Quotazioni di borsa
Diverso è il discorso quando si tratta di pubblicazione cartacea, dove l’esigenza di occupare il minore spazio possibile non deve impedire al testo di essere facilmente leggibile.
Un tempo il testo in dimensioni più piccole del normale si poteva vedere sugli elenchi telefonici. Oggi i più piccoli testi visibili comunemente sono forse quelli delle quotazioni di borsa sui quotidiani. Ogni giorno i giornali devono pubblicare un’affollatissima tabella (anche qualche centinaio di aziende) di cui alla stragrande maggioranza dei lettori non importa nulla, tranne qualche investitore che vuole leggere solo le informazioni sui titoli che lo riguardano. Visto che le pagine a disposizione sono molto limitate, è fondamentale che i dati occupino il minore spazio possibile ma si possano leggere senza fatica.
Le quotazioni di borsa sul Tempo (a sinistra) e sul Messaggero (a destra) a confronto. |
Una soluzione estrema è quella applicata da uno dei quotidiani romani, Il Tempo. L’intera tabella occupa soltanto un terzo della pagina (in verticale), e già la pagina è in un formato più piccolo rispetto a quelle dei suoi concorrenti.
Il testo è scritto tutto in caratteri maiuscoli, usando un font senza grazie che per giunta è molto stretto. Tra una riga e l’altra c’è una linea nera, e tutte le righe sono molto ravvicinate, tanto che se ci fosse qualche lettera minuscola con tratto discendente andrebbe sicuramente ad interferire con la riga sottostante.
La dimensione in altezza è circa la metà del testo degli articoli, diciamo un corpo 5 compresa l’interlinea (che in questo caso praticamente non c’è, a differenza del testo degli articoli).
Al confronto, l’altro quotidiano romano, Il Messaggero, è sprecone, occupa molto più spazio.
La tabella occupa tre quarti di pagina in verticale. Il testo è sempre in caratteri senza grazie stretti, forse di un paio di punti più grande di quello del concorrente, ma lo spazio tra le righe è molto maggiore, tanto da occupare poco meno delle righe del testo degli articoli, in verticale. Il Messaggero mette anche dei triangolini colorati per far vedere se il valore di ciascun titolo sta salendo o scendendo.
I titoli di borsa sulle pagine del Messaggero, accanto al testo di un articolo. Vengono usate anche le minuscole e c'è molto spazio bianco tra una riga e l'altra. |
Infine Repubblica, anche questo con sede a Roma. Qui abbiamo mezza pagina in orizzontale, sempre un senza grazie abbastanza stretto, anche se vediamo che le C e le O hanno i fianchi senza tratti rettilinei. In un centimetro ci entrano quasi cinque righe. Dovrebbe essere intorno al corpo 6, ma in questo caso mancano le linee nere tra una riga e l’altra, per cui la pagina appare molto più leggera.
Qualche misura
Ho provato a misurare rapidamente lo spazio occupato dalle varie righe. Se non sbaglio sul Tempo ogni riga occupa circa 5,2 punti tipografici, su Repubblica circa 6,6 mentre sul Messaggero i punti sarebbero addirittura 9,2. Chiaramente questi dati non corrispondono al corpo del carattere utilizzato, ma a corpo+interlinea. Nel caso del Tempo è possibile che l’interlinea sia negativa, mentre nel caso del Messaggero ce n’è più del normale.
Un’altra misurazione che si può fare è quella della larghezza: le parole “Acotel group” sul Tempo occupano circa 7 millimetri e mezzo, su Repubblica 9 e mezzo, mentre sul Messaggero, come previsto, un po’ di meno, 8,2. Quindi il corpo del carattere potrebbe essere tra corpo 5,2 e 6,6... diciamo 6.
Volendo impaginare col computer una tabella simile a quella del Tempo si potrebbe usare l’Oswald Extra Light (si scarica da Google). Ovviamente la forma delle lettere non è la stessa: qui la C chiude molto di più, come nei caratteri usati dal Messaggero, ma nel nostro caso diciamo che va bene. Il carattere è comunque troppo largo: bisogna condensarlo ulteriormente all’80% della larghezza* (nella scheda Proprietà del Carattere nel programma di videoscrittura) e impostare l’interlinea fissa a 0,2 cm o giù di lì. Il risultato visivo, ingrandendo a dismisura la pagina, è questo (dopo aver sistemato anche le righe della tabella):
(In realtà non c'è bisogno di condensare così tanto l'Oswald. Anzi, non lo si deve condensare affatto, come spiego più in basso) |
E sarebbe bello se fosse vero. Il problema è che andando a stampare con la stampante di casa difficilmente verrà un risultato nitido come quello del giornale. Qui ho una stampante a getto d’inchiostro, neanche ci provo*. Inoltre volendo visualizzare la scritta sullo schermo nella stessa dimensione in cui compare sul giornale, viene fuori qualcosa di illeggibile, perché i pixel si dispongono più o meno in questo modo:
Per la stampa in piccole dimensioni c’è bisogno sia di apparecchiature adeguate, sia di font specifici che prevedano il modo in cui l’inchiostro andrà a spargersi sulla carta, anticipandone eventualmente le distorsioni.
Notate l’angolino in alto nel bianco della A fino a che punto si spinge... Non è facile ottenere un effetto del genere in una stampa su carta.
Un dettaglio fortemente ingrandito dalle pagine del Tempo. La parola "latte" è larga circa due millimetri e mezzo. |
*Aggiornamento
Alla fine ci ho provato lo stesso a usare la mia vecchia stampante a getto d’inchiostro un po’ malferma, giusto per curiosità. Sapevo che era una pessima idea, e ne ho avuto la conferma. Ma ho avuto anche una sorpresa: non c’è bisogno di condensare così tanto le lettere, anzi, l’Oswald può essere utilizzato così com’è. In corpo 5, cinque righe occupano leggermente di più in verticale rispetto a cinque righe sul quotidiano (dopo avere impostato interlinea fissa a 0,2 e avere azzerato la distanza del contenuto dalle righe nelle proprietà della tabella); ma se notiamo le parole “Caltagirone Editore” viene fuori che in larghezza siamo lì, con l’Oswald al 100%.
A parte le lettere che si uniscono tra di loro (IN, IE), c’è da notare il fatto che nella mia stampa la controforma della A (il bianco all’interno) tende a chiudersi quasi del tutto.
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