Font costruttivisti
Il costruttivismo è una corrente artistica nata in Russia prima della rivoluzione del 1917. Rifiutava il culto dell’arte per l’arte ma credeva che l’arte dovesse essere diretta verso scopi sociali. Influenzò vari campi, tra i quali quello tipografico. I font considerati costruttivisti tendono ad essere composti soltanto di linee rette. In effetti non ho trovato sul web una definizione precisa di quali requisiti deve avere un carattere per essere considerato costruttivista.
Su FontShop c’è un elenco di caratteri ispirati alle forme “forti e quadrate” che andavano di moda in Russia nella prima metà del Novecento. Chiaramente sui manifesti russi comparivano le lettere dell’alfabeto cirillico, ma le stesse regole possono essere applicate anche all’alfabeto latino che usiamo noi.
Sul sito di Linotype c’è un articolo con qualche informazione teorica, parecchi nomi e anche qualche specimen d’epoca. Però nella tabella dedicata ai “related products” ci finisce solo qualcosa che ha a che fare col Bauhaus o perfino l’Avant Gard Gothic che apparentemente non c’entra proprio niente.
Fonts In Use raccoglie in un unica pagina tutti i post in cui è usato il tag Constructivist. Ci sono font composti di linee rette (Nielot o Itc Stenberg), ma anche Akzidenz Grotesk e Century Gothic.
Sul sito di Devroye si possono trovare parecchie fonti di ispirazione, ma poca teoria riordinata.
Su MyFonts il tag Constructivist è usato in oltre un centinaio di font: alcuni sono squadrati (Shard, Mayak, Distill), altri hanno un aspetto più consueto (Veneer Clean o Noticia).
A volte i motori di ricerca dirottano chi cerca i font costruttivisti verso quelli con l’aspetto straniero su Dafont, dove c’è un’apposita categoria chiamata Russian. I più scaricati oggi sono Chernobyl (sporco), Molot (lati rettilinei ma raccordi arrotondati) e Kremlin (dove la R è voltata all’indietro come la lettera russa che si pronuncia ya).
Su FontSpace solo una manciata di font è taggata Constructivist, tra cui Konstruktor e Red October (dello stesso autore, tutti composti di linee rette), o il pesantissimo GrubaBerta, che è in uno stile completamente diverso.
Cercando con i motori di ricerca di immagini le parole “constructivist poster” vengono fuori numerosi risultati che rendono un’idea di quale era lo stile in questione. Non necessariamente i font usati erano squadrati. L’esempio più famoso tra quelli che compaiono tra i risultati è probabilmente quello della donna che grida qualcosa, con una scritta che le viene posta davanti alla bocca e che si allarga come fosse un megafono.
Il poster in questione è del 1924, e l’autore è Aleksandr Rodchenko.
Un bell’articolo in italiano che ne parla si trova sul sito di Piccole Note (appoggiato sul server de Il Giornale). La scritta davanti alla bocca della donna dice “Libri!”. Il lavoro venne commissionato dalla casa editrice Gosizdat di Mosca. La donna che compare nella foto era Lilya Brick, compagna di del poeta Majakovskij, che Rodchenko fece mettere in posa proprio per realizzare il manifesto in questione.
Su Google Fonts c’è il Bungee che ha un’aria abbastanza costruttivista (è disponibile anche in versione inline, outline, hairline e shade), anche se il disegnatore è americano e non fa nessun riferimento a questa corrente e lo ha progettato per altri usi. Lo Stalinist One invece, che è dotato anche di lettere minuscole, già dal nome tradisce le sue influenze.
Su FontShop c’è un elenco di caratteri ispirati alle forme “forti e quadrate” che andavano di moda in Russia nella prima metà del Novecento. Chiaramente sui manifesti russi comparivano le lettere dell’alfabeto cirillico, ma le stesse regole possono essere applicate anche all’alfabeto latino che usiamo noi.
Sul sito di Linotype c’è un articolo con qualche informazione teorica, parecchi nomi e anche qualche specimen d’epoca. Però nella tabella dedicata ai “related products” ci finisce solo qualcosa che ha a che fare col Bauhaus o perfino l’Avant Gard Gothic che apparentemente non c’entra proprio niente.
Fonts In Use raccoglie in un unica pagina tutti i post in cui è usato il tag Constructivist. Ci sono font composti di linee rette (Nielot o Itc Stenberg), ma anche Akzidenz Grotesk e Century Gothic.
Sul sito di Devroye si possono trovare parecchie fonti di ispirazione, ma poca teoria riordinata.
Su MyFonts il tag Constructivist è usato in oltre un centinaio di font: alcuni sono squadrati (Shard, Mayak, Distill), altri hanno un aspetto più consueto (Veneer Clean o Noticia).
A volte i motori di ricerca dirottano chi cerca i font costruttivisti verso quelli con l’aspetto straniero su Dafont, dove c’è un’apposita categoria chiamata Russian. I più scaricati oggi sono Chernobyl (sporco), Molot (lati rettilinei ma raccordi arrotondati) e Kremlin (dove la R è voltata all’indietro come la lettera russa che si pronuncia ya).
Su FontSpace solo una manciata di font è taggata Constructivist, tra cui Konstruktor e Red October (dello stesso autore, tutti composti di linee rette), o il pesantissimo GrubaBerta, che è in uno stile completamente diverso.
Cercando con i motori di ricerca di immagini le parole “constructivist poster” vengono fuori numerosi risultati che rendono un’idea di quale era lo stile in questione. Non necessariamente i font usati erano squadrati. L’esempio più famoso tra quelli che compaiono tra i risultati è probabilmente quello della donna che grida qualcosa, con una scritta che le viene posta davanti alla bocca e che si allarga come fosse un megafono.
Il poster in questione è del 1924, e l’autore è Aleksandr Rodchenko.
Un bell’articolo in italiano che ne parla si trova sul sito di Piccole Note (appoggiato sul server de Il Giornale). La scritta davanti alla bocca della donna dice “Libri!”. Il lavoro venne commissionato dalla casa editrice Gosizdat di Mosca. La donna che compare nella foto era Lilya Brick, compagna di del poeta Majakovskij, che Rodchenko fece mettere in posa proprio per realizzare il manifesto in questione.
Su Google Fonts c’è il Bungee che ha un’aria abbastanza costruttivista (è disponibile anche in versione inline, outline, hairline e shade), anche se il disegnatore è americano e non fa nessun riferimento a questa corrente e lo ha progettato per altri usi. Lo Stalinist One invece, che è dotato anche di lettere minuscole, già dal nome tradisce le sue influenze.
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