Chomsky
C’è un font gratuito che si chiama Chomsky e che ricalca le lettere usate per la testata del New York Times.
Le lettere che compaiono sulla prima pagina del più autorevole quotidiano americano sono in stile gotico, per cui a chi non si è mai posto il problema verrebbe in mente di usare l’Old English, installato di default con i software della Microsoft, per ottenere lo stesso effetto. In realtà basta provarci per rendersi conto delle palesi differenze:
Quella che crea maggiore disappunto è forse la N, che nel quotidiano ha la forma della maiuscola (tre tratti rettilinei) mentre nell’Old English ha la forma della minuscola (un tratto verticale e un altro ad arco). La Y del quotidiano ha due lunghi fianchi verticali paralleli, mentre quella dell’Old English ha un tratto verticale corto e un altro ad arco. E poi c’e la T, lettera caratteristica del giornale, che ha un’asta verticale corta agganciata alla mezzaluna con due tratti obliqui sottili, e poi ha il classico quadratino sul tratto verticale sottile che unisce il tratto superiore alla mezzaluna. Nell’Old English invece l’asta verticale è unita alla mezzaluna solo con un tratto, quello inferiore, e non c’è nessun segno ad interrompere la monotonia del tratto verticale sottile.
Per quanto riguarda le minuscole, la differenza più palese è forse il puntino sulla i, che nel Times è quadrato mentre nell’Old English è una specie di accento sottile.
Si nota pure la w, i cui tratti sono separati nella parte superiore, a differenza di quello che fa l’Old English.
Il sito 1000logos ha raccolto alcune informazioni a proposito del logo del quotidiano. All’ultimo restyling ci ha lavorato Benguiat, dice il sito, secondo cui il logo “sembra quasi uguale a quello che c’era più di 150 anni fa, quando il giornale è stato creato”. In realtà quello che è rimasto uguale è l’uso dello stile gotico e la conformazione delle lettere, mentre l’effetto visivo è cambiato parecchio, soprattutto per via dello spessore dei tratti. Nelle immagini visibili sul sito, il logo originale pare più condensato e scolorito, mentre quello attuale è molto più di impatto. La N ottocentesca aveva l’asta di sinistra composta da due tratti sottili anziché uno, e c’erano pure due trattini sottili che la attraversavano, tipo quelli che si trovano anche tuttora nella Y. Il nome originale era New York Daily Times, mentre quello attuale è The New York Times (incluso l’articolo). Per giunta, in origine c’era il punto finale che faceva parte del nome del giornale, che è scomparso negli anni Sessanta. Ah, un’altra cosa: in origine il nome New-York si scriveva col trattino. Questa caratteristica è scomparsa già nell’ultimo decennio dell’Ottocento (quando il giornale veniva pubblicato già da una quarantina d’anni).
L’autore del Chomsky ci tiene a precisare che in base alle leggi vigenti non è vietato copiare il disegno di alcune lettere per crearci attorno un intero font. Ovviamente però consiglia agli utenti di non usare il font in marchi che includono le parole New York Times, per evitare problemi legali. Problemi che si avrebbero comunque anche utilizzando un’immagine del vero logo New York Times per attribuire al quotidiano iniziative nelle quali non è coinvolto. Insomma, se si usa il font per impaginare un attestato da consegnare agli studenti o roba del genere, nessun problema. Se lo si usa per vendere magliette col logo del quotidiano, senza l’autorizzazione del proprietario del marchio, allora si può incorrere in qualche problema.
Il Chomsky si scarica anche da Dafont, a partire dal maggio dell’anno scorso. L’autore è Fredrick Brennan. Il font contiene anche numeri, punteggiatura e lettere accentate. È stato inserito nella categoria Gotici/Medievali, ha totalizzato 204 mila download, 457 solo ieri.
Dello stesso autore c’è solo un altro font, Some Time Later, catalogato Fantasia/Cartoni, un sans serif molto irregolare (solo 27 download ieri).
Il perché abbia chiamato Chomsky un font ispirato al New York Times è un mistero. Il più famoso Chomsky sulla scena, Noam Chomsky, è un noto intellettuale della sinistra americana (linguista al Mit), spesso molto critico verso la linea editoriale del quotidiano newyorkese.
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