Filmotype

La Filmotype, dicono alcune sporadiche fonti sul web, era una macchina venduta negli anni Cinquanta che permetteva di impaginare un testo col metodo della fotocomposizione: un raggio di luce passava attraverso una finestrella con la forma della lettera e andava ad impressionare della carta fotografica, senza passaggi intermedi. Sistemi del genere vennero utilizzati (con notevoli miglioramenti tecnologici) fino all’inizio degli anni Ottanta, quando si passò all’uso del personal computer.

La Filmotype aveva un notevole catalogo di font, che sono stati digitalizzati a partire dagli anni Zero. Ce ne sono ben 76 famiglie su MyFonts. Le più rilevanti sono due script (Jupiter e Lakeside, dove il secondo ha l’asse inclinato e un maggiore contrasto tra tratti spessi e tratti sottili) e due sans (Fashion e Melon, il primo geometrico largo, il secondo a forte contrasto e ad andamento leggermente traballante).

Filmotype vanta in archivio anche un font dal nome un po’ insolito, Gay (un sans stretto), l’unico ad avere un nome del genere in tutto l’archivio di Identifont (ad esclusione forse dello Shock & Awe Enola Gay, della sconosciuta Barnbrook Fonts, un all caps che fa riferimento ad alcune missioni militari americane; Enola Gay è il nome dell’aereo che lanciò la prima bomba atomica; è un font commerciale ma in alcuni punti mi pare un po’ goffo, C e O fanno uno strano effetto viste vicine).

Ma è vera questa storia? Esisteva veramente una macchina chiamata Filmotype? Come era fatta? Come funzionava? Girando sul web non si trova praticamente niente, a parte la solita storiella ripetuta su vari siti diversi (i fondatori dell’azienda si chiamavano Al e Beatrice Friedman) e qualche sporadica foto di una macchina con un paio di tamburi che non si sa a cosa servivano.

Comunque i font digitali lanciati negli ultimi anni, a cui hanno lavorato diversi disegnatori, sono stati largamente pubblicizzati su internet.

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