Fixture

Qualche tempo fa avevo visto la foto di un enorme manifesto, posizionato sembra sotto un ponte, a bordo strada, per la presentazione del Fixture, nuovo font di Sudtipos. C’era scritta una sola parola “Inspiration”, tutta in maiuscolo (più in piccolo nome, fonderia e indirizzo del sito).
Il colore era blu. Quello che colpiva l’attenzione era il fatto che le lettere avevano parametri completamente diversi una dall’altra (a parte l’altezza che era la stessa per tutte). La I era sottilissima. C’era una I leggermente più larga. Una N più larga e pesante. Un’altra N pesantissima. Il tutto messso in apparente disordine: anche la R era pesantissima, mentre la A era leggera e la P leggerissima. La O pesante ma stretta.
Quella foto si può ancora vedere sulla pagina di presentazione del Fixture sul sito della fonderia. Insieme ad altri specimen più omogenei: le parole scelte hanno a che vedere col mondo del jazz, spesso sono i nomi di jazzisti o delle loro band o dei loro locali.
Il Fixture, spiega la didascalia, è composto da ben 72 font, che variano sia per spessore del tratto che per larghezza delle lettere. Ogni riga della pagina è omogenea, nel senso che è composta con lettere dello stesso font, ma tra righe diverse il contrasto è enorme: a una riga contenente parole composte di lettere strette dai tratti sottili ne segue una composta da lettere larghe e dai tratti pesanti; alcune righe sono scritte normalmente, altre sono composte di sole maiuscole.
L’elenco ordinato dei vari stili presenti comprende Black, Extra Bold, Bold, Semi Bold, Medium, Regular, Light, Extra Light e Thin (nove pesi) più relativi italici (e arriviamo a diciotto), moltiplicato per le versioni Condensed, Expanded e Ultra (ma sul sito vengono elencati comunque in un certo disordine, anche se per semplificare si può acquistare l’intero pacchetto con una sola casella).
Il sito della fonderia dedica anche due righe per dire che “the Kinetic Specimen we have designed to present the Fixture Family has received a Certificate of Excellence from the Type Directors Club of New York”. Senza link, senza foto, senza spiegazioni. Almeno c’è la data, febbraio dell’anno scorso.
Scrive Devroye che la fonderia è argentina, fondata da Alejandro Paul.

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