Alfabeti umani
Credo sia impossibile pensare qualcosa in campo tipografico a cui Devroye non abbia già pensato. Tipo, gli alfabeti umani, quelli composti da corpi di persone disposte nelle posizioni più improbabili per formare le lettere. Cosa potrà mai dire Devroye in proposito? Niente, praticamente. Ma una pagina ce l'ha. Con solo due righe, che rimandano ad una proiezione di diapositive su Slideshare con più di 500 diapositive, tra specimen e sintesi schematiche. Si comincia con l’alfabeto di Erté, di un disegnatore russo nato in Francia nel 1927, raffinato ed erotico, con donne leopardo, serpenti, sirene, indigeni, esseri alati e quant’altro.
Ci si sofferma sulle singole lettere e sui numeri, per arrivare poi all’alfabeto pittorico di Antonio Basoli, 1839, che non è umano in senso stretto: le lettere non sono formate da corpi umani, ma da elementi architettonici fantastici. Una cosa a cui sono particolarmente affezionato, perché la collezione è stata usata per decorare l’inizio dei capitolo della Storia Infinita di Michael Ende.
Le immagini sono così dettagliate che è possibile leggere le lettere incise sugli elementi a forma di lettera, cosa che col libro cartaceo non si poteva fare.
Segue il Royal Picture Alphabet di John Leighton, 1856. Questo è stato disegnato in un libro per bambini. C’è una grande lettera rossa per ogni pagina, che richiama un concetto che ha quella lettera come iniziale, e attorno viene costruita una scena per illustrare quel concetto. Sotto, una poesia di quattro versi in rima alternata, che racconta la storia che si vede nell’immagine.
Con gli ingrandimenti di ogni immagine arriviamo alla diapositiva 127. Lì inizia il Funny Alphabet di Edward Cogger, circa metà dell’Ottocento.
Qui i personaggi sono stilizzati, e appaiono vestiti alla maniera dei giullari medievali. La stampa è in vari colori: nero verde e rosso per tutti i personaggi. Quattro lettere per pagina, in mezzo alcuni versi di presentazione, in rima baciata. Tipo, J è l’iniziale del nome di una sirena, che ovviamente è raffigurata in posizione a forma di J. H come hand, mano, e la H è ottenuta con due personaggi eretti come pilastri, che si tengono mano nella mano.
Si passa poi al Gran Dizionario Universale del XIX secolo di Pierre Larousse, 1867. Qui le lettere vengono inserite come forme decorate da foglie a spirale che si stagliano in mezzo a un paesaggio, con personaggi e bestiame che ci passa attraverso e opere architettoniche sullo sfondo.
Si potrebbero passare giornate intere a cercare di decifrare le singole storie che sono inserite in ogni riquadro, spesso varie indipendenti tra di loro.
1909, l’alfabeto di Grasset. Qua abbbiamo una sorta di capilettera: le forme sono abbastanza tradizionali, tipografiche, anche se un po’ svolazzanti in stile liberty, ma ad essere favoloso è quello che c’è intorno, nella larga cornice rettangolare di ogni lettera. Di solito due personaggi, più decorazioni floreali di vario genere. Qualcosa che ricorda le miniature dei manoscritti medievali, ma molto più pregiate, artisticamente parlando.
Anche qua ci vorrebbe un capitolo intero per spiegare ognuno dei personaggi che compaiono. Si riconoscono i segni zodiacali, qua e là qualche cartiglio da i nomi alle varie attività illustrate: meccanica, astronomia, fisica, chimica, navigazione, commercio...
1861, l’alfabeto incantato di Bertall. Torniamo alla banalità di un libro per bambini, si gioca sulla somiglianza tra le lettere e le cose. Anche qui la H è data da due uomini che si danno la mano. Ma anche da una staccionata, mentre la h minuscola è una giraffa, o una sedia, o una cattedrale con campanile.
