Directory Tape Processor
Compugraphic era un’azienda fondata nel 1960 e scomparsa nel 1988 (venne assorbita dalla Agfa). Produceva apparecchiature per la fotocomposizione. Completamente sconosciuta all’enciclopedia online al di fuori della lingua inglese. Il suo primo prodotto, dice l’articolo, fu il Dtp, Directory Tape Processor, “una macchina elettromeccanica, delle dimensioni di un piccolo frigorifero, e venduta agli editori di elenchi telefonici”.
Volevo vedere una foto dell’apparecchio, ma in tutto il web sembra che non ci sia niente.
Sul sito dell’Università del Texas del Nord ci sono alcune pagine di un documento d’epoca, (1967), con un paragrafo dedicato ai “computer usati per la tipografia”.
Si parla dell’uso di computer specificamente progettati per automatizzare funzioni di composizione, (il successivo parla che della possibilità di adattare allo scopo computer generici). Che avevano bisogno di due nastri, entrambi magnetici o di carta perforata, oppure uno di un tipo e uno dell’altro per eseguire le operazioni di input e output. Talvolta il codice d’ingresso o di uscita con coincideva con quello di funzionamento interno del computer, per cui era necessario automatizzarne la conversione.
L’obiettivo di tutta l’operazione era svolgere lavori ardui e ripetitivi di giustificazione delle righe e inserire controlli di formattazione, o eseguire controllo di sillabazione automatico o semi-automatico, spiega il documento.
Che elenca alcuni apparecchi in uso all’epoca. Il primo è proprio il Compugraphic Directory Tape Processor, seguito da un Mergentaler-Compugraphic Linasec, dal Fairchild Graphic-Thomspson Ramo Wooldridge Comp/Set Computer, dagli Harris-Intertype-Cognitronics Editape Computer e dall’Rca 30 Newscom Computer.
La sillabazione semi-automatica doveva consistere nella visualizzazione all’operatore di tutte le parole che si sarebbero potute spezzare, con informazioni relative alla giustificazione. Era l’operatore che di volta in volta decideva dove bisognava dividere la parola.
Nella pagina successiva, il documento si sofferma proprio sull’uso del Directory Tape Processor per gli elenchi telefonici. La macchina svolgeva tre operazioni: dopo che era stato inserito il nome e il numero di telefono, calcolava il numero di puntini che dovevano separare il primo dal secondo; se nel numero di telefono comparivano delle lettere, queste dovevano essere messe in stampatello; comunque, i numeri dovevano essere impostati in grassetto.
Si aumentava la velocità di impaginazione, riducendo il numero di istruzioni da battere sulla tastiera, e si evitavano errori.
Subito dopo il documento accenna anche all’Italia, dove la Seat di Milano stava per passare all’uso del computer per la stampa degli elenchi telefonici.
Le pagine successive sono comunque interessanti: si soffermano sui computer generici usati per la tipografia, e sulle mille trappole che potevano scattare nella sillabazione. Dove esistono regole fisse, è vero, ma esiste anche la possibilità di eccezioni. Quindi i programmatori dovettero mettere a punto delle procedure per includere tabelle di eccezioni nei programmi, senza occupare eccessiva memoria, tenendo conto di velocità ed efficienza. Ed era una sfida anche questa.
Un problema poteva essere quello delle legature: all’epoca c’era un tasto apposito sulle tastiere per inserire la legature ffi. Ma come avrebbe agito il programma di sillabazione, in quel caso? Una delle idee era quella di trascrivere il testo normalmente, senza legature, e poi il computer avrebbe deciso dove inserirle, eventualmente dopo aver diviso le sillabe.
Tra gli aneddoti raccontati, anche quello di un quotidiano che aveva stampato un’intera pagina senza sillabazione, distribuendola agli addetti ai lavori per avere un parere. E nessuno commentò il fatto che mancavano gli a-capo (la pagina era comunque giustificata aggiungendo lo spazio bianco necessario tra le parole).
Il documento riportato sul sito è un rapporto di un centinaio di pagine diffuso nell’ambito del dipartimento del Commercio statunitense, National Bureau of Standards. È veramente molto dettagliato e interessante, perché descrive un mondo lontano anni luce dal nostro, o meglio, un mondo in cui le cose che noi oggi diamo per scontate venivano introdotte e discusse per la prima volta come delle novità.
