Fontsite

Oggi il sito americano Phoenix New Times titola “20 domande sulle mascherine”. E siccome è scritto tutto in maiuscolo, risalta una Q come quella dell’Avant Garde. Però il codice dice che si tratta di un Avalon Web.
Identifont conosce un paio di Avalon che non hanno nulla a che vedere con questo.
Il font è in vari formati tra cui ttf. Vado a sbirciare nel file e ci trovo una nota di copyright intestata a FontSite.Inc, 1996-2013 (www.fontsite.com).
Non mi era mai capitato il nome di questo sito. Vado a dare un’occhiata e trovo un’impaginazione semplice e ordinata, con delle scarne anteprime dei vari font disponibili e relativi prezzi (tutti intorno ai 10 euro). L’Avalon fa parte della lista che compare in home page (sort by: featured), insieme ad Urbano, CartoGothic, Foundation, Function (sans), Bergamo (serif), e agli arcinoti Alternate Gothic, Franklin Gothic, Clarendon, Cooper Black, Bodoni, Baskerville, New Gothic.
Molti portano la sigla Fs, quindi presumibilmente sono prodotti in proprio.
Interessante anche la classificazione che si può vedere sulla sinistra. Mentre Google riduce tutto a cinque categorie e Myfonts a sei, e mentre altri siti puntano più sui caratteri fantasia o sui tag, qui abbiamo una divisione gerarchica abbastanza dettagliata. Si comincia con i Blackletter, seguiti dai Decorative & Display, con sottocategoria Grunge, poi ci sono i sans-serif con le due sottocategorie Humanist e Mono. Vengono poi gli Script.
I Serif hanno il maggior numero di sottocategorie: Slab, Modern, Glyphic, Decorative, e poi Didone, Garalde, Garalde Oldstyle, Slab Humanist, Slab Mono, Transitional e Venetian.
Come si vede è qualcosa che ha a che vedere con la storia della tipografia, più che con le esigenze dei possibili clienti. Qualcuno che non ha studiato il settore e ha bisogno di un font per un sito o un opuscolo lo sa quale è la differenza tra Venetian e Garalde? O tra Modern e Transitional? È più una cosa da addetti ai lavori. Ma come idea non è male.
Visto che ci sto, do un’occhiata alla categoria Venetian: ci troviamo i nomi di Goudy e di Jenson, i font Sondrio e University Oldstyle e un Istria con grazie molto spesse e un terrazzo sulla cima della A che è abbastanza raro (a parte slab tipo il Rockwell).
Cinque famiglie in tutto in questa categoria.
In Garalde ce ne sono solo due Amsterdamer Garamont e Pierpont, probabilmente inadatti al web.
Nella categoria Didone ci troviamo vari Bodoni, un Century, e un altro dal nome italiano, Ferrara.
In Modern c’è solo il Century Schoolbook.
I Blackletter sono ben sette. Si va dall’Engravers Old English Fs (alternativa al normale Old English) a qualcosa di più raro come l’American Text, il Gotisch Fs e il Roundgotisch, ma c’è anche qualcosa di più tedesco: l’Alte Schwabacher, il Fraktur e il Walbaum Fraktur.
Nella categoria Decorative ci sono Belwe e Bernhard, tra gli altri.
Insomma, in un modo o nell’altro hanno attinto a tutti i classici della tipografia.
Nella categoria Display i Bestselling sono Publicity, Gold Rush e Erbar Deco, ma più giù si riconosce lo Scott, che non è altro che l’italiano Stop sotto falso nome.
Il Crossharbour mi pare derivato dal Koloss di Erbar.
Il meno venduto sarebbe il Winona, che penso abbia le radici in qualcosa risalente all’art nuveau.
Devroye dedica una pagina al sito, parlando di un cd con 500 font classici a solo 30 dollari che lascia molto da pensare, e infatti più avanti accenna al rip-off, ossia al fatto che molti dei font presenti su FontSite sarebbero identici a quelli della Martin Kotulla’s collection.
Di quest’ultima Devroye parla in un altro articolo: Kotulla vendeva 5000 font a 60 euro, approfittando forse di controversie relative al copyright. A quanto pare secondo le leggi tedesche questo durerebbe 25 anni, quindi nel cd sono stati inseriti soltanto font con forme risalenti al periodo precedente. Bisogna vedere che tipo di lavoro di digitalizzazione è stato fatto, o se si è sfruttato semplicemente il lavoro altrui senza dare nessun contributo.

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