Harry Potter regna
Il font più scaricato di ieri nella categoria Fantasia/Varie su Dafont è un classico: l’Harry P, che riproduce i caratteri usati nel logo di Harry Potter, con la P maiuscola che ha l’asta a forma di fulmine (come la cicatrice del famoso maghetto) e le lettere sballonzolanti, ognuna ad un’altezza diversa. La firma qui è di Phoenix Phonts, i caratteri fenice, che però non vuol dire niente visto che non ha un indirizzo di riferimento e non ha messo a punto altri caratteri. Chissà da dove arriva questo file, che dal 2005 ad oggi ha totalizzato 3 milioni e 700 mila download, solo questo sito (licenza 100% gratis).
Al secondo posto, poco sotto i mille download giornalieri, c’è The Distro, di Marwah Store, un maiuscoletto molto gommoso, con licenza gratis per uso personale e punti interrogativi al posto di alcuni segni di punteggiatura di base.
Terzo il Nadia Sofia, un italico sempre dalla forma gommosa, coi tratti che assumono un po’ l’andamento del dentifricio spremuto fuori dal tubetto. La firma è di Cove703. Come il precedente è stato rilasciato da poco, e questo ne spiega il successo, ma qui la licenza sarebbe 100% gratis. Solo che il font è incompleto, mancano tutti i numeri e qualsiasi segno di interpunzione: ci sono solo le maiuscole e le minuscole.
Al quarto posto un tuscan, che si chiama Royal King, di PutraCetol Studio.
Quinto è un font molto particolare. Il nome è Allioideae, le lettere sono fatte da tratti sottili come tracciati con una biro. Le maiuscole sono alte quattro volte le minuscole, e larghe altrettanto. La A è formata da un largo tratto curvo e da una retta orizzontale staccata dal resto della lettera. La E è tipo una epsilon greca, ma con la punta centrale che è solo accennata. L’aspetto è curioso, ma è difficile trovare un uso adatto. Forse sarebbe taggato “hairline” sui siti commerciali.
Più giù si trovano il Payback, di Jaide Garrow, lettere display con un riflesso obliquo ad un’altezza diversa su ogni lettera, e il Do You Love Me, di Kimberly Geswein, lettere condensate con un tratto più spesso e altri più sottili.
Per il resto mi colpisce uno sketch, Second Chances, stessa autrice, l’African di Allen Walden, adattissimo per fare l’insegna del Jurassic Park, e il Broughesnaro, di Inopatype, con lettere molto condensate, a vita alta (il trattino della E è molto al di sopra della metà della lettera, così come la chiusura della R o il cambio di curvatura nella S) e la O caratterizzata da un puntino all’interno. Tutte lettere maiuscole.
Un esperimento curioso è il Coet, dove ogni lettera viene basata sul ricalcare una circonferenza. L’uso lascia perplessi in testi lunghi, ma può essere interessante per un logo di una parola, a seconda delle lettere che lo devono comporre.
Per tradizione, vado a vedere anche gli ultimi posti della classifica.
Ultimo è Call To Huesi, di Woodcutter, con lettere inspiegabilmente ingrassate agli angoli e alle giunture, con pianta tendenzialmente quadrata. A zero download ci stanno pure, tra gli altri, il Minerale, tracciato frettolosamente a penna attorno al concetto di una doppia retta affiancata al posto del tratto più spesso della lettera, e il Kasattack, di Pinecone Arcade, fatto solo di linee rette, pianta rettangolare, maiuscoletto, con le grazie messe in qualche punto imprevisto (nella A solo alla base all’interno, nella R solo sulla gamba, verso l’interno.
Al secondo posto, poco sotto i mille download giornalieri, c’è The Distro, di Marwah Store, un maiuscoletto molto gommoso, con licenza gratis per uso personale e punti interrogativi al posto di alcuni segni di punteggiatura di base.
Terzo il Nadia Sofia, un italico sempre dalla forma gommosa, coi tratti che assumono un po’ l’andamento del dentifricio spremuto fuori dal tubetto. La firma è di Cove703. Come il precedente è stato rilasciato da poco, e questo ne spiega il successo, ma qui la licenza sarebbe 100% gratis. Solo che il font è incompleto, mancano tutti i numeri e qualsiasi segno di interpunzione: ci sono solo le maiuscole e le minuscole.
Al quarto posto un tuscan, che si chiama Royal King, di PutraCetol Studio.
Quinto è un font molto particolare. Il nome è Allioideae, le lettere sono fatte da tratti sottili come tracciati con una biro. Le maiuscole sono alte quattro volte le minuscole, e larghe altrettanto. La A è formata da un largo tratto curvo e da una retta orizzontale staccata dal resto della lettera. La E è tipo una epsilon greca, ma con la punta centrale che è solo accennata. L’aspetto è curioso, ma è difficile trovare un uso adatto. Forse sarebbe taggato “hairline” sui siti commerciali.
Più giù si trovano il Payback, di Jaide Garrow, lettere display con un riflesso obliquo ad un’altezza diversa su ogni lettera, e il Do You Love Me, di Kimberly Geswein, lettere condensate con un tratto più spesso e altri più sottili.
Per il resto mi colpisce uno sketch, Second Chances, stessa autrice, l’African di Allen Walden, adattissimo per fare l’insegna del Jurassic Park, e il Broughesnaro, di Inopatype, con lettere molto condensate, a vita alta (il trattino della E è molto al di sopra della metà della lettera, così come la chiusura della R o il cambio di curvatura nella S) e la O caratterizzata da un puntino all’interno. Tutte lettere maiuscole.
Un esperimento curioso è il Coet, dove ogni lettera viene basata sul ricalcare una circonferenza. L’uso lascia perplessi in testi lunghi, ma può essere interessante per un logo di una parola, a seconda delle lettere che lo devono comporre.
Per tradizione, vado a vedere anche gli ultimi posti della classifica.
Ultimo è Call To Huesi, di Woodcutter, con lettere inspiegabilmente ingrassate agli angoli e alle giunture, con pianta tendenzialmente quadrata. A zero download ci stanno pure, tra gli altri, il Minerale, tracciato frettolosamente a penna attorno al concetto di una doppia retta affiancata al posto del tratto più spesso della lettera, e il Kasattack, di Pinecone Arcade, fatto solo di linee rette, pianta rettangolare, maiuscoletto, con le grazie messe in qualche punto imprevisto (nella A solo alla base all’interno, nella R solo sulla gamba, verso l’interno.
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