Kate Greenaway’s Alphabet

Non so quando, non so perché, avevo preso nota del font Dreamline. Sono andato a rivederlo adesso non mi dice granché. È una corsiva calligrafica inclinata monoline. Elegante sì, ma niente di particolarmente impressionante. Una cosa scolastica praticamente, tracciabile con una penna di quelle molto scorrevoli. Le maiuscole non sono particolarmente eleganti. Forse chissà, mi aveva colpito la M coi tre archi decrescenti, come stavano per esempio nel Veltro, se non sbaglio.
Comunque il font è del 2013 e l’autore è Gert Wiescher. Il quale è arrivato a quasi 300 famiglie di font caricate su My Fonts sotto il suo marchio, Wiescher Design, di Monaco.
I più rilevanti oggi sono l’Artis Sans, con stellina Hot New Font, dove i tratti sottili sono molto sottili; il Noticia, con una a stile Futura che non si usa più nei titoli dei giornali; e Aramis, senza grazie abbastanza geometrico, ma con a e g a doppio livello e t con asta curva.
Più in basso c’è qualcosa di più originale: l’Eddy, con orribili macchie d’inchiostro a sporcare la calligrafia; il Modernista, che è in stile art nouveau e mi fa pensare alla metropolitana di Parigi o al Boecklin; l’Hebrew Latino, dove le lettere latine sono state ridisegnate nello stile di quelle ebraiche.
Ma quello che mi colpisce di più è il Kate Greenaway’s Alphabet, dove ad ogni lettera maiuscola sono affiancati dei raffinati disegni di bambini in abiti d’epoca ripresi nelle loro attività più spensierate. La bambina sulla L salta la corda, quella vicina alla V gioca con una racchetta e una pallina da badmington, i due bambini attorno alla T fanno il girotondo. Sulla Y ci si è arrampicato un bambino come tra i rami di un albero, nella C ce n’è una sdraiata in relax. E così via.
Interessante il fatto che nella descrizione del font c’è il racconto dettagliato di come è nata l’ispirazione: Wiescher aveva comprato un libriccino con le illustrazioni in questione, ignorando che la disegnatrice era famosa, ai suoi tempi (è nata nel 1846 e morta nel 1901). Ha scoperto poi che era una icona dell’età vittoriana, e che alcuni dei suoi libri vengono ristampati ancora oggi. Così lui ha deciso di digitalizzare il tutto in un font. Aggiungendoci anche quello che mancava: i numeri. Li ha fatti nello stesso stile, riciclando i disegni che l’autrice originale aveva inserito nel suo alfabeto (la bambina del numero 3 è la stessa della lettera O, quella del 4 è la stessa della Q...).
“Immagino che lei avrebbe apprezzato il mio adattamento”, scrive l’autore.
Su Wikipedia in inglese ci sono parecchie illustrazioni a colori della Greenway, tra cui un’altra che ha a che fare con l’alfabeto. Tratta da un libro per bambini in cui ad ogni lettera veniva associato un concetto, è la lettera A. Che corrisponde ad Apple Pie, torta di mele. La disegnatrice aveva raffigurato un gruppo di bambini con relative tate che facevano un girotondo attorno ad un’enorme torta di mele. Qui il disegno è a parte, e non si mescola con la lettera.
Qualche ristampa del libro della Greenaway a cui si è ispirato Wiescher si trova sul web. Dovrebbe risalire agli anni 80 e costare meno di 6 euro usata (ma c’è chi la vende nuova a oltre 60. Possibile?). Comunque, chi la vuole consultare l’opera gratuitamente, può farlo grazie al sito Archive.org. Dove si possono sfogliare le 40 pagine di una edizione stampata non si sa quando (bella la copertina, rovinata. Prima metà del ’900?), forse per un editore londinese con sede a New York, se ho ben capito. A differenza del font, qui i colori ci sono, e sono tenui e delicati.
Sotto la lettera col personaggio disegnata dall’autrice, c’è una versione tipografica della stessa lettera sia in maiuscolo che in minuscolo. E chiaramente lo stile non è identico: basta guardare la Q, dove nella versione tipografica la coda è lunga ed esterna, mentre in quella disegnata è corta e parte sul lato interno, sovrapponendosi al tratto circolare per uscire; oppure la A, che ha doppia grazia sulla cima nella versione disegnata ma non in quella tipografica; o altre lettere, che hanno le grazie con angolazioni diverse, per esempio sui tratti terminali di C ed E.

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