Modo italiano su Tecendil
L’aggiornamento è del 30 marzo, ma si tratta ancora dell’ultima novità dal sito Tecendil: è disponibile il supporto per la lingua italiana realizzato da un certo Guido Laudenzi.
Tecendil è un sito nato per traslitterare un testo usando le lettere inventate da Tolkien per la sua saga del Signore degli Anelli, le cosiddette tengwar. Com’è noto, l’alfabeto inventato dallo scrittore non ha una corrispondenza diretta con le lettere latine, perché tiene conto di caratteristiche fonetiche del linguaggio e di convenzioni diverse che i popoli immaginari della terra di mezzo avevano adottato. Ad esempio alcuni hanno delle lettere a parte ad indicare le vocali (come noi), mentre altri hanno solo dei segni da apporre sulla consonante precedente o successiva (popoli diversi si regolano in maniera diversa a seconda delle caratteristiche della loro lingua).
L’aspetto fonetico che rende impossibile una corrispondenza univoca col nostro alfabeto riguarda il fatto che ogni lettera ideata da Tolkien non corrisponde ad una lettera latina, ma ad un suono. In italiano si usa la stessa lettera, la c, sia per indicare il suono dolce che c’è nella parola “ciao” sia il suono duro che c’è nella parola “calo”. Nell’alfabeto di Tolkien visto che questi sono suoni diversi vengono rappresentati con segni diversi.
Non è possibile creare un font in grado di traslitterare in automatico un testo usando le regole ideate da Tolkien. O meglio, si potrebbe farlo sfruttando le legature (associare ca-co-cu a un certo glifo e ce-ci ad un altro) e qualcuno ci ha provato in effetti. Però c’è la controindicazione che un font creato in questo modo sarebbe adatto ad un solo modo (cioè ad un solo insieme di lingue: in italiano si mette la h nella parola che per indicare il suono duro, mentre in altre lingue la h indica che bisogna usare il suono morbido. In inglese se non ci fosse l’h la c suonerebbe come una s, in questo caso.).
Invece è nata una convenzione per cui le lettere di Tolkien vengono associate in maniera arbitraria alle lettere latine (sovrapponendo la tabella ideata dallo scrittore ai tasti sulla tastiera di un computer ruotata di novanta gradi). A meno di non ricordare a memoria la posizione di ogni singolo glifo, tradizionalmente c’era bisogno di una macro che traslitterasse il testo scritto in lettere latine, oppure di un programma da scaricare e installare.
Col sito Tecendil invece non c’è bisogno di installare nulla: non solo è possibile selezionare tra vari font diversi, ma anche tra varie modalità diverse. Il risultato viene visualizzato nel browser già mentre si digita, e può essere scaricato premendo l’apposito tasto.
Finora erano disponibili solo le modalità tradizionali dei vari popoli della Terra di Mezzo, l’inglese e lo spagnolo. Ma ora ecco che è stato aggiunto l’italiano.
Una caratteristica del sito è che digitando una parola permette con un semplice clic di traslitterare istantaneamente l’intero articolo di Wikipedia che parla di quell’argomento, in maniera tale da potersi esercitare nella lettura di un testo complesso. All’inizio l’impresa sembra impossibile, ma con un po’ di esercizio si può arrivare a leggere in maniera fluida.
In lingue come l’inglese, in cui molte parole finiscono per consonante, la convenzione è quella di apporre il segno della vocale sulla consonante successiva. In spagnolo e in italiano il segno della vocale viene messo sulla consonante precedente. Quindi la lettura procede così: prima si interpreta la consonante, poi la si combina col segno sovrastante (un accento o puntino o tratto arricciato).
Nel modo italiano sono state inserite anche le convenzioni sul raddoppio delle lettere (sottolineatura della consonante da raddoppiare) e sugli accoppiamenti di n e m con altre consonanti (nt, mp, ns eccetera): le due lettere vengono rappresentate con una linea apposta sopra la consonante successiva.
Difetto attuale: manca la lettera j. Digitandola non viene traslitterato un bel niente, come se non ci fosse.
I numeri non soltanto vengono sostituiti dagli appositi glifi ideati da Tolkien, ma vengono proprio riconvertiti in base 12. Cioè, le cifre contenute nel font sono 12, da zero a undici. Quindi anche il numero 10 lo si ottiene come una cifra sola, e lo stesso vale per il numero undici. Quando si passa a 12 si arriva a due cifre, ovvero quella che rappresenta il numero 1 e quella che rappresenta il numero zero (come dire 10). Questo è normale quando si ragiona con numeri in una base diversa da quella che usiamo comunemente. In informatica, dove si conta in base 16, si usano le lettere da A ad F per sostituire i segni mancanti. A=10, B=11, C=12, fino a F=15, mentre il 16 si ottiene scrivendo 10. La cosa che intreccia ancora più le idee in questo caso, è che per la scrittura di Tolkien l’ordine delle cifre viene invertito. Cioè il numero che indica le unità è quello più a sinistra, mentre quello che vale di più è a destra. Insomma 12 non si traslittera come 10, ma come 01.
