TrueType
Il TrueType è uno standard sviluppato sul finire degli anni ottanta come competitor al formato Type 1 usato dalla Adobe in Postscript.È uno standard che definisce i font outline scalabili.
È diventato il formato più comune sui sistemi operativi Windows e MacOS. L’estensione è .ttf (talvolta .tte) su Windows, .dfont su macOS.
Il Macintosh System7 del 1991 è stato il primo sistema operativo a lavorare senza bisogno di caratteri bitmap.
L’apertura della licenza da parte di Apple a Microsoft diede uno scossone al mercato, e spinse Adobe ad annunciare l’apertura dell’uso del formato Type 1 a chiunque.
Battaglie successive tra le varie aziende si risolsero con trattative e accordi, specie relativamente alle tecnologie da includere nelle stampanti, ma anche col lancio del software Adobe Type Manager, che permetteva di scalare i font sullo schermo.
Microsoft aggiunse i font TrueType nel suo sistema operativo a partire dal 1991 (Windows 3.1). Per fare questo dovette sviluppare delle alternative ai font offerti all’epoca dalla Adobe: Times Roman, Helvetica e Courier, che vennero sostituiti da Times New Roman, Arial e Courier New.
I nuovi caratteri non solo erano somiglianti visivamente a quelli a cui si ispiravano, ma avevano anche le esatte dimensioni, in maniera tale da poter visualizzare lo stesso testo senza dover smistare diversamente le parole tra le varie righe.
Al giorno d’oggi si sta passando al formato OpenType per alcuni font di sistema, mentre tra i font gratuiti o di terze parti il TrueType è ancora molto usato.
Per Linux era stata presentata una alternativa libera, lo standard FreeType, ma ci sono stati problemi fino al 2010 per quanto riguardava le tecnologie di hinting brevettate dalla Apple.
Le outline del formato TrueType sono fatte di curve di Bezier quadratiche, a differenza di quelle cubiche del Type 1. Questo vuol dire che c’è bisogno di più punti per descrivere la stessa curva, e che convertire i Type 1 a TrueType comporta perdita di dati (mentre non avviene l’inverso).
Per assicurare la corretta visualizzazione dei caratteri, sono necessarie tecnologie molto complicate, in particolare per quanto riguarda l’adattamento delle forme a condizioni di bassa risoluzione, ad esempio un testo in piccolo sul monitor di uno schermo. È necessaria l’inclusione di linguaggi di programmazione, e si è arrivati anche a regolare la luminosità di ciascuna delle tre componenti del pixel, per triplicare la risoluzione in orizzontale.
La pagina di Wikipedia in italiano non contiene tutta la parte storica, ma ci tiene a precisare che il formato TrueType di Windows non è compatibile con quello del Mac: in quest’ultimo caso il TrueType viene utilizzato per la visualizzazione sullo schermo, mentre il Postscript contiene le informazioni per la stampa.
Per una persona comune non c’è differenza tra i due formati, ma per un tipografo professionale o un esperto di graphic design la differenza è percepibile. In Windows generalmente si usa TrueType sia per la visualizzazione che per la stampa.
Per la stampa professionale si usa sia il formato OpenType, sia l’AAT (Apple Advanced Typography).
È diventato il formato più comune sui sistemi operativi Windows e MacOS. L’estensione è .ttf (talvolta .tte) su Windows, .dfont su macOS.
Il Macintosh System7 del 1991 è stato il primo sistema operativo a lavorare senza bisogno di caratteri bitmap.
L’apertura della licenza da parte di Apple a Microsoft diede uno scossone al mercato, e spinse Adobe ad annunciare l’apertura dell’uso del formato Type 1 a chiunque.
Battaglie successive tra le varie aziende si risolsero con trattative e accordi, specie relativamente alle tecnologie da includere nelle stampanti, ma anche col lancio del software Adobe Type Manager, che permetteva di scalare i font sullo schermo.
Microsoft aggiunse i font TrueType nel suo sistema operativo a partire dal 1991 (Windows 3.1). Per fare questo dovette sviluppare delle alternative ai font offerti all’epoca dalla Adobe: Times Roman, Helvetica e Courier, che vennero sostituiti da Times New Roman, Arial e Courier New.
I nuovi caratteri non solo erano somiglianti visivamente a quelli a cui si ispiravano, ma avevano anche le esatte dimensioni, in maniera tale da poter visualizzare lo stesso testo senza dover smistare diversamente le parole tra le varie righe.
Al giorno d’oggi si sta passando al formato OpenType per alcuni font di sistema, mentre tra i font gratuiti o di terze parti il TrueType è ancora molto usato.
Per Linux era stata presentata una alternativa libera, lo standard FreeType, ma ci sono stati problemi fino al 2010 per quanto riguardava le tecnologie di hinting brevettate dalla Apple.
Le outline del formato TrueType sono fatte di curve di Bezier quadratiche, a differenza di quelle cubiche del Type 1. Questo vuol dire che c’è bisogno di più punti per descrivere la stessa curva, e che convertire i Type 1 a TrueType comporta perdita di dati (mentre non avviene l’inverso).
Per assicurare la corretta visualizzazione dei caratteri, sono necessarie tecnologie molto complicate, in particolare per quanto riguarda l’adattamento delle forme a condizioni di bassa risoluzione, ad esempio un testo in piccolo sul monitor di uno schermo. È necessaria l’inclusione di linguaggi di programmazione, e si è arrivati anche a regolare la luminosità di ciascuna delle tre componenti del pixel, per triplicare la risoluzione in orizzontale.
La pagina di Wikipedia in italiano non contiene tutta la parte storica, ma ci tiene a precisare che il formato TrueType di Windows non è compatibile con quello del Mac: in quest’ultimo caso il TrueType viene utilizzato per la visualizzazione sullo schermo, mentre il Postscript contiene le informazioni per la stampa.
Per una persona comune non c’è differenza tra i due formati, ma per un tipografo professionale o un esperto di graphic design la differenza è percepibile. In Windows generalmente si usa TrueType sia per la visualizzazione che per la stampa.
Per la stampa professionale si usa sia il formato OpenType, sia l’AAT (Apple Advanced Typography).
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