Macchina da scrivere Hammond
Wikipedia in inglese ha solo una riga e mezza dedicata alla macchina da scrivere Hammond. Solo due frasi: un per dire che venne prodotta dal 1881, l’altra per dire che i caratteri usati erano disponibili anche presso la Inland Type Foundry. Vicino all’articolo, una foto della macchina in questione, che tutto sembra tranne una macchina da scrivere: i tasti sono messi a semicerchio, e davanti al rullo per il foglio c’è uno strano baldacchino fatto di tanti elementi verticali.
A giudicare da quello che si vede su Youtube esistono vari modelli di macchine da scrivere Hammond, prodotti almeno fino a ridosso degli anni 20.
Qualche inquadratura del meccanismo in funzione si può vedere in un filmato caricato su Youtube da Typewriter Passion, con un buon montaggio e musichetta di sottofondo. Però non si capisce bene il funzionamento del meccanismo, nonostante una inquadratura dall’alto del cilindro in cui dovrebbero trovarsi i caratteri.
La macchina che viene provata nel video non ha il nastro con l’inchiostro, a quanto mi pare di capire. Ma non ha neanche il meccanismo che divenne consueto in seguito e che permetteva di scoprire completamente il foglio in corrispondenza della parola che era stata appena scritta. Comunque, il foglio era disposto in maniera frontale rispetto alla persona che la usava. Almeno l’intestazione si poteva vedere.
Un filmato di un certo Richard mostra un modello diverso di macchina Hammond, che non si sa a che anno risale, ma che ha sempre la tastiera curva, seppure composta di tasti moderni e non di blocchetti di legno.
Qui non c’è il montaggio, né la musichetta, ma una inquadratura fissa dall’alto, che mostra l’utente che scrive e che cambia qualche impostazione, ma non c’è nessuna voce o didascalia che spieghi cosa sta succedendo.
Ventuno secondi di video sono stati pubblicati da un utente italiano, con un’inquadratura di un modello del 1893, immobile nella teca di un museo che non si sa quale sia.
Montaggio e musichetta sono invece in un altro video di Typewriter Passion, stavolta incentrato su un modello del 1913, con tanto di scatola in legno e nome della marca in lettere gotiche.
I tasti sono alquanto insoliti, secondo i nostri criteri, perché ognuno ospita anche un simbolo, oltre alla lettera corrispondente: in una tastiera di tipo qwerty, la Q vale anche per il numero 1, la W per il 2 e così via. La A vale anche per il doppio apice, la D per il simbolo del dollaro, la F per il simbolo della percentuale. Sulla sinistra ci sono due tasti: uno con scritto Cap, evidentemente per passare dalle maiuscole alle minuscole, l’altro con scritto Fig, per il simbolo alternativo. Tutti i tasti sono metallici e rotondi, con un’etichetta beige su cui compare la lettera corrispondente e a fianco il simbolo, solo leggermente in dimensione inferiore. Il che rende tutto di difficile lettura, per chi deve digitare un testo, visto che i tasti risultano essere: Z@, Xx, C+, V£ e così via.
Era anche standard il simbolo del centesimo (una c barrata in obliquo) in corrispondenza della lettera B (simbolo che in epoca informatica cadde in disuso).
Se la tastiera non è tanto caratteristica, visto che non è curva ma composta da tre file di tasti disposti in linea retta, il baldacchino di elementi verticali che va a coprire il foglio invece è sempre quello.
In questo caso, all’incirca al minuto 3 del filmato, è possibile vedere cosa c’è all’interno, perché l’operatore a un certo punto estrae un cilindro e lo gira di 180 gradi. Dovrebbe essere quello che noi diremmo “cambiare font”. Ossia è possibile che sul cilindro ci fossero due set di caratteri tra i quali si poteva variare in un attimo.
