Cloister
L’anno in cui è stato realizzato varia a seconda della fonderia, nelle schede di Identifont: la versione della Urw è datata 1897, mentre quella di Scangraphic viene datata 1913. La prima è digitalizzata in maniera tale da essere leggermente più pesante e sporca di inchiostro rispetto ai font a cui siamo abituati oggi, la seconda invece si avvicina di più a delle forme ideali.
Questo font è caratterizzato anche da un simbolo del dollaro abbastanza strano e improbabile: l’asta verticale è obliqua, e parte dall’estremità superiore della S, riprendendo evidentemente un movimento comune nella scrittura a mano.
Esiste anche un Cloister Black, firmato anche questo da Fuller Benton all’inizio del Novecento, le cui forme sono praticamente quelle dell’attuale Old English.
Tra i font simili Identifont segnala il Poor Richard, ma il consiglio è abbastanza fuorviante. Quest’ultimo font infatti è caratterizzato da forme parecchio insolite ed obsolete (vedi la a e la e aperte), mentre il Cloister non è molto distante da altri caratteri veneziani rinascimentali.
Fonts In Use elenca le numerose versioni del Cloister, specificando per ciascuna la data di uscita. L’anno di partenza è il 1913, le versioni successive vennero introdotte fino alla metà degli anni 20.
Il Cloister Oldstyle, scrive il sito, è basato su un romano realizzato da Jenson nel 1470, ma più pesante. L’italico invece deriva da un lavoro di Manuzio del 1501.
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