Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti

La Dichiarazione di Indipendenza degli Stati Uniti d’America risale al 1776.
Ovviamente all’epoca la stampa era già stata inventata, ma era ancora un metodo abbastanza laborioso: le attrezzature per stampare non si trovavano di certo in ogni ufficio, ma solo nelle tipografie; inoltre non c’erano tastiere per digitare rapidamente un testo: il tipografo doveva prendere fisicamente i caratteri a mano, uno alla volta, cercandoli nei vari scompartimenti, per poi eventualmente correggere gli errori dopo avere stampato la prima bozza.
Quindi i documenti si scrivevano per forza di cose a mano, e poi la copia manoscritta veniva eventualmente portata in tipografia per la stampa.
Per la Dichiarazione di Indipendenza americana esistono le copie di varie bozze, il cui testo è diverso qua e là da quello finale. La copia approvata dal Congresso e mandata poi al tipografo per ottenerne una versione a stampa non è nelle mani degli storici. Si sospetta che per qualche motivo sia stata distrutta (sempre che non sia conservata in segreto da qualche associazione segreta...).
Il testo della dichiarazione venne comunque fatto scrivere su pergamena in bella copia da un impiegato-calligrafo di cui ci viene tramandato anche il nome (Timothy Matlack, da cui il documento si chiama Matlack Declaration), e venne poi firmato dai membri del congresso. Esiste tutta una diatriba tra gli storici sulla data in cui vennero apposte le firme (alcuni dei firmatari non sarebbero stati presenti il giorno della riunione in questione).
È questo il documento che venne idolatrato ed esposto al pubblico per parecchio tempo nel corso dell’Ottocento, tanto da farlo scolorire e deteriorare. A peggiorare la situazione, per l’originale, la decisione di trasferire una parte dell’inchiostro su un supporto da utilizzarsi per la creazione di una ristampa identica all’originale.
Su Wikipedia è possibile vedere una foto dettagliata dell’originale, in cui il testo si legge a malapena.
Sul web è possibile vederne varie versioni molto migliori: le ristampe create nell’Ottocento, o qualche ristampa successiva. In alcuni casi il foglio appare bianco, in altri giallo: difficile dire se si tratta di un foglio antico sbiancato digitalmente per sembrare moderno, o una riproduzione moderna ingiallita artificialmente per sembrare antica.
Comunque, l’aspetto del documento è facilmente riconoscibile: in alto c’è la scritta In CONGRESS. July 4, 1776, scritta a caratteri romani, maiuscoletti.
Segue l’intestazione “The unanimous declaration of the thirteen United States of America, scritta a caratteri gotici, a cui segue il testo della dichiarazione vera e propria, scritta in una calligrafia diversa: corsiva inglese, con le lettere unite una all’altra, le aste inclinate in avanti, gli occhielli sulle lettere come l, h, f... insomma, pressappoco le stesse forme che si insegnano al giorno d’oggi agli scolari, inclinazione a parte (fa eccezione magari l’uso della s lunga, che viene alternata a quella della s normale: guardare nella prima riga le parole “necessary” e “dissolve”.
In realtà mi pare che l’insegnamento della corsiva inglese in epoca informatica è in fase di dismissione, tanto che ci sono state polemiche negli Stati Uniti: se ai ragazzi si insegna a scrivere solo in stampatello anche quando scrivono a mano, non saranno più capaci di leggere la dichiarazione di indipendenza del loro Paese.
Esiste un’altra versione della dichiarazione, chiamata Sussex Declaration, trovata in Inghilterra, anche questa scritta a mano, con una grafia diversa, che ha un certo valore storico perché forse fu alla base di stampe realizzate in Europa e forse deriva dall’altra versione, ma è abbastanza raro vederla (nemmeno l’articolo di Wikipedia ne pubblica la foto). La particolarità è che i nomi dei firmatari non sono raggruppati per Stati come nell’altro documento.
Comunque, qualcuno ha provato a realizzare un font sulla base della dichiarazione Matlack. Una versione gratuita la si può trovare su Dafont: si chiama Us Declaration, l’autore risulta essere un certo Tomasz Skowronski.
Una versione a pagamento è quella realizzata dalla fonderia P22, che si chiama appunto P22 Declaration.
La forma delle lettere è simile, ma cambiano dei dettagli (ad esempio la lunghezza del tratto orizzontale della t). I numeri poi non si sposano bene con le lettere: scrivere P22 col font gratuito non dà un bell’effetto, al confronto col font dell’altra fonderia.
Ma soprattutto la differenza è che la P22 non offre un solo font, ma l’intero kit: oltre allo Script, con tanto di Alternate che contiene le forme alternative delle lettere, per variare un po’ la scrittura al computer e renderla simile a quella manuale, e al Sorts, che contiene vari svolazzi, c’è il Blackletter, ossia il gotico che serve per ottenere la riga di intestazione.
Manca il romano per la scritta In CONGRESS, ma c’è un bonus: un font realizzato con le firme che sono state apposte sotto la dichiarazione. Non è molto utilizzabile, ma è interessante notare le varie calligrafie (alcuni dei firmatari poi furono presidenti degli Stati Uniti).

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