Panfilo Castaldi
Scrive Wikipedia che Johannes Gutenberg fu il primo europeo a usare i caratteri mobili da stampa, nel 1439.
Ma l’enciclopedia riporta pure la controversa teoria secondo cui l’italiano Panfilo Castaldi avrebbe già usato il torchio da stampa nel 1426, “22 anni prima quindi dell’inizio dei lavori di Gutenberg” (1426+22=1448, l’anno in cui Gutenberg tornò a Magonza, indebitandosi col suo fratellastro per questioni relative all’invenzione della stampa).
Secondo la storia che è circolata, Castaldi, sposando una discendente di Marco Polo, aveva visto dei caratteri mobili riportati dalla Cina. Ne avrebbe realizzati alcuni, all’inizio in vetro, poi in legno. Nulla a che vedere col metallo, che è la base dell’invenzione di Gutenberg. Però si parla anche del possibile uso di un torchio da stampa, cioè proprio la tecnologia su cui si concentrò Gutenberg, riadattando un torchio di quelli usati per la pigiatura dell’uva.
Essendo originario di Feltre, la città gli ha dedicato una statua in piazza nell’Ottocento, donata a quanto pare dai tipografi di Milano (1868).
Sempre secondo Wikipedia, Castaldi esercitò l’arte della Stampa dal 1469 a Venezia e poi due anni dopo a Milano. Si hanno i titoli di alcuni libri stampati da lui, ma non c’è nessuna immagine.
Subì un furto di caratteri, un altro tipografo mise il suo nome sul terzo libro da lui stampato, un’opera di Cicerone in 300 copie, quindi già nel 1472 Castaldi era tornato a fare il medico a Venezia.
Qualcuno aveva presentato un progetto di legge per istituire le celebrazioni per il sesto centenario della sua nascita, sostenendo la teoria che un suo ospite, Fausto Conesburgo, o secondo altri Giovanni Faust, tedesco, avrebbe appreso lui la tecnica che poi avrebbe insegnato nella città di Magonza.
Ma a parte gli storici locali, nessun altro si occupa della faccenda.
Nel XIX secolo un diplomatico inglese parlò di Castaldi, facendo conoscere la sua storia anche all’estero.
Pagine dedicate a Castaldi sono state aperte su Wikipedia in alcune diffuse lingue straniere: inglese, spagnolo, greco e russo.
In Olanda invece si nomina un certo Coster, detto il Sacrestanto, che avrebbe avuto qualcosa da insegnare a Gutenberg (ma le date non coincidono).
L’enciclopedia Treccani non nomina la stampa, nella biografia di Castaldi, fino al 1469, quando il tedesco Giovanni da Spira introduce la stampa a Venezia, pubblicando un’opera di Cicerone.
I documenti dimostrano ben poco, si parla di due edizioni da trecento copie ciascuna, che gli procurarono una certa esperienza. Invece di affrontare la concorrenza locale, Castaldi decise di spostarsi a Milano, dove la stampa era ancora sconosciuta.
Certo, c’era gente interessata a comprare libri stampati, ma non c’era sul posto nessuna tipografia. Varie persone avevano tentato, ma fu Castaldi ad ottenere il privilegio di essere il solo tipografo di Milano per cinque anni. Il documento ufficiale non c’è, ma c’è un altro documento datato 1472 che lo prova. E che farebbe pensare che il privilegio fosse stato rilasciato l’anno prima, quando venne pubblicato, senza il nome del tipografo, un libro di Pompeo Festo, in latino, “impresso con un nitido carattere romano di chiara derivazione veneziana”, scrive Treccani.
Poco dopo un libro di Cicerone, sempre senza nome del tipografo, viene stampato, presumibilmente dalla sua tipografia, con un “bel carattere romano, assai somigliante nelle maiuscole e nell’aspetto generale a quello usato a Venezia nel 1470 dal Jenson (la bassa cassa assomiglia invece a quella del carattere di Giovanni da Spira)”.
Mentre su Wikipedia si legge che un tale Filippo da Lavagna gli usurpò il nome, firmando un’opera di Cicerone, Treccani dice che il Cicerone e altre due operette vennero stampate anche da Filippo da Lavagna, “con un atto di diretta e alquanto sleale concorrenza e in evidente contrasto con il privilegio ducale concesso al Castaldi”.
L’avventura tipografica si concluse a causa della decisione delle autorità di concedere l’autorizzazione di aprire tipografie a chiunque lo desideri, che lo spinse a rinunciare al privilegio.
Probabilmente i suoi caratteri vennero venduti a due mediocri tipografi veneziani, che li usarono in seguito.
La controversia ottocentesca sull’invenzione della stampa viene riportata dalla Treccani, ma con una data diversa: qui si parla di 1456. Lui avrebbe insegnato la tecnica a un certo Fust, che l’avrebbe insegnata a Gutenberg. La notizia è “nata probabilmente da un fraintendimento della effettiva attività tipografica a Milano del Castaldi”. L’entusiasmo successivo si sarebbe basato “più su un sentimento patriottico che su obiettive testimonianze storiche”.
L’origine sarebbe da far risalire in una cronaca di Feltre scritta nel 600 da un francescano, e poi riportata senza rilievo in qualche scritto secondario nei secoli successivi.
Seguono note sulle varie confutazioni, senza troppi dettagli, che avrebbero chiuso definitivamente la questione già agli inizi del Novecento.
