Carta intestata ottocentesca... e moderna

Imitazione della carta intestata usata da Lincoln nell'Ottocento, realizzata usando font distribuiti col software Microsoft. Per la prima riga è stato utilizzato un normale Old English, aumentando lo spazio tra le lettere di un paio di punti e condensandole dell'80% nell'apposita scheda delle proprietà del carattere del programma di videoscrittura. La riga successiva invece è impaginata in Kunstler Script. 
 

Il sito Raab Collection si occupa di vendere manoscritti autografi di vari personaggi famosi. Gli ultimi due contengono la firma del primo presidente americano, George Washington. Uno dei due è valutato 48 mila dollari, e risale al periodo in cui era ancora generale ai tempi della guerra di indipendenza dalla Gran Bretagna.

Il sito è interessante per chi vuole cercare ispirazione per creare qualche font basato su calligrafie desuete (o per chi vuole imparare a scrivere come si faceva una volta), ma oggi è un dettaglio strettamente tipografico che mi colpisce. In basso, sulla home page, c’è una scheda che spiega come autenticare uno scritto d’epoca. La foto mostra una pagina scritta a mano da un altro presidente americano, Abramo Lincoln. Sulle varie parti del foglio sono stati aggiunti dei link che mostrano i vari dettagli di cui bisogna tenere conto: non basta controllare che la calligrafia della firma corrisponda a quella del personaggio in questione (anche se questo è il primo passo da compiere): bisogna valutare chi è il destinatario, che tipo di carta è stato usato, se è stata piegata, se il contenuto del messaggio coincide col contesto storico, e se la data è plausibile.

Nella voce riguardante il tipo di carta usata sono contenute varie considerazioni, che non riguardano soltanto la qualità e la composizione del materiale. Anche il formato è importante, ossia le dimensioni, altezza e larghezza: se qui e oggi è comune il formato A4, non dobbiamo immaginare che questo sia valido sempre e per qualsiasi luogo. Ma anche l’intestazione del foglio è importante.

Sul foglio che viene mostrato dal sito c’è la scritta “Executive Mansion”, e sotto “Washington”.

La prima riga è scritta in caratteri gotici. “Old English!”, direbbe qualcuno che conosce solo quel font. In realtà non è proprio così. Sì, la conformazione della E con quel lungo spicchio di luna, o della v con una delle estremità che accenna ad un tratto ascendente indicano che fanno parte della stessa famiglia, ma molti dettagli sono diversi.

Il peso delle lettere è molto minore, e anche la loro larghezza lo è: sono lettere più strette e più leggere. Poi notiamo il trattino a mezza altezza sulla x, e i numerosi svolazzi aggiunti alla M, oltre al fatto che ha due grazie che si affacciano a mezza altezza sulla sinistra, anziché una. Da notare anche che le lettere sono ben spaziate tra di loro: qualsiasi font vogliamo usare per impostare una intestazione nello stesso stile, dobbiamo ricordarci di espanderlo modificandone le proprietà nel programma di videoscrittura.

Il nome Executive Mansion venne usato per la prima volta da Lincoln, ed è stato sostituito nel 1901 dalla dicitura White House, ossia Casa Bianca. Insomma, si tratta di carta intestata della Presidenza degli Stati Uniti, per cui la persona che deve autenticare il foglio deve assicurarsi che alla data indicata il firmatario fosse già (o ancora) Presidente degli Stati Uniti.

La riga sottostante, impaginata in caratteri più piccoli, può passare inosservata. Uno che ha dato al foglio solo un’occhiata distratta può avere l’impressione che tutta l’intestazione sia in gotico. E invece no, il nome della città è scritto in corsiva inglese, ossia un corsivo calligrafico a lettere unite, con occhiello sull’asta della lettera h.

