Il corpo di Repubblica
A occhio e croce i caratteri usati sul quotidiano cartaceo La Repubblica dovrebbero essere in corpo 9 con interlinea del 15%. Vediamo come ci sono arrivato.
Ho preso una pagina del giornale di carta e un righello, e ho misurato un paragrafo lunghetto, 34 righe. L’altezza era di 123 mm. Dunque 123 diviso 34 dà come risultato 3,61 mm per riga. (Tutto questo stratagemma per misurare una riga deriva dal fatto che misurandone una alla volta l’unica cosa che si può dire è che occupa quasi quattro millimetri, mentre io volevo una stima più accurata).
Visto che il punto tipografico Postscript è di 0,352 mm circa, divido l’altezza stimata di una riga per il valore del punto è ottengo circa 10,27 punti tipografici.
È immaginabile un grafico che imposti volontariamente un numero così strano? Penso di no. Del resto è pure difficile che con tutte le approssimazioni che ho fatto, ci si discosti così tanto da un numero tondo.
Il fatto è che il risultato ottenuto non sarebbe comunque la grandezza del carattere, ma la grandezza di carattere più interlinea o, nel linguaggio moderno, dell’interlinea.
Ai tempi dei caratteri metallici, quando il tipografo aveva finito di comporre una riga aggiungeva una lamina metallica che la separava dalla riga successiva. Questa lamina aveva uno spessore, di solito si dice vicino al 20% del corpo del carattere. Insomma, per i caratteri in corpo 10 se ne poteva mettere una da due punti tipografici (più di mezzo millimetro di spessore).
La convenzione è in uso anche ora che esistono i font digitali. Se il Times New Roman venisse visualizzato senza nessuna interlinea aggiunta le righe sembrerebbero troppo attaccate una all’altra. Quindi i programmi di videoscrittura aggiungono automaticamente spazio tra una riga e l’altra. E il valore cambia a seconda delle caratteristiche del font in questione.
Torniamo a Repubblica: se le parole fossero stampate in corpo 10 occuperebbero molto più spazio in larghezza rispetto a quelle che invece vediamo sulle pagine del quotidiano. Stampandole in corpo 9 invece la larghezza sarebbe giusta. Con un 20% di interlinea si arriverebbe a 10,8 punti in altezza. Troppo. Ma se aggiungiamo solo il 15% si ottiene 10,35. Abbastanza vicino al 10,27 che ho stimato frettolosamente io.
Facciamo la prova: corpo 9 più interlinea del 15% è uguale a 10,35 punti tipografici occupati da ogni riga. (Sono misurazioni teoriche, indipendenti da qualsiasi errore di misura). Ogni punto è pari a 0,352 mm, quindi ogni riga occupa 10,35 per 0,352 uguale 3,64 (stiamo arrotondando i millesimi o i decimillesimi, roba da poco). Moltiplicato il tutto per 34 righe, il risultato ottenuto è 123,86. Insomma, i 123 millimetri che avevo misurato io all’inizio. La teoria conferma la misurazione empirica.
Domanda: tutti gli articoli sono impaginati nello stesso modo? In realtà no. A prima vista l’aspetto della pagina sembra abbastanza uniforme, ma un occhio allenato scopre che la scrittura di alcuni articoli è più fitta rispetto ad altri.
Andando a misurare col righello però viene fuori che in verticale la proporzione è la stessa: in tre centimetri ci entrano otto righe e mezza.
Però se andiamo a misurare in orizzontale la stessa parola (ho trovato “Partito”) viene fuori che in alcuni articoli occupa un millimetro in meno che in altri.
Che ne concludiamo? Che esiste una versione condensata dello stesso font (o viene condensato elettronicamente? Magari gli esperti sanno distinguere...) che viene usata solo in alcuni articoli. Anche se il testo sembra più fitto, il corpo resta comunque lo stesso.
Ciò non toglie che non è vietato scrivere articoli in dimensione diversa. In gran parte dei casi non succede, ma la rubrica L’Amaca di Michele Serra è sempre stampata in corpo superiore rispetto agli altri articoli presenti sul quotidiano. Anzi, quelle volte che il giornalista è più stringato del solito, siccome lo spazio dedicato alla sua colonna è sempre lo stesso, viene impaginato in un corpo molto, molto superiore agli altri articoli, tanto che anche i non addetti ai lavori non hanno dubbi in proposito.
