I caratteri delle macchine da scrivere
In realtà non è così e chiunque può rendersene conto guardando il più grande e aggiornato database dedicato alle macchine da scrivere presente sul web: Typewriterdatabase.com.
Il sito raccoglie informazioni su un migliaio di marche diverse, oltre 2500 modelli collezionati, raccoglie 12 mila gallerie e 6 mila brevetti, e ha anche oltre 7 mila schede dedicate ai caratteri.
Il database continua ad essere aggiornato: il mese scorso la notizia era quella del riordino della pagina dedicata alla tedesca Voss, che conteneva informazioni confuse visto che l’azienda metteva in evidenza sui suoi prodotti il nome della versione anziché del modello, per cui, dopo lunghe ricerche e consultando documenti scritti solo in tedesco, il gestore del sito è riuscito ad eliminare alcune inesattezze che comparivano nella pagina.
La pagina dedicata ai caratteri mostra varie foto di fogli scritti con un particolare tipo di macchina, non con lo stesso formato e lo stesso testo, ma comunque privilegiando se possibile esempi in cui si può vedere uno specimen di tutti i simboli presenti, digitati un tasto dopo l’altro in ordine (qwert... eccetera).
Ovviamente vengono fuori delle cose impreviste: esistevano macchine da scrivere in caratteri in stile gotico, ad esempio, in senza grazie, o in qualche serif più da stampa (col contrasto tra tratti spessi e tratti sottili e le grazie appuntite). Esistevano anche scritture corsive. Comunque, il carattere più diffuso, quello che magari ci ricorda il Courier, non era affatto un tipo di carattere unico, ma era declinato in molti modi diversi talvolta facilmente distinguibili uno dall’altro.
Ad esempio, capitano vicini nell’impaginazione lo specimen di una Underwood Portable 4 Bank del 1935 e di un’Olympia Splendid 99 del 1961. Nella macchina del 1935 non compare il numero 1: doveva essere reso con la lettera l minuscola, o più incorrettamente con la I maiuscola; non c’erano correttori automatici che distinguevano le lettere in base al codice, quello che contava era l’aspetto. Molte macchine portatili mancavano anche del numero zero, che si rendeva con una O maiuscola, ma in questo caso ci sono entrambi i tasti. La Olympia ha numeri minuscoli, che scendono sotto la linea di base, ma che comunque non hanno tratti ascendenti (!). Il 4 della Olympia è aperto. I tratti orizzontali del 2, del 5 e del 7 sono rettilinei, mentre sulla Underwood sono leggermente ondulati. Il 3, il 5 e il 9 della Olympia terminano in basso con un tratto aperto, mentre nella Underwood quella estremità tende a chiudersi, dove prima e dove dopo, con terminale a goccia.
In entrambi i casi la Q ha la celebre coda a onda, che inizia all’interno e finisce all’esterno, che era comune a parecchie macchine da scrivere all’epoca. Soffermandosi sui dettagli si nota qualche minima differenza. In entrambi i casi la W ha tre vertici, ma mentre nell’Olympia il vertice rimane basso, nella Underwood arriva fino all’altezza delle maiuscole. Nell’Olimpia il simbolo della percentuale ha i due cerchietti staccati dalla linea obliqua, mentre nell’Underwood il cerchietto superiore è collegato con la linea obliqua. Altri dettagli sono più difficilmente definibili, ma mano mano che uno ci fa l’occhio diventano evidenti. Il bianco che rimane dentro le lettere, la distanza tra le grazie in lettere come la v, qualche impercettibile approccio diverso nella gamba della R o nell’inclinazione delle grazie della T...e poi i simboli che su una si trovano e sull’altra no (la Underwood aveva anche i simboli per dire ¼, ½ e ¾, nonché la chiocciola e l’asterisco. Su questa Olympia c’erano anche lettere con la dieresi: la a e la o, sia maiuscole che minuscole. C’è anche il simbolo della doppia s tedesca e il simbolo del paragrafo. Più i singoli apici per l’apertura e la chiusura. La Underwood aveva l’asterisco e il simbolo del centesimo).
Cliccando su ogni anteprima il sito porta alla scheda di ogni singola macchina, in cui accanto alla foto dei caratteri stampati si può vedere anche una immagine della tastiera, per rendersi conto di come i vari simboli erano disposti sui tasti (quando disponibili ci sono anche scatti dei dettagli della macchina nelle varie angolazioni). In questo caso si nota che in entrambe le tastiere il carattere usato per etichettare i tasti è diverso da quello usato per i martelletti che battono sul foglio. E che in entrambi i casi la Q sulla tastiera non ha una coda a onda, ma soltanto esterna.
La A del Courier, con la grazia che si allunga sulla sinistra, non era affatto comune nelle macchine da scrivere: si preferiva avere una A senza grazie superiori.
Sfogliando le pagine si trovano parecchie sorprese: si va dalle piccole differenze (una Underwood del 56 con la Q con coda ondulata completamente esterna), a stili diversi (italico, corsivo, senza grazie), ad alfabeti diversi (il greco soprattutto, ma anche il cirillico).
Le pagine contengono 10 anteprime ciascuna, quindi se ne possono sfogliare 756.
Scarseggiano esempi di alfabeti particolarmente esotici, ma anche di caratteri non monospace (che pure vennero introdotti ai tempi delle macchine da scrivere elettriche, e che qui sono rappresentati soprattutto nei corsivi calligrafici). Immagino che fuori dal sito sia tuttora rimasta parecchia roba. Manca mi sembra la possibilità di raccogliere in un’unica pagina tutti gli specimen relativi alla stessa marca, nonostante esistano dei menu che permettono di arrivare rapidamente a ogni modello di ogni azienda rappresentata.
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