Ebrima e le scritture africane
L’Adlam è una forma di scrittura inventata di recente per scrivere il Fulani. Sul mio computer è installato l’Ebrima, ma le scritte in Adlam compaiono come tofu: nessuno dei font che ho installato lo supporta. Il nome Adlam è l’abbreviazione di una frase contenenti le prime quattro lettere del locale alfabeto che rappresentano l’acronimo “l’alfabeto che protegge le persone dalla scomparsa”. Non c’è nessuna voce che ne parla in lingua italiana, su Wikipedia. La voce in inglese non mostra neanche un’immagine di una scrittura in Adlam, ma inserisce direttamente le lettere coi loro valori unicode. Chi non ha installato un font che le supporta non può neanche farsi un’idea di come sono fatte. Dice l’articolo che la scrittura è stata sviluppata da due adolescenti alla fine degli anni 80. È stata poi adottata da varie comunità fulani in Africa occidentale (Guinea, Nigeria e Liberia), e se ne trovano tracce anche tra i migranti in Europa e Stati Uniti. La scrittura prevede sia maiuscole che minuscole. La lingua fulani è parlata da oltre 65 milioni di persone in 20 nazioni diverse in Africa occidentale e centrale.
La forma di scrittura N’ko è stata elaborata nel 1949 per altri linguaggi dell’Africa occidentale, le lingue mandé. La parola N’ko significa “io dico” in tutte le lingue del gruppo. Si scrive da destra a sinistra, come l’arabo, e lega tutti i grafemi da linee orizzontali in basso.
La scrittura Osmanya è usata in Somalia. Questa ha qualche anno in più rispetto alle altre due, ma non troppi. È stata inventata all’inizio degli anni Venti del Novecento. Già negli anni Settanta si è cominciato a mandarla in pensione, visto che con le macchine da scrivere dell’epoca era più semplice scrivere con l’alfabeto latino.
La scrittura tifinagh è un abjad usato per scrivere le lingue berbere. Si parla quindi di Africa nordoccidentale, a ovest e a est dello stretto di Gibilterra (le comunità più orientali stanno in Egitto. I tuareg del Sahara pure parlano lingue dello stesso gruppo).
Il sillabario Vai è stato inventato in Liberia. I simboli non sono ridotti all’osso come negli alfabeti più comuni: sono ottenuti con una combinazione di archetti, segmenti e puntini che richiedono un certo impegno. Uno di questi per esempio è composto da due u affiancate ripetute per tre volte una sull’altra, accanto a un asta verticale che ha due segmenti orizzontali che la tagliano alla base. Un altro è composto da tre u affiancate, con due puntini sopra, due puntini sotto, un’asta che attraversa la u centrale e due tratti orizzontali alle estremità dell’asta. Anche questa forma di scrittura è comune in Africa occidentale, dicono.
Nel font che ho trovato installato sul mio computer solo l’etiopico ha un’etichetta, quando si vanno ad inserire i caratteri speciali in un word processor, oltre ai blocchi unicode di base. Cliccando sulle lettere degli alfabeti africani non compare nessun nome nella casella, quindi soltanto osservando la tabella di tutti i glifi non è possibile capire di quale alfabeto fa parte ciascuno di loro.
La parte latina del font è realizzata disegnando un alfabeto senza grazie.
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