Tre anni
Oggi questo blog compie tre anni. Con tutto che si tratta di un progetto personale, nato come passatempo e poco pubblicizzato, pure alcuni post hanno totalizzato visualizzazioni a quattro cifre. Al primo posto per numero di visualizzazioni c’è quello dedicato all’alfabeto segreto delle Giovani Marmotte. Un’idea divertente che era nata per la rivista Gm parecchi anni fa, e che non è stato mai convertito in font. I ragazzi scrivevano alla rivista usando quell’alfabeto segreto, che era facile da imparare e da decifrare perché ogni lettera ricordava la forma di un oggetto che iniziava per quella lettera stessa: r-ragno, t-tenda da campeggio, u-uovo, p-penna d’uccello, m-mare e così via. Un meccanismo che dovrebbe essere alla base della nascita dei veri alfabeti nei tempi antichi. All’epoca a chi si abbonava alla rivista di fumetti veniva regalato un normografo per tracciare le lettere come si deve. La cosa strana è che quando ho scritto quel post sul web non c’era la minima traccia del fatto che quell’alfabeto fosse mai esistito. C’era un altro alfabeto segreto tratto da un Manuale delle Giovani Marmotte, ma non era altrettanto divertente, perché la forma delle lettere era monotona e arbitraria.
Al secondo posto dei post più visti invece c’è quello dedicato al Wood Type Museum e alle “tipografie vecchio stile”. Un post in cui avevo accatastato le informazioni più varie, ma che ha totalizzato visualizzazioni credo perché Google lo ha associato alla pedalina, vera e propria star del film “La Banda degli Onesti” con Totò. La domanda che tutti si pongono guardando quel film è: ma Bordini e Stocchetti esiste o no? E qualche click il motore di ricerca lo ha indirizzato da questa parte. Più tardi sono tornato sul tema, sia dell’azienda sia delle pedaline in generale.
Al terzo posto c’è uno dei post che ho dedicato al cambio di carattere di Repubblica: non quello in cui commentavo la nuova veste grafica del quotidiano, ma quello che avevo scritto il giorno in cui il nuovo carattere era stato annunciato, con un confronto stampato tra il font nuovo e quello vecchio, e qualche riga di specimen delle varie versioni che erano state preparate. Repubblica annunciava un nuovo “carattere”, chiamato Eugenio dal nome del fondatore del giornale, ma in realtà più che di un tipo di carattere si tratta di una famiglia di tipi di carattere: non solo è stato messo a punto un serif per i testi e uno per i titoli, con le varie versioni corsive e grassette, ma anche un sans, o meglio vari sans perché la versione sottile che è usata per titolare gli articoli in alcune sezioni è molto diversa rispetto alla versione neretta che viene usata in altre.
Al quarto posto c’è il post dedicato all’insegna del campo di concentramento di Auschwitz. Sto sempre in dubbio se cancellarlo o no, perché in fondo chi effettua quella ricerca pensa a cose ben più serie che i dettagli delle lettere dell’alfabeto. Trovarsi su un blog tipografico potrebbe non essere ciò che si aspetta. Però ero rimasto colpito da un monumento che era stato fatto a forma di B capovolta, realizzato dopo che qualcuno aveva notato che la lettera montata sulla famosa scritta sul cancello principale in realtà non è nella posizione corretta. Può darsi che sia stato un errore di chi l’ha assemblata (non degli specialisti ma i prigionieri politici), ma l’interpretazione che ne avevano dato coloro che avevano realizzato il monumento era che potesse essere un segno di ribellione mascherata contro il nazismo.
Al quinto posto, e sta salendo molto in questi giorni, il post dedicato ai cartelli stradali. Un post abbastanza ingarbugliato, a dire la verità, visto che le informazioni che si trovano qua in Italia sono abbastanza frammentarie. Mentre in Inghilterra chi si è occupato di cartelli stradali è stato intervistato anche dalla Bbc, e quindi è noto anche al di fuori del settore tipografico, in Italia sembra che nessuno si sia posto il problema. In altri post mi sono occupato anche di segnaletica dal punto di vista grafico, mentre lì mi concentravo soprattutto sulla forma delle lettere sui cartelli che indicano le strade. Non un semplice Helvetica/Arial: il puntino sulla i è tondo, la t ha la parte superiore spiovente, l’asta della a curva verso destra.