Un’alternativa che può venire in mente a chi vuole impaginare il foglio nello stesso modo può essere il Palace Script, installato come l’Old English insieme ai software da ufficio della Microsoft. Differenze principali: gli svolazzi della W (che si arricciano a sinistra anziché a destra), e l’altezza della t (nel testo ottocentesco è molto più bassa). Ma soprattutto il fatto che il Palace ha il grosso difetto (in questo caso) di non avere occhielli sui tratti ascendenti di bhl.

Spesso un altro font installato di default è il Kunstler Script. Il quale ha una h che fa al caso nostro (con occhiello).

Da notare che il testo stampato prosegue, sempre sulla seconda riga, dopo un certo spazio bianco in cui scrivere la data: a fine riga è aggiunta una virgola, la scritta “186”, un nuovo spazio e il punto finale. Insomma quella carta intestata poteva essere usata solo nel decennio degli anni Sessanta dell’Ottocento. Non che bisognasse affrettarsi a finirla: la data è 1862, mancava ancora parecchio tempo fino al cambio di decennio.

Quindi dopo la parola “Washington,” Lincoln scrisse mese e anno (“July 16” mi sembra), ci aggiunse una virgola prima di quella già stampata, e aggiunse il 2 dopo le prima tre cifre dell’anno.

Sullo stesso sito c’è anche un autografo del presidente McKinley, scritto nel 1901, il giorno prima di essere assassinato. In questo caso le due righe “Executive Mansion” e “Washington” sono scritte in un carattere apparentemente senza grazie, tutto in maiuscolo, allineato sulla destra, ma con un po’ di spazio vuoto dopo la prima riga.

E oggi come funziona? A quanto pare la Casa Bianca risponde spesso ai comuni cittadini. A giudicare dalle foto che si vedono su Quora l’intestazione è scritta in caratteri serif, neretto, tutto maiuscolo. Si tratta di caratteri più eleganti rispetto ad un Times New Roman Bold (i tratti sottili non sono così sottili), e con maggiore spazio tra le lettere (scrivendo Washington senza spazio col Times tutto in maiuscolo la S va quasi a calpestare il piede della A, mentre la W resta distante).

Si potrebbe pensare ad un derivato del Caslon (che per gli americani ha una certa importanza storica), ma forse la A è troppo appuntita, e soprattutto la W ha una conformazione come quella del Times, con i due bracci che non si incontrano in corrispondenza della sommità, ma molto più in basso. Il colore mi pare tendente al blu, ma l’enorme differenza rispetto al passato sta sopra: di solito c’è uno stemma della Casa Cianca, con un’aquila dietro uno scudo, ad ali spalancate, che impugna nelle zampe credo un ramo d’ulivo e un mazzo di frecce, il tutto circondato da un anello di stelle. In alcuni casi lo stemma è impresso in oro sulla carta, con un certo spessore, mentre l’alternativa dovrebbe essere una impressione in rilievo senza inchiostro (come quella che si usa per autenticare i diplomi). Insomma, tutte soluzioni che non si possono ottenere certo con la stampante di casa.

Sul web si vede anche qualche variante in cui anche la scritta White House / Washington è scritta in caratteri dorati, stavolta senza grazie all caps, ma non mi sono messo a vedere chi ha caricato quegli esempi e dove li ha presi.

Sempre su Quora è stata aperta una discussione sul font usato nel logo della Casa Bianca. Qualcuno ha pensato al Garamond, visto che in quel caso la W ha quattro sommità anziché tre. Ma la t non coincide, perché il Garamond ha le grazie che spuntano verso l’alto (oltre ad essere asimmetriche): “kitty ears”, “orecchie da gattino” le chiama l’utente. Per cui in quel caso si parla di Hoefler Text, della scuderia Apple.

Qualcuno scrive Caslon 3, forse per sentito dire visto che lì la W ha solo 3 sommità... come quella della carta intestata! E infatti vediamo su Identifont che il Caslon 3 ha una E con i becchi che puntano molto in avanti, come quella della carta intestata, appunto. Qui gli editori sono Adobe e Linotype, e l’anno dichiarato è addirittura 1725, a cui si aggiunge il 1905 (forse la versione della Atf) e il 1988.

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