L’Oratio Dominica di Bodoni
La prima opera di rilievo di Bodoni è l’Oratio Dominica in CLV lingus versas. A differenza del noto Manuale Tipografico, di cui si possono trovare digitalizzazioni online, è un’opera molto più nascosta, tant’è vero che spesso i siti forniscono solo una foto dell’intestazione, e mai di qualche pagina del contenuto.
In realtà sfogliare l’opera è più facile di quanto sembri: basta cercarla in Google Books, e lì sono a disposizione tutte le pagine gratuitamente.
Si tratta semplicemente della stampa del Padre nostro in 155 lingue. L’opera è nata per tenere testa ai francesi: il Papa era stato oltralpe per partecipare all’incoronazione di Napoleone, e aveva ricevuto in dono una Oratio Dominica stampata da Jean-Joseph Marcel in 150 lingue. Per smentire le voci sulla decadenza dell’Italia il Papa spronò Bodoni a realizzare un’analoga edizione più ricca. Il progetto venne portato a termine in meno di un anno, inserendoci anche caratteri Fenici, Tibetani, Etruschi, Gotici, Punici che mancavano nell’edizione francese.
L’opera venne stampata in 140 esemplari, che vennero acquistati tutti dal principe Eugenio di Beauharnais Viceré d’Italia in cambio di una pensione vitalizia di 1200 lire annue, secondo quanto scrive Valentino Romani in un documento pubblicato sul sito Bibliotecae.unibo.it, gestito dal Dipartimento di beni culturali dell’Università di Bologna.
I motori di ricerca non restituiscono neanche una pagina del libro in qualche lingua conosciuta. L’agenzia Christies ne ha messo all’asta una copia nel 2012, aggiudicandola a 2000 sterline, se ho ben capito. Sul sito pubblicava in alta definizione una pagina con (si suppone) il Padre Nostro in lingua armena, con caratteri obliqui.
L’introduzione del libro è scritta in francese, in italiano e in latino, le dediche sono pompose.
Una intestazione in italiano, maiuscolo obliquo dice: “La più santa preghiera degna come dottrina d’un Dio e qual complesso d’ogni maniera di voti di essere a tutte anteposta ora con nuovo suo tipografico intraprendimento ridotta pressoché in ogni conosciuta lingua impressa co’ caratteri proprii di ciascuna per mano sua scolpiti a suoi grandissimi e benignissimi protettori in ispontaneo volenteroso dono presenta alle imperiali altezze loro finalmente dedicandosi”, con le parole ben spaziate tra di loro e separate da un punto a mezza altezza.
La versione italiana dell’introduzione si intitola: “Giambattista Bodoni - A chi vorrà leggere”; il testo è in italico.
“Perché son d’opinione che poche e rade abbiano ad essere nel mondo erudito le persone capaci di giudicare con cognizione di causa questa mia novella produzion tipografica - scrive Bodoni a pagina XI dell’introduzione in italiano - siami qui lecito il pregar tutti in generale coloro alle cui mani essa è per giungere a non volerne decidere delle poche righe che entrano nella composizion d’ogni pagina, nella quale non si conterrà forse che un centinaio di lettere al più. Ma riflettano in vece che al cotal compimento ed alla perfezione d’ogni carattere Latino vi vogliono 450 matrici; per l’arabico 750 per Samscrudonico 1132; per l’Etiopico 550 eccetera”.
Bodoni fa anche notare che gli accenti non sono aggiunti a parte sulle lettere, ma sono incorporati nella lettera stessa “ond’è che sino a 24 volte si sono battute le matrici della vocale medesima” in lingua greca.
L’impaginazione è quella tipica associata a Bodoni: una doppia cornice di righe complesse, di diversi spessori, che lascia tantissimo spazio bianco al di fuori.
I numeri di pagina sono inseriti in una cornice che simula una placchetta metallica fissata con due chiodini.
