Fratelli Amoretti

La storia dei fratelli Amoretti non è molto conosciuta. Nonostante tutto, a loro è dedicata una voce di Wikipedia, anche nelle versioni inglese e francese.

Eredi di un’officina di fabbri e meccanici che durava da generazioni, fu a loro che Bodoni si rivolse per la realizzazione dei suoi caratteri. Nel 1774 per la realizzazione di forme in acciaio per gettare caratteri mobili in metallo (visto che quelle in ottone realizzate fino a quel momento perdevano precisione troppo velocemente), in seguito anche per la realizzazione di punzoni e infine dei caratteri.

A quel punto nacquero dei dissidi. A quanto pare gli Amoretti si attribuivano il merito della bellezza dei caratteri realizzati dal Bodoni, e chiedevano di essere menzionati sulle stampe, a quanto racconta Wikipedia. Bodoni rifiutò, così loro decisero di passare in proprio, aprendo una propria getteria e una stamperia. Bodoni quando lo venne a sapere “si adirò tantissimo”.

L’articolo cita anche un “presunto testamento” di Giuseppe Bodoni nel quale si dice che Giambattista Bodoni “non ha intagliato verun carattere”: i realizzatori materiali sono stati gli Amoretti. Il documento elenca i ruoli di ciascuno: chi ha preparato i pezzi d’acciaio, chi li ha intagliati, chi li ha temprati, ha battuto le matrici e le ha giustificate, chi ha fatto le forme.

Sul finire del Settecento gli Amoretti rivaleggiavano col Bodoni nella fornitura dei caratteri alla Tipografia Nazionale di Milano.

Nel 1880 la ditta era ancora attiva, ma cambio il nome in Negroni. All’inizio del ventesimo secolo venne assorbita dalla Nebiolo, e dismessa definitivamente nel 1924.

Poteva Luc Devroye essere all’oscuro dell’esistenza degli Amoretti. No, e infatti dedica a loro una pagina del suo sito, facendo solo un rapido accenno ai dissidi con Bodoni. Il nome Negroni venne scelto perché il genero del capo della fonderia nella seconda metà dell’Ottocento si chiamava così.

Il sito mostra il frontespizio di un “Saggio de’ caratteri e fregi della fonderia dei fratelli Amoretti incisori e fonditori in San Pancrazio presso Parma”, e il frontespizio di un testo religioso con la dicitura dell’editore “Typis Amoretti”.

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