Bergamo Sera
I caratteri gotici sono un classico nella storia del giornalismo. Molte testate prestigiose con una lunga storia hanno usato il gotico per indicare il loro nome. Basti pensare alla gloriosa testata del New York Times, con la scritta che compare anche su tutta la facciata del palazzo. O il Washington Post, il britannico Daily Telegraph (il Times di Londra la usò solo per un breve periodo). In Italia c’è il Messaggero che ancora punta sul gotico, ripetendo il marchio più volte su tutti i lati della sua redazione.
Sul web mi è capitato di recente di trovare il sito web Bergamo Sera che ha la testata gotica. Il risultato però mi è sembrato abbastanza deprimente. Primo, perché il sito non ha una lunga e gloriosa storia alle spalle. Secondo, perché usa un Old English senza personalizzazioni particolari. Terzo, perché un polveroso gotico è in contrasto con l’idea di efficienza e tecnologia che dovrebbe essere collegata ad un sito web. Su internet un esperimento interessantissimo è quello fatto da Il Post, che ha scritto in un gotico originale solo la lettera S, mentre per il resto ha usato un senza grazie geometrico. Un modo per dire che si vuole conciliare l’autorevolezza e la tecnologia.
Ma se la testata di Bergamo Sera mi lascia un po’ perplesso, le scelte fatte nella pagina sono più interessanti. I titoli sono fatti nel Cheltenham della Bitstream, il testo degli articoli in conv_imperi__, ovvero in Imperial Bt Roman.
Sul Cheltenham, nulla da dire. È usato per comporre i titoli del New York Times, e fino a poco tempo fa compariva su quelle di Repubblica (prima che il quotidiano si facesse disegnare il suo carattere personalizzato, chiamato Eugenio in onore del fondatore Scalfari).
Il Cheltenham è riconoscibile per la strana forma della g minuscola, col tratto inferiore che inizia come tratto rettilineo che va in basso a sinistra, poi traccia una bella ellisse e si conclude con terminale a goccia senza chiudersi.
Su Identifont è possibile confrontare al volo le differenze di proporzioni e talvolta di forme tra il Cheltenham della Bitstream e quello della Itc (il primo attribuito a tale Bertram G Goodhhue, 1904, il secondo a Tony Stan, 1975/1986).
E l’Imperial? Il nome mi giunge nuovo. È un normale carattere con grazie, disegnato da Edwin W. Shaar per la Bitsteam nel 1977.
Secondo Identifont è simile a Corona e Georgia.
Chiaramente un conto sono le forme, un conto è l’effetto finale. Facile dire al sito di risparmiare qualcosa usando il Georgia (pressoché gratis) al posto dell’Imperial. A parità di impostazioni, il Georgia appare molto più indeciso, piccolo e meno calcato (non è escluso comunque che smanettando un po’ con le impostazioni si possa riuscire ad ottenere un effetto simile a quello dell’Imperial).
Fonts In Use non ha catalogato neanche un uso di questo font.
Sul web mi è capitato di recente di trovare il sito web Bergamo Sera che ha la testata gotica. Il risultato però mi è sembrato abbastanza deprimente. Primo, perché il sito non ha una lunga e gloriosa storia alle spalle. Secondo, perché usa un Old English senza personalizzazioni particolari. Terzo, perché un polveroso gotico è in contrasto con l’idea di efficienza e tecnologia che dovrebbe essere collegata ad un sito web. Su internet un esperimento interessantissimo è quello fatto da Il Post, che ha scritto in un gotico originale solo la lettera S, mentre per il resto ha usato un senza grazie geometrico. Un modo per dire che si vuole conciliare l’autorevolezza e la tecnologia.
Ma se la testata di Bergamo Sera mi lascia un po’ perplesso, le scelte fatte nella pagina sono più interessanti. I titoli sono fatti nel Cheltenham della Bitstream, il testo degli articoli in conv_imperi__, ovvero in Imperial Bt Roman.
Sul Cheltenham, nulla da dire. È usato per comporre i titoli del New York Times, e fino a poco tempo fa compariva su quelle di Repubblica (prima che il quotidiano si facesse disegnare il suo carattere personalizzato, chiamato Eugenio in onore del fondatore Scalfari).
Il Cheltenham è riconoscibile per la strana forma della g minuscola, col tratto inferiore che inizia come tratto rettilineo che va in basso a sinistra, poi traccia una bella ellisse e si conclude con terminale a goccia senza chiudersi.
Su Identifont è possibile confrontare al volo le differenze di proporzioni e talvolta di forme tra il Cheltenham della Bitstream e quello della Itc (il primo attribuito a tale Bertram G Goodhhue, 1904, il secondo a Tony Stan, 1975/1986).
E l’Imperial? Il nome mi giunge nuovo. È un normale carattere con grazie, disegnato da Edwin W. Shaar per la Bitsteam nel 1977.
Secondo Identifont è simile a Corona e Georgia.
Chiaramente un conto sono le forme, un conto è l’effetto finale. Facile dire al sito di risparmiare qualcosa usando il Georgia (pressoché gratis) al posto dell’Imperial. A parità di impostazioni, il Georgia appare molto più indeciso, piccolo e meno calcato (non è escluso comunque che smanettando un po’ con le impostazioni si possa riuscire ad ottenere un effetto simile a quello dell’Imperial).
Fonts In Use non ha catalogato neanche un uso di questo font.
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