La prima sezione riguarda le lingue asiatiche, a partire da ebraico, samaritano e caldeo, passando attraverso l’arabo, il tibetano, e tante lingue sconosciutissime dai caratteri irriconoscibili (ma anche lingue trascritte con caratteri latini) fino a pagina 74.
Una stessa lingua può ripetersi più volte, ma sempre in caratteri diversi.
La seconda parte è dedicata alle lingue europee, a partire dal greco, prima solo maiuscolo, poi minuscolo e corsivo, in dimensioni diverse, avanti per parecchie pagine.
La versione italiana è a pagina CXV (115), subito dopo quella latina. L’intestazione dice “italice”. La traduzione è leggermente diversa da quella in uso nella liturgia cattolica oggi: l’aggettivo tuo viene messo sempre in conclusione di frase “nome tuo... regno tuo... volontà tua...” mentre nella versione attuale l’aggettivo precede il nome; poi c’è la parola siccome al posto di come (“siccome noi li rimettiamo...”) ; infine c’è la conclusione “così sia” invece che “amen”. A breve ci sarà un’altra differenza, visto che dovrebbe entrare in vigore la versione secondo la quale bisogna dire “non abbandonarci alla tentazione” anziché “non ci indurre in tentazione”.
Dopo l’italiano c’è l’etrusco, che è praticamente la versione italiana trascritta in lettere etrusche scritte da destra a sinistra.
Le versioni in tedesco sono ovviamente scritte in caratteri gotici, blackletter, anche se c’è molto più spazio bianco nelle lettere e tra una lettera e l’altra rispetto ai textura dei tempi di Gutenberg.
La parte terza, a partire da pagina CXCIX (199) è dedicata alle lingue africane. La parte quarta, da pagina 215, a quelle americane, che se non sbaglio fanno tutte uso del solo alfabeto latino.
Non so in base a cosa è stato scelto l’ordine delle lingue, ma in coda al libro c’è una comoda tabella con tutti i nomi in ordine alfabetico. Attenzione, i nomi sono in latino: per trovare la lingua francese bisogna cercare “gallice”, mentre lo spagnolo “hispanice”. L’inglese è “anglice”, ed è impaginato con caratteri in stile gotico (pagina 145).
In realtà sfogliare l’opera è più facile di quanto sembri: basta cercarla in Google Books, e lì sono a disposizione tutte le pagine gratuitamente.
Si tratta semplicemente della stampa del Padre nostro in 155 lingue. L’opera è nata per tenere testa ai francesi: il Papa era stato oltralpe per partecipare all’incoronazione di Napoleone, e aveva ricevuto in dono una Oratio Dominica stampata da Jean-Joseph Marcel in 150 lingue. Per smentire le voci sulla decadenza dell’Italia il Papa spronò Bodoni a realizzare un’analoga edizione più ricca. Il progetto venne portato a termine in meno di un anno, inserendoci anche caratteri Fenici, Tibetani, Etruschi, Gotici, Punici che mancavano nell’edizione francese.
L’opera venne stampata in 140 esemplari, che vennero acquistati tutti dal principe Eugenio di Beauharnais Viceré d’Italia in cambio di una pensione vitalizia di 1200 lire annue, secondo quanto scrive Valentino Romani in un documento pubblicato sul sito Bibliotecae.unibo.it, gestito dal Dipartimento di beni culturali dell’Università di Bologna.
I motori di ricerca non restituiscono neanche una pagina del libro in qualche lingua conosciuta. L’agenzia Christies ne ha messo all’asta una copia nel 2012, aggiudicandola a 2000 sterline, se ho ben capito. Sul sito pubblicava in alta definizione una pagina con (si suppone) il Padre Nostro in lingua armena, con caratteri obliqui.
L’introduzione del libro è scritta in francese, in italiano e in latino, le dediche sono pompose.