Una nota finale a proposito della parola interlinea. Secondo il dizionario l’interlinea era la lamina di metallo che si metteva tra una riga e l’altra. Quindi a rigor di logica quando si parlava di spessore dell’interlinea si doveva parlare dello spessore della singola lamina (esempio: due punti tipografici per un testo in corpo 10). Ma nei moderni software di desktop publishing il valore che si imposta nella casella “interlinea” è quello dell’intera riga. In Scribus c’è anche un disegnino che spiega il concetto: ci sono due righe che iniziano entrambe per T maiuscola, e l’interlinea è indicata dalle frecce come la distanza in verticale dalla base della T della riga superiore alla base della T del rigo inferiore. E, per un testo in corpo 12, è impostata automaticamente al valore di 15 punti. Insomma, il numero che compare nella casella comprende sia i punti occupati dai caratteri sia lo spazio aggiunto da quella ipotetica lamina che il dizionario chiama interlinea.
A complicare ulteriormente le cose si aggiungono i programmi di videoscrittura da ufficio, che non forniscono il valore in punti dell’interlinea, limitandosi a definirla “singola”, “doppia”, “1,5” o “proporzionale” (in percentuale). Il fatto è che anche il valore “singola” o “doppia” varia a seconda del font utilizzato: basta fare la prova e ci si rende conto che dieci righe di Times New Roman occupano in verticale molto meno di dieci righe in Papyrus, entrambe nello stesso corpo e con interlinea singola. Questo perché il software calcola l’interlinea in automatico, per semplificare al massimo il lavoro a chi non è del settore. Anche quando è possibile impostare un’interlinea fissa (cliccando col destro e cambiando l’opzione nella scheda Paragrafo) il numero di solito è impostato in centimetri, anche se il corpo del carattere è impostato in punti. E allora, per un corpo 12, quanti centimetri di interlinea bisogna mettere? È chiaro che si procede a occhio.
Anche in questo caso, comunque, per interlinea non si intende solo lo spazio aggiunto, ma il corpo + lo spazio aggiunto tra le righe. In Openoffice è impossibile impostare zero: si può scendere al massimo fino a 0,05. In questo caso però le righe vengono accatastate una sull’altra, non essendoci abbastanza spazio per visualizzare ciascuna riga. Per giunta il programma non è progettato per sovrapporre tra di loro righe diverse di uno stesso paragrafo. Risolve il problema tagliando la parte superiore delle lettere, e visualizzandone soltanto la base.
Nei programmi professionali invece è possibile avvicinare le varie righe senza perdere parti di lettera, o anche sovrapporle interamente o quasi (Scribus non può scendere al di sotto di 1 punto di interlinea).
Ho preso una pagina del giornale di carta e un righello, e ho misurato un paragrafo lunghetto, 34 righe. L’altezza era di 123 mm. Dunque 123 diviso 34 dà come risultato 3,61 mm per riga. (Tutto questo stratagemma per misurare una riga deriva dal fatto che misurandone una alla volta l’unica cosa che si può dire è che occupa quasi quattro millimetri, mentre io volevo una stima più accurata).
Visto che il punto tipografico Postscript è di 0,352 mm circa, divido l’altezza stimata di una riga per il valore del punto è ottengo circa 10,27 punti tipografici.
È immaginabile un grafico che imposti volontariamente un numero così strano? Penso di no. Del resto è pure difficile che con tutte le approssimazioni che ho fatto, ci si discosti così tanto da un numero tondo.
Il fatto è che il risultato ottenuto non sarebbe comunque la grandezza del carattere, ma la grandezza di carattere più interlinea o, nel linguaggio moderno, dell’interlinea.
Ai tempi dei caratteri metallici, quando il tipografo aveva finito di comporre una riga aggiungeva una lamina metallica che la separava dalla riga successiva. Questa lamina aveva uno spessore, di solito si dice vicino al 20% del corpo del carattere. Insomma, per i caratteri in corpo 10 se ne poteva mettere una da due punti tipografici (più di mezzo millimetro di spessore).
La convenzione è in uso anche ora che esistono i font digitali. Se il Times New Roman venisse visualizzato senza nessuna interlinea aggiunta le righe sembrerebbero troppo attaccate una all’altra. Quindi i programmi di videoscrittura aggiungono automaticamente spazio tra una riga e l’altra. E il valore cambia a seconda delle caratteristiche del font in questione.
