PhotoTypositor
Il Photo Typositor è uno di quegli apparecchi che si usavano per la fotocomposizione dei testi presumibilmente negli anni 70. Su Forgotten Art Supplies c’è una foto dell’intero apparato, in bianco e nero, e una breve descrizione in inglese del funzionamento, con tanto di ricordo dell’odore delle tre bottiglie di sostanze chimiche che servivano per lo sviluppo dei caratteri impressi su carta fotografica.
Dalla foto si capisce ben poco: forse solo la strisciolina di carta che esce sulla sinistra già sviluppata, con la scritta che compariva in nero su bianco. Si usava solo per i titoli, a quanto sembra.
Un’altra pagina sullo stesso sito dice che la macchina era popolare negli anni 60 e 70, e che ci voleva mezz’ora per ottenere un titolo corto. Sembre che le lettere venissero sviluppate una alla volta. Il sito mostra uno schema delle varie parti della macchina, numerate, ma manca la didascalia.
Tra i commenti c’è chi ricorda che bisognava lavorare al buio, e che in caso di errore di battitura bisognava ricominciare da capo.
C’è chi dice che la usava ancora alla metà degli anni Ottanta.
Una foto a colori del Photo Typositor si trova su Prepressure. L’anno è il 1959, l’inventore è Murray Friedel. Qui almeno si riconosce che quello centrale è una specie di soffietto. Ma dove andava inserito il testo, e come? Non si capisce. L’anno prima era stata lanciata sul mercato la Berthold Diatype. Che non aveva una tastiera o un display: le lettere erano impresse su una placca applicata sul davanti della macchina, e per sceglierle bisognava spostarci sopra una maniglia scorrevole e pigiare un pulsante col pollice. La mano sinistra invece serviva per spostare una leva che passava dalle maiuscole, alle minuscole, ai numeri e segni di interpunzione.
Sul blog Grafic Notes c’è un’altra immagine, sempre di un PhotoTypositor 3200: qui c’è anche una persona, per rendersi conto delle dimensioni dell’apparecchio. Si vede che tira fuori la striscia col titolo stampato, si vede forse il leggio su cui appoggiare il foglio col testo da trascrivere. Ma niente sul funzionamento concreto della macchina. L’articolo ricostruisce la storia della fotocomposizione dagli anni 50 agli 80.
Un’altra foto d’epoca con una signorina accanto ad una delle prime versioni della macchina si trova su Fonts In Use. Il sito si occupa soltanto di identificare i caratteri usati per il logo. Blippo e Skin&Bones per i modelli successivi, nessun riscontro invece per il primo modello, con le parole Photo e Typositor collocate su due righe diverse, con la prima scritta in piccolo sopra la barra allungata della T iniziale della seconda parola, che sovrasta tutte le lettere successive.
Dalla foto si capisce ben poco: forse solo la strisciolina di carta che esce sulla sinistra già sviluppata, con la scritta che compariva in nero su bianco. Si usava solo per i titoli, a quanto sembra.
Un’altra pagina sullo stesso sito dice che la macchina era popolare negli anni 60 e 70, e che ci voleva mezz’ora per ottenere un titolo corto. Sembre che le lettere venissero sviluppate una alla volta. Il sito mostra uno schema delle varie parti della macchina, numerate, ma manca la didascalia.
Tra i commenti c’è chi ricorda che bisognava lavorare al buio, e che in caso di errore di battitura bisognava ricominciare da capo.
C’è chi dice che la usava ancora alla metà degli anni Ottanta.
Una foto a colori del Photo Typositor si trova su Prepressure. L’anno è il 1959, l’inventore è Murray Friedel. Qui almeno si riconosce che quello centrale è una specie di soffietto. Ma dove andava inserito il testo, e come? Non si capisce. L’anno prima era stata lanciata sul mercato la Berthold Diatype. Che non aveva una tastiera o un display: le lettere erano impresse su una placca applicata sul davanti della macchina, e per sceglierle bisognava spostarci sopra una maniglia scorrevole e pigiare un pulsante col pollice. La mano sinistra invece serviva per spostare una leva che passava dalle maiuscole, alle minuscole, ai numeri e segni di interpunzione.
Sul blog Grafic Notes c’è un’altra immagine, sempre di un PhotoTypositor 3200: qui c’è anche una persona, per rendersi conto delle dimensioni dell’apparecchio. Si vede che tira fuori la striscia col titolo stampato, si vede forse il leggio su cui appoggiare il foglio col testo da trascrivere. Ma niente sul funzionamento concreto della macchina. L’articolo ricostruisce la storia della fotocomposizione dagli anni 50 agli 80.
Un’altra foto d’epoca con una signorina accanto ad una delle prime versioni della macchina si trova su Fonts In Use. Il sito si occupa soltanto di identificare i caratteri usati per il logo. Blippo e Skin&Bones per i modelli successivi, nessun riscontro invece per il primo modello, con le parole Photo e Typositor collocate su due righe diverse, con la prima scritta in piccolo sopra la barra allungata della T iniziale della seconda parola, che sovrasta tutte le lettere successive.
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