Assaggi di Nebiolo. La grande famiglia, uomini e donne della Nebiolo
Tra le altre cose, era in programma anche la proiezione del documentario “La grande famiglia. Uomini e storie della Nebiolo”, realizzato nel 2007 mettendo insieme interviste alle maestranze e materiali di repertorio della Rai.
Sarebbe anche stato presentato il Nebiolo History Project, un progetto di ricerca dedicato alla fonderia.
Non mi pare che altri siti web di rilievo abbiano parlato dell’iniziativa.
Il documentario sulla Nebiolo dura trenta minuti, e al momento è visibile anche su Youtube, caricato da Progetto Atelier. Dal 2011 è stato visto solo 180 volte.
Le persone che hanno lavorato alla Nebiolo vanno ancora fiere del tipo di macchine e della professionalità che c’era nell’azienda: ogni macchina era composta da 3 mila, 3.500 pezzi. Per una quattro colori occorrevano 10 mila ore. Altri parlano di 6-7 mila componenti meccanici presenti in una macchina sola. La produzione era di 100 macchine al mese, dice un altro degli intervistati: tra i vari modelli, anche quelle molto ingombranti che servivano per stampare i quotidiani.
La troupe che ha effettuato le riprese si è anche aggirata tra i locali abbandonati della fabbrica, insieme ad un operaio che ricordava cosa c’era in ogni angolo dell’edificio. Nelle immagini si vedono i muri scrostati, i calcinacci a terra, e le grandi finestre che riempivano gli ambienti di luce naturale.
Chi veniva assunto nell’azienda otteneva la promessa, nel contratto, di mantenere il posto di lavoro fino ai sessant’anni, una cosa impensabile al giorno d’oggi.
Dal punto di vista sindacale, i dipendenti hanno dei ricordi non troppo piacevoli: l’azienda veniva gestita con atteggiamento militare (uno dei direttori era stato ufficiale dell’esercito e aveva fatto la guerra d’Africa), era vietato spostarsi nei reparti, fare colazione (una sola pausa per mangiare, a pranzo), i bagni erano di quelli con le porte da cui si poteva guardare sia sopra che sotto, e i sorveglianti passavano e segnalavano tutte le trasgressioni. Un operaio venne multato perché aveva un Tuttosport in borsa: il fatto che l’avesse era la prova che lo aveva letto sul posto di lavoro.
A un certo punto la Nebiolo è andata in crisi, è stata rilevata da un’azienda esterna per motivi speculativi, e affidata a dirigenti che “non capivano un tubo, niente di niente”. E la situazione non ha potuto fare altro che peggiorare.
Dai 1800 dipendenti iniziali si è scesi a 1200, poi a 700, con le lavorazioni che venivano appaltate all’esterno, ad aziende di cui i nuovi dirigenti erano proprietari.
Le ultime fasi di attività dell’azienda vengono ricordate con dolore e rabbia da quelli che le hanno vissute. Nel documentario si assiste al deteriorarsi della situazione attraverso i titoli dei telegiornali. Ci furono dure lotte e scioperi molto lunghi. I dirigenti che alla Fiat si occupavano di carburatori non avevano nessuna preparazione per capire la meccanica di precisione delle macchine da stampa. E il fatto che venissero chiuse delle filiali significava che comunque i prodotti dell’azienda non avrebbero trovato nessuno sbocco.
Nei racconti emergono anche delle critiche nei confronti del comportamento del sindacato: si era negli anni Settanta, l’atteggiamento era molto combattivo, bisognava prevalere a tutti i costi, i dipendenti ricordano scioperi decisi per questioni minime, che alla lunga logorarono l’azienda.
Tra gli operai la voglia di scioperare era maggiore, mentre tra gli impiegati, che erano più vicini alla proprietà, era minore, per cui veniva a crearsi una contrapposizione anche tra le due categorie.
Comunque tutti hanno un ricordo molto affettuoso dell’azienda in cui hanno lavorato, e la ricordano come una famiglia, o come una parte fondamentale della loro vita.
Tutta la questione dei caratteri rimane fuori dal filmato, Novarese non viene neanche nominato. Però si tratta comunque di un bel documentario, ed è un vero peccato che sia poco conosciuto.
Commenti
Posta un commento