Another Typewriter
Al terzo posto della classifica dei typewriter più scaricati ieri su Dafont c’è l’Another Typewriter, di Johan Holmdahl. Un tipo di carattere dai bordi meno frastagliati rispetto agli altri, ma neanche troppo regolari. Una via di mezzo, diciamo. A prima vista la forma delle lettere è simile a quella che era usata sulle macchine da scrivere dalle nostre parti. C’è una cosa però che forse non quadra: non si tratta di un monospace. Le lettere hanno una larghezza variabile: la M maiuscola arriva ad essere larga quanto quattro punti.
In realtà molte delle macchine da scrivere tradizionali in commercio erano monospace. Non per una scelta estetica, ma per un motivo tecnico. Il meccanismo per mandare avanti il carrello di un certo spazio era più semplice da costruire e più economico. Solo in un secondo momento venne inventato un meccanismo che distingueva un certo numero di larghezze diverse (per cui il disegnatore doveva scegliere, per ogni lettera, quale delle varie larghezze fisse doveva occupare).
Ma penso che le forme dei caratteri in quel caso venivano scelte in maniera diversa rispetto a quelle tradizionali che invece si trovano nell’Another Typewriter.
Questo font si ispira a una macchina da scrivere non monospace? Forse no, ma comunque non c’è nessuna didascalia. Dafont rimanda ad un sito ufficiale, che però è ormai non è più disponibile. Il font risulta online da prima del 2005 (un milione e mezzo di download).
Lo stesso autore ha creato solo font per la categoria typewriter.
Al secondo posto tra i suoi font c’è il 1942 Report, derivante dalle scannerizzazioni di qualche vero foglio battuto ai vecchi tempi, non solo coi contorni frastagliati, ma anche con lettere battute più volte.
Al terzo c’è lo Splendid 66, più pulito, anche questo con un numero nel nome che suggerisce un immaginario.
Segue il Type Wheel, che è un serif a contrasto disegnato in maniera abbastanza rudimentale, che difficilmente qualcuno userebbe in qualche contesto.
Il My Old Remington è più sporco, frastagliato e neretto.
All’ultimo posto il Type Right, dove senza motivo è stato aggiunto un trattino irregolare di contorno, ma dove il primo dettaglio che salta agli occhi è la T con un braccio più corto dell’altro, pessima scelta.
Ai primi due posti oggi nella classifica dei tipi di caratteri ispirati alle macchine da scrivere ci sono il Travelling Typewriter, di Carl Krull e il Jmh Typewriter, di Jorge Moròn.
Nella categoria, chissà perché, c’è finito l’Old Newspaper Types di Manfred Klein, che non ha nulla a che vedere con le macchine da scrivere, ma ha le lettere dai bordi frastagliati.
Più in alto c’è il Fragment Core, che non fa venire in mente una macchina da scrivere, a parte il fatto che i caratteri sono slab.
All’ultimo posto assoluto c’è l’Scm Zephir Deluxe, di Aleksandar Sevanov, con numerose imprecisioni derivanti da scannerizzazioni d’epoca e forse per questo non troppo gradito (non ho verificato se è monospace, ma ha un bello specimen con la foto di una Zephir, macchina da scrivere i cui caratteri sono stati inseriti nel file).
Dall’ultima pagina mi colpisce, per il nome, il Carbonara, di Hanoded. C’entra qualcosa con la pasta? No, c’entra con la carta carbone, e infatti tutte le lettere sono molto nere, dai bordi imprecisi, talvolta con le controforme completamente annerite (vedi la e o la m). Tutte le lettere sono così? No, stranamente la n e la o non lo sono. E infatti nello specimen tutte quelle lettere chiare in mezzo a quelle scure stonano. Fosse fatto perché è una demo, uno magari potrebbe pure prendere la versione a pagamento. Ma temo di no.