1864, l’alfabeto di Godfrey Sykes. In chiaroscuro, con le persone che si intrecciano coi tratti delle lettere. Qui la H è un tavolino su cui un ragazzino appoggia il libro che sta sfogliando.
1877, l’alfabeto del piccolo Charles, un ragazzino che fa le contorsioni più strane per disporsi come le lettere dell’alfabeto.
Lasciamo da parte i bambini nel 1880 perché arriva l’alfabeto erotico di Joseph Apoux. E qui sono interessanti non tanto le posizioni improbabili, ma l’abbigliamento d’epoca, con tanto di cappelli a cilindro e cappellini eleganti, o uniformi d’epoca. Alternati alle parti intime nude e alle situazioni più volgari. Non manca una suora che dà soddisfazione a un monaco che la frusta. Nè rapporti con più di due persone, o con qualcuno che guarda, o tra due donne. Strano che non l’abbiano mandato al rogo.
1890, alfabeti di Fracois Ehrmann. Si respira romanticismo in lungo e in largo. C’è qualche seno nudo e qualche situazione strada (fruste eccetera), ma le parti intime restano coperte.
1885 Alfabeto di Kate Greenaway. Una donna (Catherine). Che ci fa tornare in un terreno rassicurante. Bimbi, vestiti con lo stile dell’epoca, che si appoggiano a sottili lettere dell’alfabeto gialle, ci passano attraverso, c si sdraiano dentro. Giocano con le bambole o con le girandole. Fanno il girotondo. Leggono.
1890: grande alfabeto divertente, di Eugene Morel. Nulla di particolarmente interessante, illustrazioni per bambini, anche 5 lettere per pagina.
1904, alfabeto in immagini di Alexander Benois. Anche questo educativo per i bambini. Forma delle lettere maiuscole e minuscole, che richiamano una parola, che suggeriscono una immagine che viene realizzata dall’illustratore. Singolarità: si tratta dell’alfabeto russo, per cui molte lettere che si vedono non sono presenti negli alfabeti visti finora.
1934, l’alfabeto delle fate dei fiori, di Cicely Mary Barker. Le fate sono dei bambini abbigliati da folletti, con ali di farfalla e petali di fiori. Ogni lettera richiama una pianta di cui è l’iniziale, che viene raffigurata nel disegno. I colori ovviamente sono molto sgargianti.
Ne seguono vari, poco interessanti, a cui viene dedicata si e no una diapositiva.
Si arriva poi ad alcune serie di cartoline tedesche realizzate con fotomontaggi di signore gentili e allegri bambini, sistemati attorno alle lettere dell’alfabeto in paesaggi di campagna. Signori e signore a passeggio, paesaggi di montagna, di mare, di lago, di fiume, una grande varietà.
In un’altra serie di cartoline, le lettere dell’alfabeto sono delle finestre attraverso cui si vedono due innamorati. La lettera non è casuale: è l’inizio di un augurio o una dedica. Tipo G: “Good luck”, buona fortuna.
In una serie di cartoline francesi le lettere sono formate da strani tronchi d’albero, attorno a cui gli innamorati passano in bicicletta, guardano il mare, o ci sono personaggi vari che si godono il relax della campagna.
Meno originale un’altra serie di cartoline, dove davanti a un qualsiasi paesaggio vengono formate le lettere con facce di bimbi che spuntano tra i petali dei fiori.
(Come passava il tempo la gente quando non poteva condividere banner via Whatsapp? Ecco come!)
Ce n’è uno circense, uno erotico (solo donne), uno più volgare e coi personaggi disegnati a caricatura. Una serie di donnine fotografate in bianco e nero che fanno capolino tra le lettere condensate. Ancora pornografia, ancora erotismo. Eccetera eccetera. Qualcosa della seconda metà del Novecento, collage di elementi umani e tecnologici. La presentazione nasce da un lavoro di raccolta lungo e accurato, con nomi, date, e link finali.