Una intestazione in italiano, maiuscolo obliquo dice: “La più santa preghiera degna come dottrina d’un Dio e qual complesso d’ogni maniera di voti di essere a tutte anteposta ora con nuovo suo tipografico intraprendimento ridotta pressoché in ogni conosciuta lingua impressa co’ caratteri proprii di ciascuna per mano sua scolpiti a suoi grandissimi e benignissimi protettori in ispontaneo volenteroso dono presenta alle imperiali altezze loro finalmente dedicandosi”, con le parole ben spaziate tra di loro e separate da un punto a mezza altezza.
La versione italiana dell’introduzione si intitola: “Giambattista Bodoni - A chi vorrà leggere”; il testo è in italico.
“Perché son d’opinione che poche e rade abbiano ad essere nel mondo erudito le persone capaci di giudicare con cognizione di causa questa mia novella produzion tipografica - scrive Bodoni a pagina XI dell’introduzione in italiano - siami qui lecito il pregar tutti in generale coloro alle cui mani essa è per giungere a non volerne decidere delle poche righe che entrano nella composizion d’ogni pagina, nella quale non si conterrà forse che un centinaio di lettere al più. Ma riflettano in vece che al cotal compimento ed alla perfezione d’ogni carattere Latino vi vogliono 450 matrici; per l’arabico 750 per Samscrudonico 1132; per l’Etiopico 550 eccetera”.
Bodoni fa anche notare che gli accenti non sono aggiunti a parte sulle lettere, ma sono incorporati nella lettera stessa “ond’è che sino a 24 volte si sono battute le matrici della vocale medesima” in lingua greca.
L’impaginazione è quella tipica associata a Bodoni: una doppia cornice di righe complesse, di diversi spessori, che lascia tantissimo spazio bianco al di fuori.
I numeri di pagina sono inseriti in una cornice che simula una placchetta metallica fissata con due chiodini.
La prima sezione riguarda le lingue asiatiche, a partire da ebraico, samaritano e caldeo, passando attraverso l’arabo, il tibetano, e tante lingue sconosciutissime dai caratteri irriconoscibili (ma anche lingue trascritte con caratteri latini) fino a pagina 74.
Una stessa lingua può ripetersi più volte, ma sempre in caratteri diversi.
La seconda parte è dedicata alle lingue europee, a partire dal greco, prima solo maiuscolo, poi minuscolo e corsivo, in dimensioni diverse, avanti per parecchie pagine.
La versione italiana è a pagina CXV (115), subito dopo quella latina. L’intestazione dice “italice”. La traduzione è leggermente diversa da quella in uso nella liturgia cattolica oggi: l’aggettivo tuo viene messo sempre in conclusione di frase “nome tuo... regno tuo... volontà tua...” mentre nella versione attuale l’aggettivo precede il nome; poi c’è la parola siccome al posto di come (“siccome noi li rimettiamo...”) ; infine c’è la conclusione “così sia” invece che “amen”. A breve ci sarà un’altra differenza, visto che dovrebbe entrare in vigore la versione secondo la quale bisogna dire “non abbandonarci alla tentazione” anziché “non ci indurre in tentazione”.
Dopo l’italiano c’è l’etrusco, che è praticamente la versione italiana trascritta in lettere etrusche scritte da destra a sinistra.
Le versioni in tedesco sono ovviamente scritte in caratteri gotici, blackletter, anche se c’è molto più spazio bianco nelle lettere e tra una lettera e l’altra rispetto ai textura dei tempi di Gutenberg.
La parte terza, a partire da pagina CXCIX (199) è dedicata alle lingue africane. La parte quarta, da pagina 215, a quelle americane, che se non sbaglio fanno tutte uso del solo alfabeto latino.
Non so in base a cosa è stato scelto l’ordine delle lingue, ma in coda al libro c’è una comoda tabella con tutti i nomi in ordine alfabetico. Attenzione, i nomi sono in latino: per trovare la lingua francese bisogna cercare “gallice”, mentre lo spagnolo “hispanice”. L’inglese è “anglice”, ed è impaginato con caratteri in stile gotico (pagina 145).
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