Per fare un esempio più complesso, l’anno in cui ci troviamo, 2020, si scrive come fosse 4021, dove la cifra delle unità sarebbe il 4. L’anno prossimo sarebbe il 5021. Al di sotto della prima cifra ci si mette un cerchietto.
La q ricorda la forma della nostra d, e la u è inclusa. Quindi la parola “qua” è ottenuta col segno qu sovrastato direttamente da una a. La c invece ricorda la nostra lettera q. Quindi se scrivo “cua” (come nella parola “arcuato”) ottengo una lettera che ricorda la q sovrastata da entrambe le vocali (sotto la a e sopra la u). Ma se scrivo “cau” ottengo una lettera che ricorda la q seguita da una specie di o sovrastata dai tre puntini che rappresentano la a. Forse perché il sistema è stato derivato da qualche convenzione straniera. (Sto descrivendo la cosa in maniera molto superficiale. Tolkien ha inventato un nome specifico per ciascuna delle lettere in questione, per il tipo di segno a cui ci si riferisce e anche per le singole parti che compongono ogni glifo). Se invece scrivo “kua”, ecco che ottengo il simbolo che ricorda la q sovrastato dal segno che rappresenta la u, mentre la a viene aggiunta su un segnaposto successivo (una specie di i senza puntino che si usa quando la vocale non ha una consonante su cui appoggiarsi). Insomma, qua - cua - kua si scrivono comunque in tre maniere diverse, anche se i simboli di c e k coincidono (si combinano diversamente con le vocali, però).
Se scrivo “ciao” la parola è lunga due lettere: il suono c dolce sovrastato dalla vocale a, e il segnaposto sovrastato dalla o. Se scrivo “caio” invece la parola è di tre lettere: il simbolo che rappresenta la c dura, seguito da una specie di lambda sovrastata dalla vocale a e il segnaposto sovrastato dalla o.
Questo ci fa capire che anche col gruppo ai scatta qualche regola particolare di traslitterazione.
Siccome sul web sono circolate nel corso degli anni varie proposte di regole per la traslitterazione italiana, ho fatto una rapida ricerca per vedere se esiste un documento che elenca tutte le convenzioni che sono state seguite in questo caso. Ma non mi pare che ci sia ancora.
Noto pure la l con due puntini all’interno che rappresenta il suono gl (come in foglia, ma che ahimé scatta anche se uno scrive glifo), mentre per ottenere il suono gn (come in gnomo) i due puntini vengono messi sotto la lettera n.
Sul web qualcuno ha raccolto e messo alla berlina le foto di chi si è fatto un tatuaggio usando le lettere di Tolkien nella maniera non corretta. C’è chi ha semplicemente digitato sulla tastiera in un normale editor ottenendo un risultato che non significava niente e dimostrava solo la sua incompetenza, ma anche chi viene criticato per avere usato un modo sbagliato, o per non essersi accorto che il traslitteratore automatico ha commesso un errore in una combinazione di lettere insolita. Insomma, prima di farsi tatuare una frase in alfabeto elfico sarebbe meglio studiare un po’ per vedere se il risultato rispetta le convenzioni conosciute.
Così al volo noto che la parola “aiuola” (prevedibilmente complicata visto che ha ben poche consonanti su cui appoggiare le vocali) viene traslitterata allo stesso modo che la parola “aioula” (che fortunatamente non esiste). Non so se qualche impiccio del genere possa crearsi in parole realmente in uso. Comunque, visto che normalmente le parole hanno parecchie consonanti e che spesso scatta la lettera segnaposto, casi di precedenza di questo tipo dovrebbero essere rarissimi o impossibili. Praticamente sempre dovrebbe essere possibile stabilire quale vocale viene prima e quale viene dopo, anche se sono vicine ma precedute da una consonante.
Altra complicazione per quando si va a leggere: la punteggiatura. Il punto produce un simbolo uguale ai nostri due punti, mentre la virgola produce un punto. I nostri due punti sono ottenuti con tre punti allineati in verticale mentre il punto e virgola produce una tilde.