E ciò di cui all’epoca discutevano solo pochi addetti ai lavori nel settore, è ora lo standard in qualsiasi casa o ufficio. O smartphone.
Volevo vedere una foto dell’apparecchio, ma in tutto il web sembra che non ci sia niente.
Sul sito dell’Università del Texas del Nord ci sono alcune pagine di un documento d’epoca, (1967), con un paragrafo dedicato ai “computer usati per la tipografia”.
Si parla dell’uso di computer specificamente progettati per automatizzare funzioni di composizione, (il successivo parla che della possibilità di adattare allo scopo computer generici). Che avevano bisogno di due nastri, entrambi magnetici o di carta perforata, oppure uno di un tipo e uno dell’altro per eseguire le operazioni di input e output. Talvolta il codice d’ingresso o di uscita con coincideva con quello di funzionamento interno del computer, per cui era necessario automatizzarne la conversione.
L’obiettivo di tutta l’operazione era svolgere lavori ardui e ripetitivi di giustificazione delle righe e inserire controlli di formattazione, o eseguire controllo di sillabazione automatico o semi-automatico, spiega il documento.
Che elenca alcuni apparecchi in uso all’epoca. Il primo è proprio il Compugraphic Directory Tape Processor, seguito da un Mergentaler-Compugraphic Linasec, dal Fairchild Graphic-Thomspson Ramo Wooldridge Comp/Set Computer, dagli Harris-Intertype-Cognitronics Editape Computer e dall’Rca 30 Newscom Computer.
La sillabazione semi-automatica doveva consistere nella visualizzazione all’operatore di tutte le parole che si sarebbero potute spezzare, con informazioni relative alla giustificazione. Era l’operatore che di volta in volta decideva dove bisognava dividere la parola.
Nella pagina successiva, il documento si sofferma proprio sull’uso del Directory Tape Processor per gli elenchi telefonici. La macchina svolgeva tre operazioni: dopo che era stato inserito il nome e il numero di telefono, calcolava il numero di puntini che dovevano separare il primo dal secondo; se nel numero di telefono comparivano delle lettere, queste dovevano essere messe in stampatello; comunque, i numeri dovevano essere impostati in grassetto.
Si aumentava la velocità di impaginazione, riducendo il numero di istruzioni da battere sulla tastiera, e si evitavano errori.
Subito dopo il documento accenna anche all’Italia, dove la Seat di Milano stava per passare all’uso del computer per la stampa degli elenchi telefonici.
Le pagine successive sono comunque interessanti: si soffermano sui computer generici usati per la tipografia, e sulle mille trappole che potevano scattare nella sillabazione. Dove esistono regole fisse, è vero, ma esiste anche la possibilità di eccezioni. Quindi i programmatori dovettero mettere a punto delle procedure per includere tabelle di eccezioni nei programmi, senza occupare eccessiva memoria, tenendo conto di velocità ed efficienza. Ed era una sfida anche questa.
Un problema poteva essere quello delle legature: all’epoca c’era un tasto apposito sulle tastiere per inserire la legature ffi. Ma come avrebbe agito il programma di sillabazione, in quel caso? Una delle idee era quella di trascrivere il testo normalmente, senza legature, e poi il computer avrebbe deciso dove inserirle, eventualmente dopo aver diviso le sillabe.
Tra gli aneddoti raccontati, anche quello di un quotidiano che aveva stampato un’intera pagina senza sillabazione, distribuendola agli addetti ai lavori per avere un parere. E nessuno commentò il fatto che mancavano gli a-capo (la pagina era comunque giustificata aggiungendo lo spazio bianco necessario tra le parole).
Il documento riportato sul sito è un rapporto di un centinaio di pagine diffuso nell’ambito del dipartimento del Commercio statunitense, National Bureau of Standards. È veramente molto dettagliato e interessante, perché descrive un mondo lontano anni luce dal nostro, o meglio, un mondo in cui le cose che noi oggi diamo per scontate venivano introdotte e discusse per la prima volta come delle novità.
E ciò di cui all’epoca discutevano solo pochi addetti ai lavori nel settore, è ora lo standard in qualsiasi casa o ufficio. O smartphone.
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