspettava di trovare qualcosa scritto a caratteri copti, libici o cari (il popolo dei Cari viveva in una regione dell’attuale Turchia). Invece fu il primo a riconoscere che si trattava di un testo etrusco.
Che ci faceva un testo etrusco attorno ad una mummia egizia? Non si è mai capito. Gli studiosi hanno forse trovato un papiro col nome della donna, che non contiene riferimenti al fatto che fosse straniera. Doveva essere la moglie di un sarto di Tebe. Ma vari dettagli si sono persi, tenuto conto che l’esumazione è stata fatta senza criteri scientifici, il luogo esatto del ritrovamento non è noto, eccetera.
Secondo Wikipedia in inglese la benda di lino doveva venire dalla zona del lago Trasimeno, dove c’erano quattro città etrusche: le moderne Arezzo, Perugia, Chiusi e Cortona.
Si pensa che il testo fosse un calendario perché gli studiosi hanno riconosciuto alcune date e i nomi di alcuni dei. Ma in mezzo ci si trovano anche frasi e formule che dovevano avere un significato liturgico.
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