E pensare che questa proiezione di diapositive è solo la numero tre, postata tre anni fa. Esistono altre due serie, la uno e la due, dello stesso autore che riguardano anche altre epoche.
Ciascuna ha più di 450 schermate. La uno tocca la prima metà del secondo millennio; la due spazia tra il 1500 e Settecento circa.
Ci si sofferma sulle singole lettere e sui numeri, per arrivare poi all’alfabeto pittorico di Antonio Basoli, 1839, che non è umano in senso stretto: le lettere non sono formate da corpi umani, ma da elementi architettonici fantastici. Una cosa a cui sono particolarmente affezionato, perché la collezione è stata usata per decorare l’inizio dei capitolo della Storia Infinita di Michael Ende.
Le immagini sono così dettagliate che è possibile leggere le lettere incise sugli elementi a forma di lettera, cosa che col libro cartaceo non si poteva fare.
Segue il Royal Picture Alphabet di John Leighton, 1856. Questo è stato disegnato in un libro per bambini. C’è una grande lettera rossa per ogni pagina, che richiama un concetto che ha quella lettera come iniziale, e attorno viene costruita una scena per illustrare quel concetto. Sotto, una poesia di quattro versi in rima alternata, che racconta la storia che si vede nell’immagine.
Con gli ingrandimenti di ogni immagine arriviamo alla diapositiva 127. Lì inizia il Funny Alphabet di Edward Cogger, circa metà dell’Ottocento.
Qui i personaggi sono stilizzati, e appaiono vestiti alla maniera dei giullari medievali. La stampa è in vari colori: nero verde e rosso per tutti i personaggi. Quattro lettere per pagina, in mezzo alcuni versi di presentazione, in rima baciata. Tipo, J è l’iniziale del nome di una sirena, che ovviamente è raffigurata in posizione a forma di J. H come hand, mano, e la H è ottenuta con due personaggi eretti come pilastri, che si tengono mano nella mano.
Si passa poi al Gran Dizionario Universale del XIX secolo di Pierre Larousse, 1867. Qui le lettere vengono inserite come forme decorate da foglie a spirale che si stagliano in mezzo a un paesaggio, con personaggi e bestiame che ci passa attraverso e opere architettoniche sullo sfondo.
Si potrebbero passare giornate intere a cercare di decifrare le singole storie che sono inserite in ogni riquadro, spesso varie indipendenti tra di loro.
1909, l’alfabeto di Grasset. Qua abbbiamo una sorta di capilettera: le forme sono abbastanza tradizionali, tipografiche, anche se un po’ svolazzanti in stile liberty, ma ad essere favoloso è quello che c’è intorno, nella larga cornice rettangolare di ogni lettera. Di solito due personaggi, più decorazioni floreali di vario genere. Qualcosa che ricorda le miniature dei manoscritti medievali, ma molto più pregiate, artisticamente parlando.
Anche qua ci vorrebbe un capitolo intero per spiegare ognuno dei personaggi che compaiono. Si riconoscono i segni zodiacali, qua e là qualche cartiglio da i nomi alle varie attività illustrate: meccanica, astronomia, fisica, chimica, navigazione, commercio...
1861, l’alfabeto incantato di Bertall. Torniamo alla banalità di un libro per bambini, si gioca sulla somiglianza tra le lettere e le cose. Anche qui la H è data da due uomini che si danno la mano. Ma anche da una staccionata, mentre la h minuscola è una giraffa, o una sedia, o una cattedrale con campanile.
1864, l’alfabeto di Godfrey Sykes. In chiaroscuro, con le persone che si intrecciano coi tratti delle lettere. Qui la H è un tavolino su cui un ragazzino appoggia il libro che sta sfogliando.
1877, l’alfabeto del piccolo Charles, un ragazzino che fa le contorsioni più strane per disporsi come le lettere dell’alfabeto.