Più giù troviamo: il post intitolato Fiat Panda, in cui cercavo il font della nuova Panda e finivo per trovare tutt’altro, i caratteri usati per tutte le pubblicità della Fiat; un post dedicato agli obeli e piedi di mosca, ovvero a certi glifi su cui da allora non ho mai più fermato l’attenzione; un post dedicato alla definizione “a vita bassa”, trovata su qualche sito in inglese per indicare le E col trattino centrale ribassato; il post dedicato al corpo del carattere, dove cercavo di spiegare perché dieci righe di Times New Roman in dimensione 12 occupano meno di dieci righe di Papyrus 12 (se la dimensione è la stessa non dovrebbero occupare lo stesso spazio in altezza?). Infine ha totalizzato parecchie visualizzazioni anche il post sul Titillium, font disegnato in Italia e scelto come standard per tutti i documenti della pubblica amministrazione. Probabilmente però ad attirare i click è lo strano disegno che ci avevo messo quando mi ero soffermato sul modo in cui i siti caricano il font, attingendolo dai server di Google invece che fornirlo in proprio. Quante informazioni arrivano a Google quando visitiamo un sito istituzionale? Non sono un esperto informatico quindi le conclusioni a cui arrivavo erano piuttosto rudimentali.
Al secondo posto dei post più visti invece c’è quello dedicato al Wood Type Museum e alle “tipografie vecchio stile”. Un post in cui avevo accatastato le informazioni più varie, ma che ha totalizzato visualizzazioni credo perché Google lo ha associato alla pedalina, vera e propria star del film “La Banda degli Onesti” con Totò. La domanda che tutti si pongono guardando quel film è: ma Bordini e Stocchetti esiste o no? E qualche click il motore di ricerca lo ha indirizzato da questa parte. Più tardi sono tornato sul tema, sia dell’azienda sia delle pedaline in generale.
Al terzo posto c’è uno dei post che ho dedicato al cambio di carattere di Repubblica: non quello in cui commentavo la nuova veste grafica del quotidiano, ma quello che avevo scritto il giorno in cui il nuovo carattere era stato annunciato, con un confronto stampato tra il font nuovo e quello vecchio, e qualche riga di specimen delle varie versioni che erano state preparate. Repubblica annunciava un nuovo “carattere”, chiamato Eugenio dal nome del fondatore del giornale, ma in realtà più che di un tipo di carattere si tratta di una famiglia di tipi di carattere: non solo è stato messo a punto un serif per i testi e uno per i titoli, con le varie versioni corsive e grassette, ma anche un sans, o meglio vari sans perché la versione sottile che è usata per titolare gli articoli in alcune sezioni è molto diversa rispetto alla versione neretta che viene usata in altre.
Al quarto posto c’è il post dedicato all’insegna del campo di concentramento di Auschwitz. Sto sempre in dubbio se cancellarlo o no, perché in fondo chi effettua quella ricerca pensa a cose ben più serie che i dettagli delle lettere dell’alfabeto. Trovarsi su un blog tipografico potrebbe non essere ciò che si aspetta. Però ero rimasto colpito da un monumento che era stato fatto a forma di B capovolta, realizzato dopo che qualcuno aveva notato che la lettera montata sulla famosa scritta sul cancello principale in realtà non è nella posizione corretta. Può darsi che sia stato un errore di chi l’ha assemblata (non degli specialisti ma i prigionieri politici), ma l’interpretazione che ne avevano dato coloro che avevano realizzato il monumento era che potesse essere un segno di ribellione mascherata contro il nazismo.
Al quinto posto, e sta salendo molto in questi giorni, il post dedicato ai cartelli stradali. Un post abbastanza ingarbugliato, a dire la verità, visto che le informazioni che si trovano qua in Italia sono abbastanza frammentarie. Mentre in Inghilterra chi si è occupato di cartelli stradali è stato intervistato anche dalla Bbc, e quindi è noto anche al di fuori del settore tipografico, in Italia sembra che nessuno si sia posto il problema. In altri post mi sono occupato anche di segnaletica dal punto di vista grafico, mentre lì mi concentravo soprattutto sulla forma delle lettere sui cartelli che indicano le strade. Non un semplice Helvetica/Arial: il puntino sulla i è tondo, la t ha la parte superiore spiovente, l’asta della a curva verso destra.
Più giù troviamo: il post intitolato Fiat Panda, in cui cercavo il font della nuova Panda e finivo per trovare tutt’altro, i caratteri usati per tutte le pubblicità della Fiat; un post dedicato agli obeli e piedi di mosca, ovvero a certi glifi su cui da allora non ho mai più fermato l’attenzione; un post dedicato alla definizione “a vita bassa”, trovata su qualche sito in inglese per indicare le E col trattino centrale ribassato; il post dedicato al corpo del carattere, dove cercavo di spiegare perché dieci righe di Times New Roman in dimensione 12 occupano meno di dieci righe di Papyrus 12 (se la dimensione è la stessa non dovrebbero occupare lo stesso spazio in altezza?). Infine ha totalizzato parecchie visualizzazioni anche il post sul Titillium, font disegnato in Italia e scelto come standard per tutti i documenti della pubblica amministrazione. Probabilmente però ad attirare i click è lo strano disegno che ci avevo messo quando mi ero soffermato sul modo in cui i siti caricano il font, attingendolo dai server di Google invece che fornirlo in proprio. Quante informazioni arrivano a Google quando visitiamo un sito istituzionale? Non sono un esperto informatico quindi le conclusioni a cui arrivavo erano piuttosto rudimentali.
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