In conclusione, un aspetto fondamentale: le maiuscole. Tolkien non mi pare che abbia distinto le maiuscole dalle minuscole. Tutte le modalità di Tecendil comunque le prevedono: si ottengono raddoppiando l’asta verticale della lettera in questione. Il risultato a me ricorda un po’ le lettere gotiche dell’epoca di Gutenberg.
Ah, dimenticavo le lettere accentate: è stata pensata anche una soluzione per questo problema. Una vocale accentata viene posizionata su un segno che ricorda la nostra i, ma più lungo, anche quando c’è una consonante precedente su cui potrebbe essere posta. Esempio la parola miro occupa soltanto due lettere mi-ro. Ma se devo dire “mirò” ecco che le lettere diventano tre: m sovrastata da a, r, e infine segnaposto lungo sovrastato dalla u.
Quello che ho chiamato segnaposto in realtà viene chiamato gambo (in italiano) o telco (nome tecnico inventato da Tolkien). In inglese è carrier. Wikipedia offre poche righe di terminologia di base alla voce Tengwar, e linka soltanto la pagina di Barisione, mentre non ci sono tracce degli altri metodi per l’italiano che pure sono circolati sul web in questi anni).
Laudenzi ha una pagina su Instagram in cui condivide vari contenuti (che io non posso vedere perché il sito sta diventando sempre più scontroso nei confronti dei non iscritti). Però ho visto che in queste ore sta caricando anche su Youtube i file degli audiolibri che ha realizzato leggendo i capitoli dello Hobbit (altra opera di Tolkien da cui è stata tratta una trilogia cinematografica sulla scia del successo del Signore degli Anelli).
Qui ho affrontato l’argomento in maniera molto rudimentale. In altri articoli su questo blog ho fornito i link verso documenti trovati qua e là sul web, anche in italiano, che affrontavano la materia nel dettaglio. Per chi capisce l’inglese, su Tecendil è disponibile un manuale dettagliato che documenta soprattutto le scelte che caratterizzano il modo inglese, oltre che i modi tradizionali, ma sono utili anche per capire tutto il resto (le maiuscole, i numeri, la punteggiatura, eccetera).
Aggiunta - Ho notato che ci sono anche due altre eccezioni rispetto alle regole di base: le combinazioni ld-rd, che vengono rappresentate ciascuna con un simbolo unico, a differenza di quanto avviene nella versione spagnola, dove ogni consonante viene rappresentata separatamente.
Tecendil è un sito nato per traslitterare un testo usando le lettere inventate da Tolkien per la sua saga del Signore degli Anelli, le cosiddette tengwar. Com’è noto, l’alfabeto inventato dallo scrittore non ha una corrispondenza diretta con le lettere latine, perché tiene conto di caratteristiche fonetiche del linguaggio e di convenzioni diverse che i popoli immaginari della terra di mezzo avevano adottato. Ad esempio alcuni hanno delle lettere a parte ad indicare le vocali (come noi), mentre altri hanno solo dei segni da apporre sulla consonante precedente o successiva (popoli diversi si regolano in maniera diversa a seconda delle caratteristiche della loro lingua).
L’aspetto fonetico che rende impossibile una corrispondenza univoca col nostro alfabeto riguarda il fatto che ogni lettera ideata da Tolkien non corrisponde ad una lettera latina, ma ad un suono. In italiano si usa la stessa lettera, la c, sia per indicare il suono dolce che c’è nella parola “ciao” sia il suono duro che c’è nella parola “calo”. Nell’alfabeto di Tolkien visto che questi sono suoni diversi vengono rappresentati con segni diversi.
Non è possibile creare un font in grado di traslitterare in automatico un testo usando le regole ideate da Tolkien. O meglio, si potrebbe farlo sfruttando le legature (associare ca-co-cu a un certo glifo e ce-ci ad un altro) e qualcuno ci ha provato in effetti. Però c’è la controindicazione che un font creato in questo modo sarebbe adatto ad un solo modo (cioè ad un solo insieme di lingue: in italiano si mette la h nella parola che per indicare il suono duro, mentre in altre lingue la h indica che bisogna usare il suono morbido. In inglese se non ci fosse l’h la c suonerebbe come una s, in questo caso.).
Invece è nata una convenzione per cui le lettere di Tolkien vengono associate in maniera arbitraria alle lettere latine (sovrapponendo la tabella ideata dallo scrittore ai tasti sulla tastiera di un computer ruotata di novanta gradi). A meno di non ricordare a memoria la posizione di ogni singolo glifo, tradizionalmente c’era bisogno di una macro che traslitterasse il testo scritto in lettere latine, oppure di un programma da scaricare e installare.
