Il fotopolimero e la stampa

Il fotopolimero è un tipo di materiale che cambia le sue qualità quando esposto alla luce. Ne esistono di tanti tipi: ad esempio vengono usati dai dentisti, applicati sotto forma di impasto che poi viene fatto solidificare esponendolo alla luce di una lampada particolare.

Un certo tipo di fotopolimero può anche essere utilizzato in tipografia per creare delle lastre in rilievo che possono essere premute sulla carta come si usava anticamente per i caratteri in metallo. Il vantaggio è che si può creare sulla carta un effetto tridimensionale dovuto alla pressione (stampa in rilievo o groffatura). Trattandosi di un metodo più laborioso rispetto a quello normalmente usato, si ricorre a questo sistema solo nella stampa di qualità o per esigenze particolari. 

Sul web esiste qualche video-dimostrazione di come si creano lastre del genere, utilizzando apposite macchine progettate per esporre il materiale alla luce per un numero ben preciso di secondi impostato dall’utente. Visto che si tratta di una tecnica in uso solo tra gli addetti ai lavori, pagine e filmati disponibili su internet sono incompleti e frammentari.

Mentre in questi casi il fotopolimero è venduto come una lastra solida, ne esistono anche di liquidi che possono essere usati come emulsione per la stampa serigrafica. La tecnica prevede un tessuto attraverso cui deve passare l’inchiostro solo in corrispondenza del disegno da realizzare. Le parti in cui l’inchiostro non deve passare devono essere impermeabilizzate con un’emulsione. Quindi il procedimento prevede di spalmare la superficie con la sostanza fotosensibile, sovrapporre al tutto un lucido con la scritta o il disegno da realizzare, ed esporre l’insieme alla luce intensa per un numero ben preciso di secondi. Visto che questa tecnica viene usata anche dai non professionisti (ad esempio per stampare qualche maglietta per un gruppo musicale fai-da-te) esistono molti più video illustrativi su internet (anche quelli in cui si spiega come utilizzare la luce solare per fissare l’emulsione). Non tutte le emulsioni che si usano in questi casi si basano su fotopolimero. In effetti, nella pagina di Wikipedia dedicata a questo materiale, la serigrafia non viene neanche nominata. Merita un paragrafo invece la stampa 3d.

L’enciclopedia online non ha neanche una voce in italiano dedicata al fotopolimero, ma lo nomina ogni tanto qua e là. Ad esempio nella pagina dedicata ai “cliché” c’è la foto di un “moderno cliché in fotopolimero per stampa tipografica”.

Un uso comune del fotopolimero è quello della personalizzazione dei timbri. In questo caso la macchina che emette luce ultravioletta è molto piccola e può essere acquistata anche per uso hobbistico. Qualche video spiega il procedimento: si stampa il disegno da realizzare su carta lucida, lo si sovrappone al fotopolimero solido, si espone il tutto alla luce della macchina per il numero di secondi richiesto. Si sciacqua via poi la parte che non si è solidificata, si asciuga il tutto e lo si rimette di nuovo nella macchina fissarlo definitivamente. Lo si attacca poi sul supporto mediante adesivo double face e si ottiene così un timbro personalizzato, che può contenere tanto scritte quanto disegni.

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