Tengwar in italiano

Le tengwar sono le lettere inventate da Tolkien per la saga del Signore degli Anelli. In tutto il mondo esistono appassionati che le conoscono e hanno elaborato sistemi per scrivere usando queste lettere, e le regole sintattiche connesse. Eh, già perché il sistema inventato dallo scrittore non prevede che ad ogni lettera latina corrisponda una tengwa (singolare di tengwar). Prima di tutto bisogna tenere conto dei suoni, per cui la C suona diversamente in Casa o Ciao (in inglese si distingue tra K e Kw, dove il secondo suono è quello della nostra Qu); quindi corrisponde a due diverse tengwa, a seconda dei casi. E poi, ispirandosi ad alfabeti primitivi basati sulle consonanti, le vocali si inseriscono non necessariamente come lettere a parte (anche se è possibile), ma come accenti (o meglio, segni diacritici chiamati tethar) da mettere al di sopra della consonante con cui si devono combinare.
Se non c’è alcuna consonante su cui appoggiarsi, esiste un’apposita tengwa che non corrisponde a nessun suono, e che è uguale alla lettera i minuscola (o j, nella versione lunga), su cui si mette il segno diacritico come noi ci mettiamo il puntino.
Tolkien immaginò che questo alfabeto fosse stato utilizzato nel corso della storia da vari popoli diversi, che lo adattarono alle loro esigenze. Nelle lingue in cui le parole finivano per vocale, le vocali venivano messe al di sopra della consonante precedente. Nelle lingue in cui gran parte delle parole finivano per consonante, il segno della vocale si metteva sulla consonante successiva.
Nel mondo reale, questa distinzione è fondamentale per chi scrive in spagnolo o in inglese. Bisogna scegliere il modo giusto. Tutte queste complicazioni fanno sì che non basta installare un font e convertire un testo già scritto in quei caratteri. Occorre una macro per traslitterare un testo, oppure un programma apposito, o un apposito servizio.
Il punto di riferimento mondiale è probabilmente il sito Tencedil, che permette di inserire un qualsiasi testo, scegliere tra i vari font di tengwar che sono stati creati, e scegliere il modo: sono disponibili, oltre a Sindarin (vocali sulla consonante successiva), Quenya (vocali sulla consonante precedente) e Beleriand (vocali come lettere a parte), anche inglese, inglese tradizionale, inglese fonetico e spagnolo. E in più ci sono anche le fittizie rune inventate da Tolkien, meno affascinanti perché meno usate (la scritta sull’unico anello e sulla porta delle miniere di Moria sono tutte in tengwar, in due modi diversi. Nel Signore degli Anelli però le rune compaiono quando Gandalf prova a scrivere la sua iniziale su Colle Vento).
Ma appunto manca l’italiano. Se si usa lo spagnolo, che è simile, possono venire fuori degli effetti indesiderati. Ad esempio scrivendo “bello”, invece di comparire una doppia l compare un simbolo che corrisponde al nostro “gl” (perché in spagnolo una doppia l si pronuncia così).
Il modo Quenya dà risultati soddisfacenti. Va più che bene, per quanto mi riguarda.
Ma qualcuno ha provato ad inventare anche un modo apposito per la lingua italiana.

Cercando “tengwar italiano” con Google, il primo risultato che mi viene fuori è quello del sito Barisione, che è l’unico che è stato adattato ai mezzi informatici. Per farlo funzionare sul computer è necessario installare il software Tengscribe, utilizzabile in tutti i modi, e installarci dentro l’apposito modo elaborato da lui per l’italiano.
Sul sito c’è la tabella con le regole che ha seguito. La c e la g appaiono diverse a seconda se devono essere pronunciate come in ciao/gelato o come in casa/gas. In più c’è un’altra tengwa per il suono sc di scena (che nel modo Quenya di Tencedil verrebbe reso come una s e una c separate). C’è una tengwa per la s di rosa e una per la s di serpente (considerati due suoni diversi). E uno per la combinazione ng (che in alcune lingue ideate da Tolkien è un suono caratteristico, tanto da essere presente nel nome tengwar).
Seguono precisazioni varie su come rendere alcuni particolari suoni della z, il qu, la x, il suono gn (una n con due puntini sotto), il suono gl (una l con due puntini dentro).
Anche la punteggiatura ha dei simboli a sé: il punto sono in realtà quattro punti; la virgola è un punto; il punto esclamativo un trattino serpeggiante verticale senza punto; il punto interrogativo è una specie di p con due occhielli.