Col sito Tecendil invece non c’è bisogno di installare nulla: non solo è possibile selezionare tra vari font diversi, ma anche tra varie modalità diverse. Il risultato viene visualizzato nel browser già mentre si digita, e può essere scaricato premendo l’apposito tasto.
Finora erano disponibili solo le modalità tradizionali dei vari popoli della Terra di Mezzo, l’inglese e lo spagnolo. Ma ora ecco che è stato aggiunto l’italiano.
Una caratteristica del sito è che digitando una parola permette con un semplice clic di traslitterare istantaneamente l’intero articolo di Wikipedia che parla di quell’argomento, in maniera tale da potersi esercitare nella lettura di un testo complesso. All’inizio l’impresa sembra impossibile, ma con un po’ di esercizio si può arrivare a leggere in maniera fluida.
In lingue come l’inglese, in cui molte parole finiscono per consonante, la convenzione è quella di apporre il segno della vocale sulla consonante successiva. In spagnolo e in italiano il segno della vocale viene messo sulla consonante precedente. Quindi la lettura procede così: prima si interpreta la consonante, poi la si combina col segno sovrastante (un accento o puntino o tratto arricciato).
Nel modo italiano sono state inserite anche le convenzioni sul raddoppio delle lettere (sottolineatura della consonante da raddoppiare) e sugli accoppiamenti di n e m con altre consonanti (nt, mp, ns eccetera): le due lettere vengono rappresentate con una linea apposta sopra la consonante successiva.
Difetto attuale: manca la lettera j. Digitandola non viene traslitterato un bel niente, come se non ci fosse.
I numeri non soltanto vengono sostituiti dagli appositi glifi ideati da Tolkien, ma vengono proprio riconvertiti in base 12. Cioè, le cifre contenute nel font sono 12, da zero a undici. Quindi anche il numero 10 lo si ottiene come una cifra sola, e lo stesso vale per il numero undici. Quando si passa a 12 si arriva a due cifre, ovvero quella che rappresenta il numero 1 e quella che rappresenta il numero zero (come dire 10). Questo è normale quando si ragiona con numeri in una base diversa da quella che usiamo comunemente. In informatica, dove si conta in base 16, si usano le lettere da A ad F per sostituire i segni mancanti. A=10, B=11, C=12, fino a F=15, mentre il 16 si ottiene scrivendo 10. La cosa che intreccia ancora più le idee in questo caso, è che per la scrittura di Tolkien l’ordine delle cifre viene invertito. Cioè il numero che indica le unità è quello più a sinistra, mentre quello che vale di più è a destra. Insomma 12 non si traslittera come 10, ma come 01.
Per fare un esempio più complesso, l’anno in cui ci troviamo, 2020, si scrive come fosse 4021, dove la cifra delle unità sarebbe il 4. L’anno prossimo sarebbe il 5021. Al di sotto della prima cifra ci si mette un cerchietto.
La q ricorda la forma della nostra d, e la u è inclusa. Quindi la parola “qua” è ottenuta col segno qu sovrastato direttamente da una a. La c invece ricorda la nostra lettera q. Quindi se scrivo “cua” (come nella parola “arcuato”) ottengo una lettera che ricorda la q sovrastata da entrambe le vocali (sotto la a e sopra la u). Ma se scrivo “cau” ottengo una lettera che ricorda la q seguita da una specie di o sovrastata dai tre puntini che rappresentano la a. Forse perché il sistema è stato derivato da qualche convenzione straniera. (Sto descrivendo la cosa in maniera molto superficiale. Tolkien ha inventato un nome specifico per ciascuna delle lettere in questione, per il tipo di segno a cui ci si riferisce e anche per le singole parti che compongono ogni glifo). Se invece scrivo “kua”, ecco che ottengo il simbolo che ricorda la q sovrastato dal segno che rappresenta la u, mentre la a viene aggiunta su un segnaposto successivo (una specie di i senza puntino che si usa quando la vocale non ha una consonante su cui appoggiarsi). Insomma, qua - cua - kua si scrivono comunque in tre maniere diverse, anche se i simboli di c e k coincidono (si combinano diversamente con le vocali, però).
Se scrivo “ciao” la parola è lunga due lettere: il suono c dolce sovrastato dalla vocale a, e il segnaposto sovrastato dalla o. Se scrivo “caio” invece la parola è di tre lettere: il simbolo che rappresenta la c dura, seguito da una specie di lambda sovrastata dalla vocale a e il segnaposto sovrastato dalla o.
