Imperial
Dice la pagina di Wikipedia dedicata alla Intertype che questa compagnia, che fabbricava delle macchine da usarsi in alternativa alla Linotype, non produceva tipi di carattere dal disegno innovativo. In gran parte si trattava di derivati della fonderia Bauer. L’unico disegnatore degno di nota che ha collaborato con la Intertype è Edwin W. Shaar, uno dei pionieri nell’adattamento dei font script alle macchine compositrici. La stessa pagina attribuisce a Shaar l’Imperial, un tipo di carattere datato 1954, “usato dal New York Times dal 1967”.
Identifont conosce l’Imperial e lo attribuisce a Shaar, ma lo data 1967. Attualmente pubblicato dalla Bitstream.
Fonts In Use scrive che si tratta dell’alternativa che Shaar aveva messo a punto per la Intertype al Linotype Legibility Group, ma non ha ricevuto nessuna segnalazione di uso di questo carattere.
Su Wikipedia c’è una voce dedicata al Legibility Group, ma solo nella lingua inglese. Si trattava di quei caratteri pensati per essere chiaramente distinguibili anche se stampati su carta da giornale, che all’epoca era di bassa qualità. Fino ad allora venivano largamente usati dei caratteri Didone un po’ rudimentali (nulla a che vedere con l’eleganza con cui sono associati al giorno d’oggi).
Quattro le famiglie che farebbero parte di questo gruppo: Ionic No. 5, Textype, Excelsior e Corona.
Mentre il Corona aveva la Q con la coda che partiva verso l’interno e arricciava poi all’esterno (come Textype e Excelsior), l’imperial della Bitstream ha una Q con coda soltanto esterna.
Entrambi i caratteri vengono considerati simili al Georgia, da Identifont.
In un articolo pubblicato dal New York Times nel 2003, dettagliatissimo per quanto riguardava tutte le scelte tipografiche che erano state fatte in occasione del restyling del giornale, si confermava che l’Imperial sarebbe rimasto come tipo di carattere usato per articoli ed editoriali. Per quanto riguarda i titoli, tutti gli stili usati fino a quel momento venivano eliminati, tranne il Cheltenham, che comunque era già usato dal quotidiano newyorchese ai tempi del terremoto di San Francisco del 1906.
(Per leggere l’articolo completo bisogna essere abbonati).
Identifont conosce l’Imperial e lo attribuisce a Shaar, ma lo data 1967. Attualmente pubblicato dalla Bitstream.
Fonts In Use scrive che si tratta dell’alternativa che Shaar aveva messo a punto per la Intertype al Linotype Legibility Group, ma non ha ricevuto nessuna segnalazione di uso di questo carattere.
Su Wikipedia c’è una voce dedicata al Legibility Group, ma solo nella lingua inglese. Si trattava di quei caratteri pensati per essere chiaramente distinguibili anche se stampati su carta da giornale, che all’epoca era di bassa qualità. Fino ad allora venivano largamente usati dei caratteri Didone un po’ rudimentali (nulla a che vedere con l’eleganza con cui sono associati al giorno d’oggi).
Quattro le famiglie che farebbero parte di questo gruppo: Ionic No. 5, Textype, Excelsior e Corona.
Mentre il Corona aveva la Q con la coda che partiva verso l’interno e arricciava poi all’esterno (come Textype e Excelsior), l’imperial della Bitstream ha una Q con coda soltanto esterna.
Entrambi i caratteri vengono considerati simili al Georgia, da Identifont.
In un articolo pubblicato dal New York Times nel 2003, dettagliatissimo per quanto riguardava tutte le scelte tipografiche che erano state fatte in occasione del restyling del giornale, si confermava che l’Imperial sarebbe rimasto come tipo di carattere usato per articoli ed editoriali. Per quanto riguarda i titoli, tutti gli stili usati fino a quel momento venivano eliminati, tranne il Cheltenham, che comunque era già usato dal quotidiano newyorchese ai tempi del terremoto di San Francisco del 1906.
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