Come nasce una banconota

Un filmato realizzato da Superquark per Rai Uno sul tema della stampa delle banconote è stato pubblicato su Youtube da un account chiamato “Banca d’Italia – Eurosistema”. Nel filmato si vede Alberto Angela che entra nell’edificio in cui vengono stampate le banconote. Il cartello dice Centro Guido Carli, a quanto pare si trova sulla Tuscolana.
Le misure di sicurezza sono così delicate che alla troupe non è stato permesso di filmarle né di parlarne. Si vedono solo sbarre e tornelli. (Mi pare che l’indirizzo esatto non sia segnato su Google Maps).
Il centro si occupa solo della stampa. La produzione di carta filigranata è compito delle cartiere. Nelle immagini si vede la scritta Fabriano: è lì che si produce il supporto, con tanto di immagini che devono vedersi in trasparenza e filo che si vede in controluce come una linea scura.
Le banconote non sono di carta semplice, ma di cotone. Il primo controllo che fa il cassiere di una banca è quello della carta, per vedere se “scrocchia”. E già questo è qualcosa di difficile da falsificare.
Le macchine stampano in automatico le banconote col metodo offset. Basta un solo passaggio per stampare entrambi i lati della banconota, usando più inchiostri. Il lato posteriore a questo punto è quasi completo, mentre su quello anteriore mancano ancora parecchie cose. Servono 10 giorni di attesa per far asciugare l’inchiostro, poi vengono sottoposte ad un’altra fase di stampa col metodo della serigrafia.
Con questo metodo vengono impresse sulla banconota le cifre che ne indicano il valore, con inchiostro cangiante (che appare di un colore diverso a seconda dell’angolo da cui lo si guarda).
Poi si aggiunge l’ologramma, che viene attaccato alla banconota usando calore e forte pressione.
A questo punto si è solo a metà percorso. Il metodo della calcografia viene applicato per ottenere quelle scritte che devono risultare in rilievo, quelle che poi sarà percepibile al tatto. Non si tratta solo di lettere dell’alfabeto, ma anche del disegno (elementi architettonici, visto che sugli euro non ci sono facce di persone o altro).
Anche qui bisogna attendere vari giorni che si asciughi l’inchiostro.
A questo punto mancano soltanto i numeri di serie, che ovviamente devono essere impressi con un sistema computerizzato che cambi le cifre per ciascuna banconota (anche qui viene usato un inchiostro speciale, ma solo per uno dei due codici identici che vengono stampati su ciascuna banconota).
Quando la stampa è finita, non è ancora finito il lavoro. Perché tutto questo procedimento avviene senza tagliare il grande foglio iniziale. Nelle immagine si vedono fogli di composti da 8 righe per 5 colonne di banconote da 50 euro. Cioè 40 per 50 = duemila euro per ogni foglio. Non c’è da stupirsi che in tutto questo processo i fogli vengono contati più e più volte in automatico: lo smarrimento di un solo foglio può costituire un danno notevole.
La verifica delle banconote dopo il taglio viene fatta da macchine in grado di esaminarne 40 al secondo.
Anche lo smistamento in scatole viene fatto in automatico dai robot, come prima il processo di taglio. Molti dei compiti che fino a qualche decennio fa venivano svolti a mano ora sono stati automatizzati.
Addirittura il magazzino in cui vengono ammassati i pacchi si trova dietro una grata oltre la quale non sono ammesse persone. Lavorano soltanto dei muletti automatici.
La Banca d’Italia ha anche allestito all’interno dello stabilimento un museo della banconota. Peccato che, per esigenze di sicurezza dello stabilimento, non è aperto al pubblico ma solo a “esperti e cultori della materia”, e solo su appuntamento. Alberto Angela è ammesso a visitarlo, e ne approfitta per spiegare i trucchi per riconoscere le banconote autentiche. Una curiosità: tra i vari falsi d’epoca esposti, ce n’è uno che era stato realizzato ad acquerello, visivamente identico all’originale. Il falsario dipingeva una banconota da centomila lire al mese, tranne a dicembre, quando ne dipingeva due.

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