Nick Curtis è Babbo Natale?
Undici anni fa Creative Characters ha intervistato Nick Curtis, e ha pubblicato anche la sua foto. Lunghi capelli bianchi, barba bianca stile Babbo Natale (a parte qualche riflesso rossiccio sui baffi), e perfino occhialetti dorati a forma ovale stretta con piedini per appoggiarsi sulla punta del naso che starebbero bene a Santa Claus.
Di sicuro una faccia così uno non se la sarebbe mai immaginata. Curtis è l’uomo che sta dietro il marchio Nick’s Fonts, uno dei più prolifici e di successo tra quelli presenti sul sito: 630 famiglie caricate.
È statunitense, nato in Illinois, e si è innamorato della tipografia nel 1962, quando ha trovato degli specimen che gli hanno fatto capire quanto fosse importante la forma delle lettere nel dare significato al messaggio.
Ha cominciato riproducendo e studiando i font di quel catalogo, ha studiato discipline artistiche, poi si è dato da fare sia per produrre disegni originali, sia per riprodurre quelli che vedeva sui vecchi poster o sui libri dedicati al lettering.
È particolarmente affezionato agli anni 50, in cui è cresciuto, che a sua volta sono molto influenzati dal ventennio precedente (molti programmi tv di quell’epoca, film e cartoni animati, risalivano agli anni 30 e 40).
Suo è per esempio il Quigley Wiggly, ispirato al lettering su una confezione di stuzzicadenti.
Myfonts propone in cima alla lista dei font di Curtis il Venusian Ultra Nf (una specie di Reservoir Grunge, ma pulito, ovviamente), l’Emfatick Nf (contrastato display con svolazzi) e il Fredericksburg (a grazie triangolari, con una notevole altezza della x).
Ovviamente in una lista così lunga si trovano font di tutti i tipi, da quelli più tradizionali a quelli più originali, con grazie o senza grazie, maiuscoli, maiuscoletti o adatti per i testi.
Sempre sullo stampatello, per fortuna, anche se non ne manca qualcuno calligrafico, tipo il My Dear Watson.
Il Boho A Gogo crea un effetto ipnotico affiancando tanti tratti neri a tratti bianchi in ogni asta, in senso longitudinale.
Nel Versacrum ogni lettera è a pianta rettangolare, e la differenza è data solo da sottili fili bianchi che indicano le controforme.
Il Blackbarry è composto di lettere quasi completamente nere, eccettuate le controforme filiformi verticali bianche.
Lo Ye Olde Block ha le lettere ispirate a una incisione seicentesca nel legno.
Data l’età, una notevole parte dell’attività di Nick si è svolta prima dell’invenzione dei computer. Da lui considerata positiva, perché permette di tagliare i costi sull’acquisto di prodotti artistici, cambiare dei dettagli senza dover effettuare da capo tutto il lavoro di disegno e produzione dei caratteri, nonché controllare direttamente il riscontro da parte del pubblico: il disegnatore sa in qualsiasi momento quali sono i suoi font di maggiore successo, e quindi può dedicarsi a lavorare a nuovi progetti in grado di integrarsi con quelli più richiesti.
Il suo metodo di lavoro prevede di occuparsi di un certo font... finché non sembri un lavoro! Poi lascia stare e si dedica a qualche altro carattere. Così ha una dozzina di progetti in sospeso in ogni momento. “Questo approccio tende a mantenere fresco ogni progetto”, dice.
Su Identifont c’è un’altra foto di Nick Curtis, in bianco e nero e senza occhiali. Aveva sempre la barba, ma nonostante questo non somigliava a Babbo Natale.
Di sicuro una faccia così uno non se la sarebbe mai immaginata. Curtis è l’uomo che sta dietro il marchio Nick’s Fonts, uno dei più prolifici e di successo tra quelli presenti sul sito: 630 famiglie caricate.
È statunitense, nato in Illinois, e si è innamorato della tipografia nel 1962, quando ha trovato degli specimen che gli hanno fatto capire quanto fosse importante la forma delle lettere nel dare significato al messaggio.
Ha cominciato riproducendo e studiando i font di quel catalogo, ha studiato discipline artistiche, poi si è dato da fare sia per produrre disegni originali, sia per riprodurre quelli che vedeva sui vecchi poster o sui libri dedicati al lettering.
È particolarmente affezionato agli anni 50, in cui è cresciuto, che a sua volta sono molto influenzati dal ventennio precedente (molti programmi tv di quell’epoca, film e cartoni animati, risalivano agli anni 30 e 40).
Suo è per esempio il Quigley Wiggly, ispirato al lettering su una confezione di stuzzicadenti.
Myfonts propone in cima alla lista dei font di Curtis il Venusian Ultra Nf (una specie di Reservoir Grunge, ma pulito, ovviamente), l’Emfatick Nf (contrastato display con svolazzi) e il Fredericksburg (a grazie triangolari, con una notevole altezza della x).
Ovviamente in una lista così lunga si trovano font di tutti i tipi, da quelli più tradizionali a quelli più originali, con grazie o senza grazie, maiuscoli, maiuscoletti o adatti per i testi.
Sempre sullo stampatello, per fortuna, anche se non ne manca qualcuno calligrafico, tipo il My Dear Watson.
Il Boho A Gogo crea un effetto ipnotico affiancando tanti tratti neri a tratti bianchi in ogni asta, in senso longitudinale.
Nel Versacrum ogni lettera è a pianta rettangolare, e la differenza è data solo da sottili fili bianchi che indicano le controforme.
Il Blackbarry è composto di lettere quasi completamente nere, eccettuate le controforme filiformi verticali bianche.
Lo Ye Olde Block ha le lettere ispirate a una incisione seicentesca nel legno.
Data l’età, una notevole parte dell’attività di Nick si è svolta prima dell’invenzione dei computer. Da lui considerata positiva, perché permette di tagliare i costi sull’acquisto di prodotti artistici, cambiare dei dettagli senza dover effettuare da capo tutto il lavoro di disegno e produzione dei caratteri, nonché controllare direttamente il riscontro da parte del pubblico: il disegnatore sa in qualsiasi momento quali sono i suoi font di maggiore successo, e quindi può dedicarsi a lavorare a nuovi progetti in grado di integrarsi con quelli più richiesti.
Il suo metodo di lavoro prevede di occuparsi di un certo font... finché non sembri un lavoro! Poi lascia stare e si dedica a qualche altro carattere. Così ha una dozzina di progetti in sospeso in ogni momento. “Questo approccio tende a mantenere fresco ogni progetto”, dice.
Su Identifont c’è un’altra foto di Nick Curtis, in bianco e nero e senza occhiali. Aveva sempre la barba, ma nonostante questo non somigliava a Babbo Natale.
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