Torniamo a Repubblica: se le parole fossero stampate in corpo 10 occuperebbero molto più spazio in larghezza rispetto a quelle che invece vediamo sulle pagine del quotidiano. Stampandole in corpo 9 invece la larghezza sarebbe giusta. Con un 20% di interlinea si arriverebbe a 10,8 punti in altezza. Troppo. Ma se aggiungiamo solo il 15% si ottiene 10,35. Abbastanza vicino al 10,27 che ho stimato frettolosamente io.
Facciamo la prova: corpo 9 più interlinea del 15% è uguale a 10,35 punti tipografici occupati da ogni riga. (Sono misurazioni teoriche, indipendenti da qualsiasi errore di misura). Ogni punto è pari a 0,352 mm, quindi ogni riga occupa 10,35 per 0,352 uguale 3,64 (stiamo arrotondando i millesimi o i decimillesimi, roba da poco). Moltiplicato il tutto per 34 righe, il risultato ottenuto è 123,86. Insomma, i 123 millimetri che avevo misurato io all’inizio. La teoria conferma la misurazione empirica.
*
Domanda: tutti gli articoli sono impaginati nello stesso modo? In realtà no. A prima vista l’aspetto della pagina sembra abbastanza uniforme, ma un occhio allenato scopre che la scrittura di alcuni articoli è più fitta rispetto ad altri.
Andando a misurare col righello però viene fuori che in verticale la proporzione è la stessa: in tre centimetri ci entrano otto righe e mezza.
Però se andiamo a misurare in orizzontale la stessa parola (ho trovato “Partito”) viene fuori che in alcuni articoli occupa un millimetro in meno che in altri.
Che ne concludiamo? Che esiste una versione condensata dello stesso font (o viene condensato elettronicamente? Magari gli esperti sanno distinguere...) che viene usata solo in alcuni articoli. Anche se il testo sembra più fitto, il corpo resta comunque lo stesso.
Il Partito cinese occupa più spazio di quello scozzese. Due diversi articoli di Repubblica. Nel primo la parola partito occupa soltanto nove millimetri, mentre nel secondo ne occupa dieci. |
Gli stessi articoli di prima, ma misurati in verticale. In entrambi i casi, 10 righe misurano 36 mm, anche se nel secondo le parole occupano meno spazio in larghezza. |
*
Nella rubrica di Serra in 35 mm ci entrano 9 righe. Corpo 9,5 + 15%? |
*
A complicare ulteriormente le cose si aggiungono i programmi di videoscrittura da ufficio, che non forniscono il valore in punti dell’interlinea, limitandosi a definirla “singola”, “doppia”, “1,5” o “proporzionale” (in percentuale). Il fatto è che anche il valore “singola” o “doppia” varia a seconda del font utilizzato: basta fare la prova e ci si rende conto che dieci righe di Times New Roman occupano in verticale molto meno di dieci righe in Papyrus, entrambe nello stesso corpo e con interlinea singola. Questo perché il software calcola l’interlinea in automatico, per semplificare al massimo il lavoro a chi non è del settore. Anche quando è possibile impostare un’interlinea fissa (cliccando col destro e cambiando l’opzione nella scheda Paragrafo) il numero di solito è impostato in centimetri, anche se il corpo del carattere è impostato in punti. E allora, per un corpo 12, quanti centimetri di interlinea bisogna mettere? È chiaro che si procede a occhio.
Anche in questo caso, comunque, per interlinea non si intende solo lo spazio aggiunto, ma il corpo + lo spazio aggiunto tra le righe. In Openoffice è impossibile impostare zero: si può scendere al massimo fino a 0,05. In questo caso però le righe vengono accatastate una sull’altra, non essendoci abbastanza spazio per visualizzare ciascuna riga. Per giunta il programma non è progettato per sovrapporre tra di loro righe diverse di uno stesso paragrafo. Risolve il problema tagliando la parte superiore delle lettere, e visualizzandone soltanto la base.
Nei programmi professionali invece è possibile avvicinare le varie righe senza perdere parti di lettera, o anche sovrapporle interamente o quasi (Scribus non può scendere al di sotto di 1 punto di interlinea).
Commenti
Posta un commento