È stato negato non solo che sia l’inventore della stampa, ma anche che sia il primo tipografo italiano.
Ma l’enciclopedia riporta pure la controversa teoria secondo cui l’italiano Panfilo Castaldi avrebbe già usato il torchio da stampa nel 1426, “22 anni prima quindi dell’inizio dei lavori di Gutenberg” (1426+22=1448, l’anno in cui Gutenberg tornò a Magonza, indebitandosi col suo fratellastro per questioni relative all’invenzione della stampa).
Secondo la storia che è circolata, Castaldi, sposando una discendente di Marco Polo, aveva visto dei caratteri mobili riportati dalla Cina. Ne avrebbe realizzati alcuni, all’inizio in vetro, poi in legno. Nulla a che vedere col metallo, che è la base dell’invenzione di Gutenberg. Però si parla anche del possibile uso di un torchio da stampa, cioè proprio la tecnologia su cui si concentrò Gutenberg, riadattando un torchio di quelli usati per la pigiatura dell’uva.
Essendo originario di Feltre, la città gli ha dedicato una statua in piazza nell’Ottocento, donata a quanto pare dai tipografi di Milano (1868).
Sempre secondo Wikipedia, Castaldi esercitò l’arte della Stampa dal 1469 a Venezia e poi due anni dopo a Milano. Si hanno i titoli di alcuni libri stampati da lui, ma non c’è nessuna immagine.
Subì un furto di caratteri, un altro tipografo mise il suo nome sul terzo libro da lui stampato, un’opera di Cicerone in 300 copie, quindi già nel 1472 Castaldi era tornato a fare il medico a Venezia.
Qualcuno aveva presentato un progetto di legge per istituire le celebrazioni per il sesto centenario della sua nascita, sostenendo la teoria che un suo ospite, Fausto Conesburgo, o secondo altri Giovanni Faust, tedesco, avrebbe appreso lui la tecnica che poi avrebbe insegnato nella città di Magonza.
Ma a parte gli storici locali, nessun altro si occupa della faccenda.
Nel XIX secolo un diplomatico inglese parlò di Castaldi, facendo conoscere la sua storia anche all’estero.
Pagine dedicate a Castaldi sono state aperte su Wikipedia in alcune diffuse lingue straniere: inglese, spagnolo, greco e russo.
In Olanda invece si nomina un certo Coster, detto il Sacrestanto, che avrebbe avuto qualcosa da insegnare a Gutenberg (ma le date non coincidono).
L’enciclopedia Treccani non nomina la stampa, nella biografia di Castaldi, fino al 1469, quando il tedesco Giovanni da Spira introduce la stampa a Venezia, pubblicando un’opera di Cicerone.
I documenti dimostrano ben poco, si parla di due edizioni da trecento copie ciascuna, che gli procurarono una certa esperienza. Invece di affrontare la concorrenza locale, Castaldi decise di spostarsi a Milano, dove la stampa era ancora sconosciuta.
Certo, c’era gente interessata a comprare libri stampati, ma non c’era sul posto nessuna tipografia. Varie persone avevano tentato, ma fu Castaldi ad ottenere il privilegio di essere il solo tipografo di Milano per cinque anni. Il documento ufficiale non c’è, ma c’è un altro documento datato 1472 che lo prova. E che farebbe pensare che il privilegio fosse stato rilasciato l’anno prima, quando venne pubblicato, senza il nome del tipografo, un libro di Pompeo Festo, in latino, “impresso con un nitido carattere romano di chiara derivazione veneziana”, scrive Treccani.
Poco dopo un libro di Cicerone, sempre senza nome del tipografo, viene stampato, presumibilmente dalla sua tipografia, con un “bel carattere romano, assai somigliante nelle maiuscole e nell’aspetto generale a quello usato a Venezia nel 1470 dal Jenson (la bassa cassa assomiglia invece a quella del carattere di Giovanni da Spira)”.
Mentre su Wikipedia si legge che un tale Filippo da Lavagna gli usurpò il nome, firmando un’opera di Cicerone, Treccani dice che il Cicerone e altre due operette vennero stampate anche da Filippo da Lavagna, “con un atto di diretta e alquanto sleale concorrenza e in evidente contrasto con il privilegio ducale concesso al Castaldi”.
L’avventura tipografica si concluse a causa della decisione delle autorità di concedere l’autorizzazione di aprire tipografie a chiunque lo desideri, che lo spinse a rinunciare al privilegio.
Probabilmente i suoi caratteri vennero venduti a due mediocri tipografi veneziani, che li usarono in seguito.
La controversia ottocentesca sull’invenzione della stampa viene riportata dalla Treccani, ma con una data diversa: qui si parla di 1456. Lui avrebbe insegnato la tecnica a un certo Fust, che l’avrebbe insegnata a Gutenberg. La notizia è “nata probabilmente da un fraintendimento della effettiva attività tipografica a Milano del Castaldi”. L’entusiasmo successivo si sarebbe basato “più su un sentimento patriottico che su obiettive testimonianze storiche”.
L’origine sarebbe da far risalire in una cronaca di Feltre scritta nel 600 da un francescano, e poi riportata senza rilievo in qualche scritto secondario nei secoli successivi.
Seguono note sulle varie confutazioni, senza troppi dettagli, che avrebbero chiuso definitivamente la questione già agli inizi del Novecento.
È stato negato non solo che sia l’inventore della stampa, ma anche che sia il primo tipografo italiano.
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