Lasciamo da parte i bambini nel 1880 perché arriva l’alfabeto erotico di Joseph Apoux. E qui sono interessanti non tanto le posizioni improbabili, ma l’abbigliamento d’epoca, con tanto di cappelli a cilindro e cappellini eleganti, o uniformi d’epoca. Alternati alle parti intime nude e alle situazioni più volgari. Non manca una suora che dà soddisfazione a un monaco che la frusta. Nè rapporti con più di due persone, o con qualcuno che guarda, o tra due donne. Strano che non l’abbiano mandato al rogo.
1890, alfabeti di Fracois Ehrmann. Si respira romanticismo in lungo e in largo. C’è qualche seno nudo e qualche situazione strada (fruste eccetera), ma le parti intime restano coperte.
1885 Alfabeto di Kate Greenaway. Una donna (Catherine). Che ci fa tornare in un terreno rassicurante. Bimbi, vestiti con lo stile dell’epoca, che si appoggiano a sottili lettere dell’alfabeto gialle, ci passano attraverso, c si sdraiano dentro. Giocano con le bambole o con le girandole. Fanno il girotondo. Leggono.
1890: grande alfabeto divertente, di Eugene Morel. Nulla di particolarmente interessante, illustrazioni per bambini, anche 5 lettere per pagina.
1904, alfabeto in immagini di Alexander Benois. Anche questo educativo per i bambini. Forma delle lettere maiuscole e minuscole, che richiamano una parola, che suggeriscono una immagine che viene realizzata dall’illustratore. Singolarità: si tratta dell’alfabeto russo, per cui molte lettere che si vedono non sono presenti negli alfabeti visti finora.
1934, l’alfabeto delle fate dei fiori, di Cicely Mary Barker. Le fate sono dei bambini abbigliati da folletti, con ali di farfalla e petali di fiori. Ogni lettera richiama una pianta di cui è l’iniziale, che viene raffigurata nel disegno. I colori ovviamente sono molto sgargianti.
Ne seguono vari, poco interessanti, a cui viene dedicata si e no una diapositiva.
Si arriva poi ad alcune serie di cartoline tedesche realizzate con fotomontaggi di signore gentili e allegri bambini, sistemati attorno alle lettere dell’alfabeto in paesaggi di campagna. Signori e signore a passeggio, paesaggi di montagna, di mare, di lago, di fiume, una grande varietà.
In un’altra serie di cartoline, le lettere dell’alfabeto sono delle finestre attraverso cui si vedono due innamorati. La lettera non è casuale: è l’inizio di un augurio o una dedica. Tipo G: “Good luck”, buona fortuna.
In una serie di cartoline francesi le lettere sono formate da strani tronchi d’albero, attorno a cui gli innamorati passano in bicicletta, guardano il mare, o ci sono personaggi vari che si godono il relax della campagna.
Meno originale un’altra serie di cartoline, dove davanti a un qualsiasi paesaggio vengono formate le lettere con facce di bimbi che spuntano tra i petali dei fiori.
(Come passava il tempo la gente quando non poteva condividere banner via Whatsapp? Ecco come!)
Ce n’è uno circense, uno erotico (solo donne), uno più volgare e coi personaggi disegnati a caricatura. Una serie di donnine fotografate in bianco e nero che fanno capolino tra le lettere condensate. Ancora pornografia, ancora erotismo. Eccetera eccetera. Qualcosa della seconda metà del Novecento, collage di elementi umani e tecnologici. La presentazione nasce da un lavoro di raccolta lungo e accurato, con nomi, date, e link finali.
E pensare che questa proiezione di diapositive è solo la numero tre, postata tre anni fa. Esistono altre due serie, la uno e la due, dello stesso autore che riguardano anche altre epoche.
Ciascuna ha più di 450 schermate. La uno tocca la prima metà del secondo millennio; la due spazia tra il 1500 e Settecento circa.
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