Postscript font

Cercando su Wikipedia in Italiano la parola “Postscript” il discorso riguardante i font appare molto secondario. Il Postscript è un linguaggio di descrizione della pagina interpretato sviluppato dalla Adobe a partire dall’inizio degli anni Ottanta. L’obiettivo è quello di descrivere testo e grafica di una pagina in maniera tale da rendere possibile il trasferimento del file da un computer ad un altro, con hardware e software diversi, senza perdita dell’informazione. Soprattutto, il linguaggio era utile per istruire la stampante su come era fatta la pagina da stampare.

Nelle prime stampanti i testi erano inviati dal computer semplicemente come caratteri ascii. Questo perché i caratteri erano degli oggetti fisici all’interno delle macchine da stampa: come i martelletti delle macchine da scrivere, con la forma delle lettere incisa sopra in rilievo (più comunemente i caratteri erano incisi sulla superficie di una sfera, o su un nastro che si spostava avanti e indietro davanti a un martelletto a seconda delle esigenze).

Con l’avvento delle stampanti ad aghi divenne più semplice cambiare aspetto alle lettere da stampare: visto che la forma delle lettere era ricondotta ad un’insieme di punti da imprimere sulla carta, era teoricamente possibile stampare la forma di qualsiasi lettera di qualsiasi alfabeto in qualsiasi dimensione, purché fosse prima ricondotta ad un’insieme ben preciso di punti. Nacque così la possibilità di cambiare forma e dimensione delle lettere, avendo a disposizione il software adatto. Il problema, nei font bitmap, era che senza particolari accortezze alterare le dimensioni della lettera ne sconvolgeva gli equilibri interni: una O larga dieci bit con aste spesse due bit che forma assume se deve essere inserita in una griglia da 15? Non basta fare una semplice moltiplicazione perché arrotondando per eccesso o difetto si rischiano degli effetti imprevisti; e poi una curvatura accettabile a piccole dimensioni non è più accettabile a dimensioni più grandi. Più ingrandisci e più diventa evidente che la curva è fatta di singoli bit, per cui la linea procede a scalini.

Era quindi necessario inventare dei font scalabili, ossia nei quali fosse prevista una forma ideale, con tanto di formule in grado di spiegare al software come doveva essere la curvatura, in grado di ridisegnare la lettera in maniera perfetta in qualsiasi dimensione; erano necessarie delle regole di hinting, che in grado di mantenere nel risultato finale quelle proporzioni che non dovevano essere assolutamente perse.

Per cui nell’ambito del progetto Postscript lo studio di un metodo per mettere a punto dei font outline scalabili divenne fondamentale. Già nel 1984 la Adobe sviluppò i formati Type 1 e Type 3. L’anno dopo iniziarono ad essere diffusi grazie alla stampante laser Apple LaserWriter. Inizialmente erano residenti solo nella stampante, mentre sullo schermo si poteva vedere soltanto la versione bitmap del testo.

Nel corso degli anni sono stati creati vari formati diversi di font Postscript, alcuni dei quali sono stati la base per formati più moderni come l’Open Type.

Wikipedia in inglese ha un’intera pagina dedicata ai Postscript Fonts, che a sua volta ci rimanda indietro verso la corrispondente pagina italiana che si intitola Type1, è di sole 5 righe, ed è dedicata solo a uno dei formati nominati nell’articolo in inglese. Nel testo si accenna anche al formato Type 3, solo per dire che è uguale al Type 1 ma senza tecnologia hinting, “cioè senza alias nell’area di passaggio tra il bordo del font e lo sfondo”.

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