Le singole lettere non erano indipendenti l’una dall’altra, come nelle macchine da scrivere più comuni, ma si trovavano in rilievo sul bordo del cilindro, mi pare di capire in tre file (maiuscole, minuscole e simboli). Certo, sarebbe stato interessante un filmato alla Piero Angela, in cui qualcuno spiegasse con parole semplici il meccanismo, ma ahimé un filmato del genere non c’è, o almeno non è in evidenza.
Su Office Museum la data fornita per il primo modello è quella del 1884, quando la Hammond No.1 partecipò all’esposizione di New Orleans in competizione con Remington e Calligraph e vinse la medaglia d’oro.
Il sito spiega (in inglese) il funzionamento del meccanismo: alla pressione di un tasto, il cilindro ruota di un certo angolo, così che la lettera desiderata sia posizionata di fronte alla carta. Un martello che si trova dietro la carta si muove in avanti, e da dietro spinge la carta contro il nastro inchiostrato e il carattere.
Volendo cambiare il font o la lingua, non era l’intero cilindro ad essere sostituito, ma i singoli pezzi, che il sito chiama shuttle, e che sarebbero dei pezzi metallici di forma ricurva che andavano a combaciare con una delle facciate del cilindro. Sul sito c’è una foto, in cui si vede uno di questi oggetti, con le forme delle lettere in rilievo e un buco che evidentemente serviva per fissarlo. Potendo ruotare il cilindro, era possibile passare con un gesto da uno all’altro dei font “installati” nella macchina. Per installarne un altro invece bisognava smontare uno dei due shuttle e immagino fosse un’operazione più laboriosa.
Secondo il sito, l’ultima Hammond venne prodotta nel 1927, ma macchine basate su quel disegno vennero prodotte con il nome Varityper da quel momento in poi fino agli anni Settanta. Le Varityper però non venivano vendute come normali macchine da ufficio, ma come strumenti per uso professionale per esigenze diverse (nel corso del tempo aggiunsero anche la possibilità di giustificare il testo e variare lo spazio tra le lettere e tra le righe).
Nel filmato sulla Hammond del 1913 vengono scritte le parole Typewriter Passion prima a caratteri normali, e subito dopo a caratteri calligrafici addirittura, che è una cosa che uno non si aspetta da una macchina da scrivere (anche in questo caso si trattava di caratteri monospace, ovviamente, e ovviamente erano della stessa identica larghezza dei caratteri normali, visto che il meccanismo di avanzamento della carta era fisso).
A giudicare da quello che si vede su Youtube esistono vari modelli di macchine da scrivere Hammond, prodotti almeno fino a ridosso degli anni 20.
Qualche inquadratura del meccanismo in funzione si può vedere in un filmato caricato su Youtube da Typewriter Passion, con un buon montaggio e musichetta di sottofondo. Però non si capisce bene il funzionamento del meccanismo, nonostante una inquadratura dall’alto del cilindro in cui dovrebbero trovarsi i caratteri.
La macchina che viene provata nel video non ha il nastro con l’inchiostro, a quanto mi pare di capire. Ma non ha neanche il meccanismo che divenne consueto in seguito e che permetteva di scoprire completamente il foglio in corrispondenza della parola che era stata appena scritta. Comunque, il foglio era disposto in maniera frontale rispetto alla persona che la usava. Almeno l’intestazione si poteva vedere.
Un filmato di un certo Richard mostra un modello diverso di macchina Hammond, che non si sa a che anno risale, ma che ha sempre la tastiera curva, seppure composta di tasti moderni e non di blocchetti di legno.
Qui non c’è il montaggio, né la musichetta, ma una inquadratura fissa dall’alto, che mostra l’utente che scrive e che cambia qualche impostazione, ma non c’è nessuna voce o didascalia che spieghi cosa sta succedendo.
Ventuno secondi di video sono stati pubblicati da un utente italiano, con un’inquadratura di un modello del 1893, immobile nella teca di un museo che non si sa quale sia.
Montaggio e musichetta sono invece in un altro video di Typewriter Passion, stavolta incentrato su un modello del 1913, con tanto di scatola in legno e nome della marca in lettere gotiche.
