Le idee politiche dei disegnatori

L’articolo è stato pubblicato su Typographica a febbraio scorso, ma la segnalazione mi è arrivata soltanto di recente.
In pratica si era aperto un dibattito a proposito del fatto se era giusto o no utilizzare un certo font (in quel caso il Dtl Prokyon) tenuto conto delle idee politiche attribuite al disegnatore.
Il quale, nel caso in questione, è stato segnalato per essere (o essere stato) supporter dell’organizzazione anti-islamica Legida (sezione degli Europei Patriottici contro l’Islamizzazione dell’Occidente).
Seguiva dibattito sul fatto se usare un certo font in un certo evento non debba essere considerato un implicito incoraggiamento alle idee politiche del disegnatore. Con tanto di immancabili riferimenti all’operato di Gill, i cui font continuano ad essere utilizzati nonostante siano note le perversioni dell’autore (Il quale è comunque morto nel 1940, per cui non riceve comunque nessun incoraggiamento o beneficio dal fatto che i suoi font siano tuttora in uso).
L’articolo di Typographica si conclude dicendo che una società troppo tollerante è destinata ad essere distrutta dagli intolleranti. E che quindi bisogna chiudere alcune porte.
I commenti sono abbastanza moderati.
Qualcuno distingue il caso in questione da quello di Gill per il fatto che qui si sta parlando di un artista vivente, che potrebbe ricevere un sostegno monetario nell’uso della sua arte, e quindi trasformare i soldi ricevuti in una campagna d’odio.
La preoccupazione però è quella di finire tutti quanti sotto processo per ciò che si pensa, o per ciò che gli altri presumono che uno abbia pensato. Se uno inconsapevolmente usa un font di un disegnatore fascista può finire sotto accusa da parte della massa che gli attribuisce erroneamente opinioni che non sono sue. Ma anche ciò che pensa veramente il disegnatore può essere in discussione: in questo caso si sta parlando della lettura da parte sua di una poesia in tedesco che nessuno di quelli che ha commentato è in grado di valutare a causa della barriera linguistica.
Uno degli utenti tira in ballo il caso di Bill Cosby, molto discusso in America: il fatto che l’attore sia finito sotto processo per le sue malefatte non implica necessariamente che la serie televisiva che lo ha reso famoso (intitolata in italiano I Robinson) sia necessariamente da escludere, visto che comunque è piacevole e comunica valori positivi. (In Europa qualche discussione ci fu quando venne fuori un legame tra l’attore che interpretava l’ispettore Derrick e le SS. Ma ufficialmente le emittenti smentirono di voler rimuovere il telefilm solo sulla base del passato dell’attore).
Comunque, per tornare a parlare di tipografia, l’articolo di Typographica è impaginato in maniera un po’ insolita: in Roslindale Bold, un font con contrasto, aumentato dal fatto di essere in grassetto.
Nella sua versione base è un progetto molto interessante: le forme sono ispirate al DeVinne (dice Djr), un classico del diciannovesimo secolo. C’è una R con gamba affusolata che tende a diminuire la pendenza, una M a fianchi divergenti, una C con la grazia inclinata in maniera insolita, come nel Belwe.
Ma usare la versione neretta per un testo è qualcosa che allontana un po’ l’occhio di un lettore moderno.
Leggendo il contenuto dell’articolo, però, vengono in mente ben altre domande: quali erano le idee politiche dei disegnatori? Quale era la loro fedina penale? Di che simpatie saremo accusati usando i loro caratteri nei nostri progetti?
Il sito Djr, che presenta la digitalizzazione del Roslindale dice che il tipo di carattere è ispirato al De Vinne di Gustav Schroeder e Nicholas Werner.
Se cerchiamo su Identifont però troviamo due progetti completamente diversi: il DeVinne di Werner è un font decorativo, neretto e dai tratti onduati (l’ultima gamba di m-n-h scende sotto la linea di base). Il De Vinne di Schroeder (datato dieci anni prima, 1890) è invece un carattere “moderno” (con tratti più spessi alternati a tratti sottili, simile al Modern No.20 diffuso oggi insieme col software Microsoft), dove però la R ha la coda che si arriccia in alto, la M ha i fianchi paralleli, la C ha la grazia orientata in verticale.
E allora a che si ispira il Roslindale? Ad un altro font, probabilmente, sempre disegnato da Schroeder (1892): quello che oggi è conosciuto col nome di Romana.
Non si tratta dello stesso font, anzi: le differenze sono molte. Ma alcune delle scelte di base sono le stesse.
Un confronto tra Romana e Roslindale Text si può fare al volo grazie all’apposito strumento di Identifont: cambia l’altezza della x, la cura con cui le aste verticali si raccordano coi tratti orizzontali e il contrasto tra tratti spessi e tratti sottili (che è minore nel Roslindale). Ma alcune scelte sono senza dubbio simili (C-G-M-R).

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