Joseph Moxon
Ha appreso l’arte dal padre, stampatore anche lui, che si occupava di bibbie e aveva lavorato in Olanda prima di tornare a Londra e specializzarsi in libri puritani.
I suoi primi lavori sono state carte geografiche. Una di queste è pubblicata come esempio su Wikipedia. All’epoca erano conosciuti pressoché tutti i continenti che conosciamo oggi ad esclusione dell’Antartide, anche se le loro forme erano diverse da quelle reali. Nella raffigurazione dell’Australia è lasciata in bianco tutta la costa orientale. Asia e America vengono raffigurate molto lontane tra di loro (mancano la Siberia e l’Alaska). A proposito dell’Artico, Moxon ipotizzava che fosse libero dai ghiacci e riscaldato da 24 ore di sole giornaliere nei mesi estivi. Sarebbe bastato navigare lontano dalla costa per trovare acque libere dai ghiacci, immaginava lui.
Su Wikipedia si vede anche il frontespizio di uno dei libri stampati da Moxon sul finire del Seicento. I caratteri sono romani, alternati con righe in italico. Titolo tutto in maiuscolo, suddiviso in sei righe variando le dimensioni e lo stile (romano-italico), due righe per il nome e i titoli dell’autore (con nome e qualifica in italico), scritta London tutta in maiuscolo con molto spazio tra una lettera e l’altra, infine nome dello stampatore ed editore (“stampato e venduto” scritto in romano, nome e cognome in italico), data in numeri minuscoli. Al centro della pagina c’è un rombo fatto di asterischi su sei righe diverse. A dare ordine alla pagina ci sono tre linee orizzontali che separano il titolo dal disegno, questo dal nome dell’autore e il nome dell’autore dalle informazioni sullo stampatore (che poi è la stessa persona, in questo caso). Nella pagina di fronte un disegno tecnico con la facciata di una casa (si tratta di un libro di esercizi di meccanica).
La foto di due pagine di un’altra edizione dello stesso libro è pubblicata sul sito Beara3d. Qui vediamo un’intestazione in caratteri gotici, ma mi pare che non ci siano informazioni sull’editore e l’anno di stampa. L’opera doveva essere inserita in qualche antologia che conteneva anche qualcos’altro, a giudicare dalle pagine che si vedono prima e dopo. Nella pagina a fronte è raffigurato un personaggio di rilievo, con tanto di stemma nobiliare (non si tratta di Moxon). La didascalia è in italico con i nomi evidenziati in romano, mentre sulla destra c’è una scritta tutta in maiuscolo come quelle che appaiono sulle lapidi. In questo caso l’intestazione del libro non prende una pagina a sé, ma è stretta nella parte superiore della pagina, permettendo di inserire l’inizio della prefazione nella parte inferiore. Anche qui si usano caratteri italici, evidenziando le parole in caratteri romani. Il capolettera occupa cinque righe (non è elaborato, ma semplicemente una lettera grande). All’ultima riga c’è una soluzione strana, per cui viene inserita una sola parola. Si nota l’uso della s lunga in tutte le posizioni tranne l’ultima (la s in fine parola è tale e quale a quella che usiamo noi oggi, e compare spesso visto che la lingua usata è l’inglese). Si notano anche varie legature, tra cui quella tra c e t e quella tra s e i, necessaria trattandosi di una s lunga).
Il ritratto di Moxon è pubblicato sul sito di Luc Devroye, insieme ad un disegno tratto da un’altra opera stampata da lui che riguardava l’arte della tipografia.
Lo stampatore si occupò anche di fondere un font gaelico (per la lingua irlandese) di cui è disponibile un’immagine in bassa qualità (linkata nell’articolo). Si riconoscono le consonanti puntate (necessarie all’epoca per il gaelico), le r-s-g di forma insulare, la A scritta come se fosse 2l.
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