David Carson

A quanto pare David Carson è un graphic designer molto influente. Nato nel 1955, ha diretto la rivista Ray Gun, nota per il suo stile di impaginazione fuori da qualsiasi schema. Ha spesso fatto uso di font sporchi, accatastando le lettere una sull’altra in un modo mai visto prima. Tra gli aneddoti più divertenti della sua carriera, quello in cui ha impaginato un intero articolo usando il Zapf Dingbats, un font composto soltanto di simboli. L’articolo era completamente illeggibile, e il motivo è che a lui non era piaciuto il modo in cui era stato scritto (si trattava di un’intervista al cantante inglese Bryan Ferry). Una lunga e interessante intervista in inglese a Carson si può leggere su Medium.com, e c’è anche un assaggio di alcuni lavori del personaggio in questione. Il quale dice che in un certo senso la sua battaglia l’ha vinta, perché vede riferimenti a quello che faceva lui dovunque, anche nella grafica televisiva per esempio. “Quando farò vedere alcuni dei miei primi lavori stasera agli studenti, per esempio, loro potrebbero pensare che non c’è niente di strano. Il fatto è che all’inizio degli anni 90 non c’era nulla del genere”, ha detto all’intervistatore (l’articolo risale al 2008, credo, ma è online solo da quattro anni).
Una parte dell’intervista si sofferma sul fatto che la tipografia sta cambiando, non solo ha abbandonato i vecchi schemi, ma i vecchi materiali. La gente non legge più su carta ma in digitale, niente è più definitivo perché può essere cambiato in qualsiasi momento e perfino le lettere dell’alfabeto vengono messe in discussione: non sono poi così efficienti se devono essere integrate con delle emoticones nel’'uso che se ne fa sul web.
Carson tra le altre cose è anche apparso nel documentario intitolato Helvetica. In coda all’articolo c’è una citazione fuori contesto nella quale si dice che ha disegnato un poster per il film, impaginandolo in Franklin Gothic.
L’immagine scelta per introdurre l’articolo è un desktop sovraffollato di icone in disordine. A quanto pare anche la conferenza che venne fatta dopo l’intervista fu parecchio disordinata, non rispettando i tempi, e con immagini che saltavano fuori quando non era il loro momento. Nulla a che vedere con una ordinata presentazione in Powerpoint.
Una trattazione un po’ più specialistica si può trovare sul sito Aeqai, in un articolo che parte dal Bauhaus per arrivare alla rivista Emigre, passando attraverso i lavori di Neville Brody e appunto David Carson. Tra le immagini, proprio l’articolo impaginato in Zapf Dingbats (nel testo però si dice che la rivista forniva anche una versione leggibile dell’articolo, per chi fosse interessato).
Il lavoro di Brody pure è importante, su questo percorso: la sua attività risale agli anni Ottanta, e risente di un approccio pittorico.
Carson ha un sito web ufficiale, che come previsto è progettato per spiazzare il visitatore. Le immagini scorrono in orizzontale anziché in verticale.
Il poster sul film Helvetica di cui si parlava sopra dovrebbe essere quello che si vede sul sito Designlectur (notare la g di Gary Hustwit che è a doppio livello, a differenza di quella dell’Helvetica).

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