Alfabeto paleo-ebraico

 A dispetto del nome, le iscrizioni in alfabeto paleo-ebraico non somigliano affatto a quelle dell’ebraico moderno. In effetti Wikipedia in italiano scrive che la variante quadrata in uso oggi deriva dall’alfabeto aramaico. Le lettere dell’alfabeto paleo-ebraico non sono neanche distintive della lingua usata: le stesse forme erano in uso anche presso i fenici, e per giunta non c’era uno standard unico ma si faceva ricorso a varie forme diverse. Insomma, trovando un’iscrizione che utilizza questi caratteri non si può dire al volo se si tratti di fenicio o paleo-ebraico, se non tenendo conto del luogo del ritrovamento: i fenici vivevano lungo la costa, quindi solo le iscrizioni trovate sull’altipiano vengono considerate in paleo-ebraico.

L’inizio dell’uso della lingua ebraica è fissato circa al decimo secolo avanti Cristo. Tutti i dialetti presenti nel periodo precedente venivano considerati parte della stessa lingua che accomunava fenici e altre popolazioni. Dice ancora Wikipedia che l’alfabeto ebraico moderno si è sviluppato attorno al terzo secolo a partire dall’aramaico. Dal paleo-ebraico si è invece sviluppato l’alfabeto samaritano. L’uso dell’alfabeto paleo-ebraico dura fino al primo secolo avanti Cristo. Un uso recente risale agli anni Ottanta del Novecento, quando tre lettere in forma paleo-ebraica sono state incise sulla moneta da 1 shekel in uso in Israele. La parola rappresentata era “Giudea”. Le tre lettere erano “yhd”: l’alfabeto in realtà è un abjad, cioè rappresenta soltanto i suoni consonantici (come quello ebraico o quello arabo).

Su Wikipedia è disponibile la tabella con le forme delle varie lettere, fornite sia come immagini che come caratteri Unicode. Sui computer moderni vengono installati dei font abbastanza completi, quindi è probabile che le forme del paleo-ebraico siano disponibili di default. A differenza di quelle dell’alfabeto samaritano, che sul mio computer vengono raffigurate come tofu (ossia come quadrati contenenti il codice numerico Unicode corrispondente).

Le lettere del proto-ebraico sono composte in gran parte di linee rette, anche se in quattro casi sono presenti linee curve (spesso in forma di circonferenza).

La forma della lettera alep è più o meno quella di una nostra A in stampatello, ma ruotata di novanta gradi. La dalet è un triangolo. La he è pressoché una E rispecchiata (i tratti orizzontali si sporgono a sinistra dell’asta. La kap ha una forma di una K rispecchiata. La lamed è composta di due tratti, uno lungo e uno corto, che formano un angolo, come una L stampatella, ma senza formare un angolo retto. Mem e Nun sono due lettere composte da un’asta verticale da cui si allontana un tratto che zigzaga sulla sinistra, una volta per la n, due volte per la m. Insomma, si intuisce una qualche parentela con l’alfabeto latino in uso ancora oggi.

Sull’enciclopedia online viene anche mostrato qualche antico manoscritto con le lettere derivate da quelle paleo-ebraiche: una bibbia samaritana della fine del 1100. Quello che noto io è che mancano lettere dalle forme curve.

Nella versione inglese dell’articolo c’è una sorpresa: anche lì viene fornita una tabella che fornisce forme, nome, significato, fonema, origine e confronto con le corrispondenti lettere samaritane e ebraiche moderne. La tabella è identica a quella italiana, con una differenza: nella versione testuale la forma della lettera non è la stessa. Mentre nella tabella italiana la forma corrisponde bene o male a quella che viene raffigurata nell’immagine, nella tabella inglese la differenza è maggiore. Ad esempio la lettera alep: l’immagine raffigura una A ruotata di novanta gradi, il testo invece mostra una A ruotata di più di 90 gradi, e con quelli che dovrebbero essere due tratti obliqui disegnati con un unico segno senza spigoli. La zain, che nell’immagine è raffigurata come una specie di I con grazie slab, nel testo diventa una specie di tilde. La taw, che nell’immagine è raffigurata come una x nel testo è raffigurata come un’asta con un trattino curvo sulla destra (una via di mezzo tra la nostra t e la nostra r minuscola). Che è successo? Secondo me quella che compare nel testo è la versione corsiva delle stesse lettere. Ma presa dove?

In entrambi i casi i caratteri sono quelli contenuti nel blocco Unicode che comincia in U+10900. Ma le due versioni della pagina di Wikipedia sono impostate in maniera diversa: quella in inglese pesca le forme nel Free Sans, quella in italiano nel Segoe Ui Historic. 

La pagina in inglese chiede al browser di cercare le forme nei seguenti font, nell’ordine: “Alphabetum unicode”, “Mph 2b Damase”, Aegean, Code2001, “Noto Sans Phoenician”, FreeSans appunto, oppure “Segoe Ui Historic” o il sans serif di default. Quella in italiano chiede solo quest’ultimo, che a quanto pare nel mio caso è il Segoe Ui Historic. Che somiglia molto di più alle lettere che Wikipedia mostra in versione Svg nella tabella.

Ma quale dei due somiglia di più alla versione incisa sulla moneta dell’86?

Direi che si tratta del Segoe, che è più regolare, mentre il Free Sans non segue molto le convenzioni sulle lettere maiuscole, non essendoci una linea di base vera e propria. Il triangolo della D non chiude bene, mentre la he, che nelle immagini di Wikipedia è una specie di F invertita nel Free Sans sembra una E scritta a mano e ruotata di 90 gradi in senso orario. Ma anche il Segoe è abbastanza diverso dai caratteri usati sulla moneta. La lettera yod, che nella tabella sull’enciclopedia è una F ribaltata con una piccola grazia slab che spunta sulla destra, sulla moneta ha il tratto inferiore molto sviluppato, e manca di angoli retti, mentre il trattino centrale è molto sottile. In pratica sembra più una Z col trattino centrale che una F ribaltata. Inoltre l’impostazione scelta dal Segoe è quella dei moderni sans, in cui tutte le aste hanno visivamente lo stesso spessore. Le lettere raffigurate sulla moneta invece hanno aste di spessori diversi (alcune più spesse altre meno), con le estremità che tendono a curvare o gonfiarsi, come appunto avviene nei nostri serif (e nel corrispondente stile che è previsto anche per l’ebraico moderno).

Difficile fare un confronto visivo al volo con le pietre più antiche di cui Wikipedia in inglese mostra le foto. Pur trattandosi di incisioni, quindi di un processo laborioso, la tecnica seguita è molto rudimentale, quindi l’aspetto è fin troppo disordinato ai nostri occhi, come se si trattasse di una scrittura frettolosa e confusa. In una delle immagini si vede per esempio un simbolo composto da un’asta verticale e tre aste orizzontali che spuntano da entrambi i lati. Mi pare di vedere che il simbolo è stato traslitterato in ebraico come una he, come se non avesse importanza il fatto se i tre tratti orizzontali spuntino da un lato solo (come avviene in altre lettere dello stesso documento) oppure in entrambi. Nulla di strano, se non fosse che una lettera composta da tre tratti orizzontali che spuntano a destra e sinistra dell’asta verticale già c’è nell’ebraico antico, e rappresenta la samech, che non mi sembra compaia nella traslitterazione. Insomma, immagino che tentare di decifrare quelle antiche iscrizioni comporti enormi grattacapi agli addetti ai lavori.

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