Al secondo posto Google presenta il blog Gwilbor, che pur essendo a conoscenza del metodo di Barisione, e pur essendo poi venuto a conoscenza di un altro metodo, inventato da Trucillo, e linkato, decide di elaborare un metodo a sé per concentrarsi maggiormente sull’aspetto fonetico. Anziché inserire le lettere nella tabella inventata da Tolkien, le inserisce in quella inventata dagli studiosi di linguistica per catalogare i suoni, dove ogni riga distingue consonanti esplosive, fricative, affricate (ciascuna di queste può essere sorda o sonora), nasali, semivocali, vibranti e laterali; mentre nelle colonne si distinguono alveolari, dentali, labiali e labializzate, palatali e postalveolari, velari e laringali. Tutto ciò è arabo per i non addetti ai lavori (a meno che non siano arabi essi stessi). Diciamo che per gli studiosi la c di chiesa è una esplosiva sorda velare mentre la c di cielo è una affricata sorda palatale. Per la g vale la stessa distinzione, solo che non è sorda ma sonora.
Gwilbor riempie la tabella con le varie tengwa, mettendoci anche, già che c’è, suoni che in italiano non esistono, come i due th della lingua inglese, il ch tedesco, il j francese e così via.
Ci mette anche lui quell’uncino orizzontale che già ci aveva messo Barisione da aggiungere alla t o alla d per rendere i suoni ts e ds, che corrispondono alla z italiana, e che su Tencedil mi pare viene usato solo in finale di parola. La i di Mario la mette tra le semivocali. Per la r italiana sceglie quella con la forma di y, mentre quella che ha la forma della n minuscola arricciata verso l’interno la riserva per la r inglese, come nella parola car.
Per quanto riguarda le vocali, Gwilbor introduce l’idea di raddoppiare il segno per distinguere la e o la o a seconda dell’accento, acuto o grave, che useremmo in italiano. Ad esempio, per scrivere pesca, inteso come atto di pescare, si userebbe un solo diacritico, mentre per indicare il frutto se ne userebbero due.
Gwilbor ha trovato una soluzione anche per indicare l’accento tonico: mettere una virgola al di sotto della sillaba interessata.
Comunque questo metodo non è stato automatizzato. Quindi o uno studia le regole e lo usa per scrivere a mano, oppure deve inserire i simboli uno a uno da Inserisci/Caratteri speciali (sempre che siano tutti disponibili nel font usato).

Un sistema teorico è anche quello ideato da Trucillo, che si trova sul sito Eldalie.
Trucillo risolve la questione degli accenti con il carrier, ovvero il simbolo che serve per reggere una vocale in assenza di consonante. Per distinguere la parola prìncipi dalla parola princìpi, l’autore propone di usare il carrier nel primo caso sulla i accentata, anche se il segno potrebbe essere appoggiato sulla consonante precedente.
Per la parola con accento sulla sillaba finale, propone invece di usare un carrier lungo.
Un paragrafo delle sue istruzioni riguarda i numeri che, tanto per complicare le cose, sono scritti a contrario, dalla cifra meno significativa a quella più significativa. Cioè, prima vengono le unità, poi le decine, eccetera. Quindi il numero 18 si scrive 81, con i simboli adatti, ovviamente.

Al terzo posto, su Google, un altro metodo ancora, quello inventato da un’italiana che si è battezzata Berylla Baggins, che nel 2004 lo ha sintetizzato in un pdf di tre pagine (anche questo su Eldalie).
Il metodo qui è un po’ rudimentale. Invece di usare il consueto sistema di raddoppiare una linea per ottenere le consonanti doppie, si usa una tilde, che però risulta un po’ appiccicaticcia.
Un trattino sopra la consonante invece indica che è preceduta da n o da m, secondo l’uso realmente diffuso nel medioevo reale (ed applicato anche in modi elaborati all’estero per le tengwar).
L’uncino orizzontale viene usato per indicare che segue una r, anziché una s.

Il metodo Gwilbor non sta nella top di Google. I link successivi al momento rimandano al sito Jrrtolkien, dove c’è la presentazione di un manuale per imparare a scrivere in tengwar (anno 2017); l’articolo apposito sul sito di Wikipedia; il Sitodellanello, su Altervista, dove un tale Master Foskia spiega in vari passaggi la sua conversione delle tengwar nell’alfabeto fonetico internazionale; una ripetizione del metodo Barisione; diciotto pagine di tabelle sul sito ardalambion.immaginario.net, con le varie convenzioni elaborate nelle varie lingue (per l’italiano viene scelto il metodo Trucillo); una pagina del forum di Elvenar in cui principianti cercano di scrivere i loro nomi; infine una pagina della Tolkienpedia del sito lotr.fandom.com che dice poco e niente (solo le informazioni di base).

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