I tasti sono alquanto insoliti, secondo i nostri criteri, perché ognuno ospita anche un simbolo, oltre alla lettera corrispondente: in una tastiera di tipo qwerty, la Q vale anche per il numero 1, la W per il 2 e così via. La A vale anche per il doppio apice, la D per il simbolo del dollaro, la F per il simbolo della percentuale. Sulla sinistra ci sono due tasti: uno con scritto Cap, evidentemente per passare dalle maiuscole alle minuscole, l’altro con scritto Fig, per il simbolo alternativo. Tutti i tasti sono metallici e rotondi, con un’etichetta beige su cui compare la lettera corrispondente e a fianco il simbolo, solo leggermente in dimensione inferiore. Il che rende tutto di difficile lettura, per chi deve digitare un testo, visto che i tasti risultano essere: Z@, Xx, C+, V£ e così via.
Era anche standard il simbolo del centesimo (una c barrata in obliquo) in corrispondenza della lettera B (simbolo che in epoca informatica cadde in disuso).
Se la tastiera non è tanto caratteristica, visto che non è curva ma composta da tre file di tasti disposti in linea retta, il baldacchino di elementi verticali che va a coprire il foglio invece è sempre quello.
In questo caso, all’incirca al minuto 3 del filmato, è possibile vedere cosa c’è all’interno, perché l’operatore a un certo punto estrae un cilindro e lo gira di 180 gradi. Dovrebbe essere quello che noi diremmo “cambiare font”. Ossia è possibile che sul cilindro ci fossero due set di caratteri tra i quali si poteva variare in un attimo.
Le singole lettere non erano indipendenti l’una dall’altra, come nelle macchine da scrivere più comuni, ma si trovavano in rilievo sul bordo del cilindro, mi pare di capire in tre file (maiuscole, minuscole e simboli). Certo, sarebbe stato interessante un filmato alla Piero Angela, in cui qualcuno spiegasse con parole semplici il meccanismo, ma ahimé un filmato del genere non c’è, o almeno non è in evidenza.
Su Office Museum la data fornita per il primo modello è quella del 1884, quando la Hammond No.1 partecipò all’esposizione di New Orleans in competizione con Remington e Calligraph e vinse la medaglia d’oro.
Il sito spiega (in inglese) il funzionamento del meccanismo: alla pressione di un tasto, il cilindro ruota di un certo angolo, così che la lettera desiderata sia posizionata di fronte alla carta. Un martello che si trova dietro la carta si muove in avanti, e da dietro spinge la carta contro il nastro inchiostrato e il carattere.
Volendo cambiare il font o la lingua, non era l’intero cilindro ad essere sostituito, ma i singoli pezzi, che il sito chiama shuttle, e che sarebbero dei pezzi metallici di forma ricurva che andavano a combaciare con una delle facciate del cilindro. Sul sito c’è una foto, in cui si vede uno di questi oggetti, con le forme delle lettere in rilievo e un buco che evidentemente serviva per fissarlo. Potendo ruotare il cilindro, era possibile passare con un gesto da uno all’altro dei font “installati” nella macchina. Per installarne un altro invece bisognava smontare uno dei due shuttle e immagino fosse un’operazione più laboriosa.
Secondo il sito, l’ultima Hammond venne prodotta nel 1927, ma macchine basate su quel disegno vennero prodotte con il nome Varityper da quel momento in poi fino agli anni Settanta. Le Varityper però non venivano vendute come normali macchine da ufficio, ma come strumenti per uso professionale per esigenze diverse (nel corso del tempo aggiunsero anche la possibilità di giustificare il testo e variare lo spazio tra le lettere e tra le righe).
Nel filmato sulla Hammond del 1913 vengono scritte le parole Typewriter Passion prima a caratteri normali, e subito dopo a caratteri calligrafici addirittura, che è una cosa che uno non si aspetta da una macchina da scrivere (anche in questo caso si trattava di caratteri monospace, ovviamente, e ovviamente erano della stessa identica larghezza dei caratteri normali, visto che il meccanismo di avanzamento della carta era fisso).
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