Lo stesso autore ha prodotto ben 24 pagine di font sul sito (tra cui uno che si chiama Panettone, a lettere unite, contrasto, asse verticale, classificato rétro).
Il più scaricato oggi tra i suoi font è il Dk Lemon Yellow Sun, script/handwritten, lettere stampatelle condensate tracciate a mano, solo maiuscole.
In realtà molte delle macchine da scrivere tradizionali in commercio erano monospace. Non per una scelta estetica, ma per un motivo tecnico. Il meccanismo per mandare avanti il carrello di un certo spazio era più semplice da costruire e più economico. Solo in un secondo momento venne inventato un meccanismo che distingueva un certo numero di larghezze diverse (per cui il disegnatore doveva scegliere, per ogni lettera, quale delle varie larghezze fisse doveva occupare).
Ma penso che le forme dei caratteri in quel caso venivano scelte in maniera diversa rispetto a quelle tradizionali che invece si trovano nell’Another Typewriter.
Questo font si ispira a una macchina da scrivere non monospace? Forse no, ma comunque non c’è nessuna didascalia. Dafont rimanda ad un sito ufficiale, che però è ormai non è più disponibile. Il font risulta online da prima del 2005 (un milione e mezzo di download).
Lo stesso autore ha creato solo font per la categoria typewriter.
Al secondo posto tra i suoi font c’è il 1942 Report, derivante dalle scannerizzazioni di qualche vero foglio battuto ai vecchi tempi, non solo coi contorni frastagliati, ma anche con lettere battute più volte.
Al terzo c’è lo Splendid 66, più pulito, anche questo con un numero nel nome che suggerisce un immaginario.
Segue il Type Wheel, che è un serif a contrasto disegnato in maniera abbastanza rudimentale, che difficilmente qualcuno userebbe in qualche contesto.
Il My Old Remington è più sporco, frastagliato e neretto.
All’ultimo posto il Type Right, dove senza motivo è stato aggiunto un trattino irregolare di contorno, ma dove il primo dettaglio che salta agli occhi è la T con un braccio più corto dell’altro, pessima scelta.
Ai primi due posti oggi nella classifica dei tipi di caratteri ispirati alle macchine da scrivere ci sono il Travelling Typewriter, di Carl Krull e il Jmh Typewriter, di Jorge Moròn.
Nella categoria, chissà perché, c’è finito l’Old Newspaper Types di Manfred Klein, che non ha nulla a che vedere con le macchine da scrivere, ma ha le lettere dai bordi frastagliati.
Più in alto c’è il Fragment Core, che non fa venire in mente una macchina da scrivere, a parte il fatto che i caratteri sono slab.
All’ultimo posto assoluto c’è l’Scm Zephir Deluxe, di Aleksandar Sevanov, con numerose imprecisioni derivanti da scannerizzazioni d’epoca e forse per questo non troppo gradito (non ho verificato se è monospace, ma ha un bello specimen con la foto di una Zephir, macchina da scrivere i cui caratteri sono stati inseriti nel file).
Dall’ultima pagina mi colpisce, per il nome, il Carbonara, di Hanoded. C’entra qualcosa con la pasta? No, c’entra con la carta carbone, e infatti tutte le lettere sono molto nere, dai bordi imprecisi, talvolta con le controforme completamente annerite (vedi la e o la m). Tutte le lettere sono così? No, stranamente la n e la o non lo sono. E infatti nello specimen tutte quelle lettere chiare in mezzo a quelle scure stonano. Fosse fatto perché è una demo, uno magari potrebbe pure prendere la versione a pagamento. Ma temo di no.
Lo stesso autore ha prodotto ben 24 pagine di font sul sito (tra cui uno che si chiama Panettone, a lettere unite, contrasto, asse verticale, classificato rétro).
Il più scaricato oggi tra i suoi font è il Dk Lemon Yellow Sun, script/handwritten, lettere stampatelle condensate tracciate a mano, solo maiuscole.
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