Glifo

Il termine glifo crea un po’ di confusione tra i non addetti ai lavori (e anche tra gli addetti, a dire la verità).
Se un principiante si mette in testa che vuole creare un font, e comincia a disegnare la forma di una lettera, gli si dice che sta creando un glifo. Perché usare questa parola e non dire lettera? Prima di tutto perché anche i segni di interpunzione, i simboli di valuta, le operazioni matematiche e le cifre numeriche sono glifi. Poi perché la A maiuscola e la a minuscola sono la stessa lettera, ma non hanno la stessa forma e lo stesso uso. Infine, perché anche due glifi che possono rappresentare la stessa lettera nello stesso uso possono avere due forme diverse: una g minuscola può avere un solo occhiello oppure due; e un certo font può offrire entrambe le versioni: inserire l’una o l’altra non cambia il significato della parola. La lettera dell’alfabeto è la stessa (g minuscola) ma i glifi tra cui scegliere sono due.
Wikipedia in italiano, dopo l’etimologia (la parola deriva dal greco incidere, riferito alla scrittura maya o egizia, di cui mostra un paio di foto), dà la definizione: “il glifo è una rappresentazione concreta di un grafema, di più grafemi o di parte di un grafema, senza porre attenzione alle caratteristiche stilistiche”.
Definizione che forse va bene per i linguisti, ma che in tipografia/informatica lascia un po’ perplessi. La versione inglese di Wikipedia infatti mostra come prima cosa una immagine in cui viene ripetuta nove volte la lettera a minuscola, in nove forme diverse. “Vari glifi che rappresentano la lettera a”, dice la didascalia. Secondo questo modo di pensare, le caratteristiche stilistiche contano eccome.
Ad ogni glifo corrisponde un carattere? Non è detto. Dipende da cosa si intende per carattere. In tipografia esiste la legatura fi, ad esempio, che può essere concepita come disegno unico, dal disegnatore. E quindi è viene considerata un glifo a sé, composto da due lettere. Anche se la forma visualizzata è una, comunque un word processor conterà due lettere (caratteri).
L’articolo utilizza anche il concetto di grafema, che non corrisponde necessariamente a un glifo: l’esempio che viene fatto è quello delle vecchie macchine da scrivere, dove per ottenere un punto esclamativo (un grafema) bisognava battere un apostrofo, tornare indietro e battere il punto (due glifi).
“In informatica così come in tipografia il termine carattere si riferisce (un po’ ambiguamente) a un grafema”, dice l’enciclopedia. Ma “mentre il grafema è un’unità di testo, un glifo è una unità grafica”.
Le nove a minuscole in forme diverse presentate da Wikipedia in inglese vengono dette allografi. La parola si riferisce a “un segno o combinazione di segni che trascrive un fono nel contesto di una lingua, o una diversa configurazione che una lettera può assumere”. Ma secondo questo significato anche lettere maiuscole e minuscole possono rappresentare lo stesso allografo, che non cambia il significato della parola (CENTRO o centro, su un cartello stradale). Ma tipograficamente parlando una maiuscola e una minuscola hanno forme diverse e codici diversi, quindi sono caratteri diversi, e anche glifi diversi.  Nella versione inglese dell’articolo di Wikipedia ci si sofferma sui caratteri composti: sono da considerarsi glifi o no? Una è (e+accento) senza dubbio è un carattere unico, in tipografia e in informatica. Nessuno si sognerebbe di trattarlo come se fossero due. Ma a quanto pare viene considerato composto di due glifi. Viceversa il puntino sulla i non è considerato un glifo a parte, perché non esiste la i senza puntino. Cioè, se uno legge una parola in cui la i per qualche motivo è stata scritta senza punto, comunque non cambierebbe il significato della parola. Tranne in turco, dove esiste anche una i senza puntino, che è una lettera a sé: in quel caso la i col puntino viene considerata un carattere composto da due glifi, i senza puntino+puntino.
La legatura doppia s in tedesco, dice l’enciclopedia, “può” essere considerata come un glifo a sé, anche se all’inizio era la legatura di due glifi diversi.
La parola glifo si scrive uguale anche in spagnolo. Anche in spagnolo Wikipedia scrive: “Un carattere rappresenta una unità testuale, mentre un glifo è una unità grafica”. E oltre all’esempio della legatura fi, fa l’esempio di e-e-e (e normale, e neretta, e corsiva), che sono tre glifi per la lettera e latina minuscola.
Ma Wikipedia spagnola complica ancora di più la questione, facendo notare che a uno stesso glifo possono corrispondere caratteri diversi: la lettera A può rappresentare la a maiuscola latina o la alfa maiuscola greca. Che sono due caratteri diversi in Unicode, e anche se hanno la stessa forma hanno due codici diversi: se dici al programma di cercare tutte le A (latine, u+0041) presenti in un documento non verranno evidenziate le A greche (u+0391), anche se hanno la stessa forma.
Mi viene in mente la che la A dell’alfabeto cirillico ha la stessa forma delle altre due, ma codice ancora diverso (u+410). Non solo: C e P cirilliche hanno le stesse forme di due lettere latine, ma si riferiscono ai suoni S e R (per cui la famosa sigla che si scrive CCCP in realtà si pronuncia SSSR).
Un articolo sul sito di Unicode fornisce una versione più adatta al mondo informatico: una o con un accento circonflesso può essere realizzata come una sequenza di glifi (lettera o + accento circonflesso a parte, che con le tecnologie moderne può andare a sovrapporsi alla lettera precedente, o perché predisposto o al limite aggiustando il kerning), ma può essere anche ottenuta come singolo carattere. In questo caso considerato “simple gliph”, cioè glifo singolo. Secondo questa definizione, la è accentata non sarebbe un carattere composto da due glifi, ma sarebbe da considerarsi un glifo a sé (composto).
Seguono esempi relativi ad altri alfabeti, come quello arabo, dove una lettera ha quattro forme diverse: quando è isolata, quando compare a inizio parola, in mezzo o in fondo. A differenza dell’italiano, dove si può scegliere la forma di una lettera (maiuscola/minuscola) a seconda dell’effetto che si vuole ottenere (pino per dire l’albero, Pino per dire la persona, PINO per dire il nome di un locale), in arabo la versione della lettera che bisogna usare è obbligata: in fine parola bisogna sempre usare la forma di quella lettera prevista per la fine della parola. Allora quella forma è da considerarsi un glifo a parte? “I glifi possono cambiare forma, posizione e larghezza a seconda dei glifi circostanti”, dice il sito, subito dopo avere spiegato che in scritture non-latine “la connessione tra glifi e caratteri è certe volte meno diretta”. Insomma le varie forme della stessa lettera potrebbero essere considerate in quel caso non glifi diversi ma versioni diverse dello stesso glifo.

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