Accanthis

Accanthis è una famiglia di font gratuiti rilasciata dalla Adf alcuni anni fa, per fornire font di una certa qualità a chi non era in grado di comprare font commerciali. È ispirata al Cloister Oldstyle visto in qualche American Specimen Book Of Typefaces.
È disponibile in tre versioni numerate, che a prima vista sembrano tali e quali. Qualche differenza c’è, ma è minima. La più evidente è che mentre la 1 e la 2 hanno i numeri minuscoli, la tre ce li ha maiuscoli. Poi si nota magari il trattino della e, che è orizzontale nella prima versione mentre è obliquo nelle altre due. E magari il trattino orizzontale della G, che nella prima versione si protende solo a sinistra. O i fianchi della M, che sono leggermente divergenti nella prima versione e paralleli nelle altre due.
Senza volersi sforzare, la differenza è di larghezza: se si scrive l’intero alfabeto successivamente nei tre font, viene fuori che il numero 2 occupa meno spazio, e il numero tre ne occupa di più.
Poi, se uno è pignolo e vuole andare a sovrapporre le lettere una a una, trova che il loro profilo segue tracciati diversi. La A non solo è impercettibilmente più stretta nella versione numero due, ma ha anche la sommità orizzontale, mentre nella 1 la sommità è in discesa.

Accanthis e Accanthis No2 a confronto. La forma della A cambia in maniera impercettibile.

Il contrasto delle lettere “non è troppo alto, ma sufficiente a fornire una gradevole esperienza di lettura con un rendering elegante e sofisticato”, dice la scheda di presentazione.
Il set comprende numerose legature, tra cui anche le insolite st e sp. Inoltre ci sono forme alternative di alcuni glifi, e le forme terminali di alcune lettere (a, e, n, r, t, sia con lo svolazzo in basso sia con lo svolazzo in alto, a scelta).
È stata pensata la possibilità attivare la sostituzione delle forme storiche (tabella “hist”), solo che agisce solo sulla lettera s: attivando la funzione, tutte le s saranno sostituite con s lunghe.
Insomma, le legature strane, che pure ci sono, devono essere inserite manualmente o con macro, ma non si inseriscono in automatico (quelle standard funzionano normalmente).
Qualche altra differenza si può notare nel corsivo. Ad esempio, mentre la verisione 1 e la 3 hanno una g che resta a doppio occhiello, nella 2 si passa ad una g ad occhiello singolo. La 1 e la 3 hanno una h che si piega verso l’interno in basso, come fosse una b aperta, mentre nella 2 la h si piega all’esterno come una n. La v ha la base tonda nelle versioni 1 e 3, mentre tende ad essere appuntita nella 2. La p corsiva, nella 1 e nella 3 ha l’asta che spunta al di sopra dell’occhiello, come si faceva una volta, e termina senza grazie, mentre nella 2 si è optato per la soluzione moderna standard.
La k minuscola poi va per conto suo: perché forma un occhiello solo nella versione 1. Nella 2 ha una gamba che termina senza grazie. Nella 3 invece ha una gamba che si arriccia verso l’alto.
E così via. Un dettaglio qui, un dettaglio lì.

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