Questo ci fa capire che anche col gruppo ai scatta qualche regola particolare di traslitterazione.
Siccome sul web sono circolate nel corso degli anni varie proposte di regole per la traslitterazione italiana, ho fatto una rapida ricerca per vedere se esiste un documento che elenca tutte le convenzioni che sono state seguite in questo caso. Ma non mi pare che ci sia ancora.
Noto pure la l con due puntini all’interno che rappresenta il suono gl (come in foglia, ma che ahimé scatta anche se uno scrive glifo), mentre per ottenere il suono gn (come in gnomo) i due puntini vengono messi sotto la lettera n.
Sul web qualcuno ha raccolto e messo alla berlina le foto di chi si è fatto un tatuaggio usando le lettere di Tolkien nella maniera non corretta. C’è chi ha semplicemente digitato sulla tastiera in un normale editor ottenendo un risultato che non significava niente e dimostrava solo la sua incompetenza, ma anche chi viene criticato per avere usato un modo sbagliato, o per non essersi accorto che il traslitteratore automatico ha commesso un errore in una combinazione di lettere insolita. Insomma, prima di farsi tatuare una frase in alfabeto elfico sarebbe meglio studiare un po’ per vedere se il risultato rispetta le convenzioni conosciute.
Così al volo noto che la parola “aiuola” (prevedibilmente complicata visto che ha ben poche consonanti su cui appoggiare le vocali) viene traslitterata allo stesso modo che la parola “aioula” (che fortunatamente non esiste). Non so se qualche impiccio del genere possa crearsi in parole realmente in uso. Comunque, visto che normalmente le parole hanno parecchie consonanti e che spesso scatta la lettera segnaposto, casi di precedenza di questo tipo dovrebbero essere rarissimi o impossibili. Praticamente sempre dovrebbe essere possibile stabilire quale vocale viene prima e quale viene dopo, anche se sono vicine ma precedute da una consonante.
Altra complicazione per quando si va a leggere: la punteggiatura. Il punto produce un simbolo uguale ai nostri due punti, mentre la virgola produce un punto. I nostri due punti sono ottenuti con tre punti allineati in verticale mentre il punto e virgola produce una tilde.
In conclusione, un aspetto fondamentale: le maiuscole. Tolkien non mi pare che abbia distinto le maiuscole dalle minuscole. Tutte le modalità di Tecendil comunque le prevedono: si ottengono raddoppiando l’asta verticale della lettera in questione. Il risultato a me ricorda un po’ le lettere gotiche dell’epoca di Gutenberg.
Ah, dimenticavo le lettere accentate: è stata pensata anche una soluzione per questo problema. Una vocale accentata viene posizionata su un segno che ricorda la nostra i, ma più lungo, anche quando c’è una consonante precedente su cui potrebbe essere posta. Esempio la parola miro occupa soltanto due lettere mi-ro. Ma se devo dire “mirò” ecco che le lettere diventano tre: m sovrastata da a, r, e infine segnaposto lungo sovrastato dalla u.
Quello che ho chiamato segnaposto in realtà viene chiamato gambo (in italiano) o telco (nome tecnico inventato da Tolkien). In inglese è carrier. Wikipedia offre poche righe di terminologia di base alla voce Tengwar, e linka soltanto la pagina di Barisione, mentre non ci sono tracce degli altri metodi per l’italiano che pure sono circolati sul web in questi anni).
Laudenzi ha una pagina su Instagram in cui condivide vari contenuti (che io non posso vedere perché il sito sta diventando sempre più scontroso nei confronti dei non iscritti). Però ho visto che in queste ore sta caricando anche su Youtube i file degli audiolibri che ha realizzato leggendo i capitoli dello Hobbit (altra opera di Tolkien da cui è stata tratta una trilogia cinematografica sulla scia del successo del Signore degli Anelli).
Qui ho affrontato l’argomento in maniera molto rudimentale. In altri articoli su questo blog ho fornito i link verso documenti trovati qua e là sul web, anche in italiano, che affrontavano la materia nel dettaglio. Per chi capisce l’inglese, su Tecendil è disponibile un manuale dettagliato che documenta soprattutto le scelte che caratterizzano il modo inglese, oltre che i modi tradizionali, ma sono utili anche per capire tutto il resto (le maiuscole, i numeri, la punteggiatura, eccetera).
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Aggiunta - Ho notato che ci sono anche due altre eccezioni rispetto alle regole di base: le combinazioni ld-rd, che vengono rappresentate ciascuna con un simbolo unico, a differenza di quanto avviene nella versione spagnola, dove ogni consonante viene rappresentata separatamente.
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