I caratteri di Fell. Conversione nomi-punti-millimetri

John Fell era vescovo di Oxford. Tra il 1670 e il 1672 comprò punzoni e matrici dall’Olanda per la Oxford University Press. Si presume che i caratteri siano il lavoro di un tale Dirck Voskens, e rappresentano sicuramente un passo avanti rispetto ai disegni precedenti. Wikipedia in inglese dedica ai caratteri di Fell un paragrafo nell’articolo sulla storia della tipografia occidentale, subito prima di parlare di Caslon. I caratteri in questione rappresentano un ulteriore passo verso disegni più moderni di quelli che erano in uso allora, per l’accorciamento dei tratti ascendenti o discendenti, il maggiore contrasto, il modo in cui venivano strette certe lettere rotonde, il modo in cui venivano appiattite le grazie alla base delle aste.

L’italiano Igino Marini ne ha messo a punto una digitalizzazione che è disponibile gratuitamente su Google. Si tratta di ben dieci font, che prendono il nome dalla dimensione per la quale erano stati pensati in origine: Double Pica, English, French Canon, Great Primer, più alcune versioni di maiuscolette.

Si tratta di un progetto unico nel suo genere, a cui è stato dedicato un intero sito con gli approfondimenti. Oltre alle versioni che si trovano anche su Google c’è anche qualche bonus, come Fell Flowers che contiene manicule, fioroni e varie decorazioni tipografiche, probabilmente incise da Granjon. Sono due file: uno pensato per la grandezza 25, l’altro per la grandezza 17,5, se si vuole essere fedeli alle dimensioni originali.

Il sito ufficiale fornisce anche le dimensioni consigliate per ciascuno dei font che fanno parte del progetto. Ad esempio il Great Primer dovrebbe essere stampato a 17 punti.

Le indicazioni sono molto utili, perché tecnicamente il nome Great Primer si riferisce tradizionalmente alla grandezza di 18 punti tipografici.

Il fatto è che la definizione di punto tipografico è cambiata nel corso degli anni, quindi non è sempre facile convertire i punti in centimetri, se non si sa di che tipo di punti si sta parlando.

Il punto Fournier, inventato nel 1733 equivale a 0,345 mm mentre nei computer si usa il punto Postscript, inventato oltre due secoli dopo, nel 1984, che vale circa 0,352 mm.

Quindi un carattere di 18 punti Fournier occupa 6,21 mm, meno di 18 punti Postscript (6,33 mm), ma più di 17 (5,90 mm). Ancora maggiore è la differenza col punto Didot, 0,375 mm, per cui 17 punti sono 6,37 mm, cioè più di 18 punti Fournier.

Ma i punti tipografici sono un’invenzione pressoché settecentesca (eccetto i punti Truchet che risalgono al 1694, ma erano molto più piccoli rispetto agli altri: 0,188 mm).

Secondo Wikipedia, prima i nomi delle dimensioni in precedenza erano relativi, e “la loro lunghezza esatta variava nel corso del tempo, da Paese a Paese e da fonderia a fonderia”. Che non significa che prima non venissero misurati: esistevano le unità di lunghezza che si usano anche al di fuori dell’ambito tipografico, ad esempio il pollice. L’ulteriore problema è che il pollice inglese è diverso dal pollice francese (25,4 mm contro 27,07 mm). Dice ancora Wikipedia che manuali diversi fornivano misure diverse: secondo i manuali inglesi della Monotype 1 pica corrispondeva a 0,1660 pollici, mentre sui manuali continentali 1 pica era 0, 1667 pollici.

Nella tipografia moderna la pica è un sesto di pollice (ossia in un pollice ci entravano sei righe della grandezza di una pica) e corrisponde a 12 punti, ossia 4,233 mm (1 punto tipografico è pari a un settantaduesimo di pollice). 

Su Wikipedia in inglese c’è una tabella comparativa con i nomi delle diverse dimensioni tipografiche in varie tradizioni (americana, britannica, francese, tedesca, olandese e cinese), con conversione sia in punti che in mm. Sulla versione italiana dell’enciclopedia non c’è nessuna pagina corrispondente (e su nessuna altra versione tranne quella russa), mentre i nomi italiani sono completamente caduti in disuso (nonpareil, ossia 6 punti, veniva reso con nompariglia).

In conclusione, la dimensione del corpo dei caratteri del Fell Great Primer era in origine di circa 6 mm, quindi il sito consiglia di usarlo a 17 punti. Ciò non toglie che trattandosi di caratteri scalabili, si può scegliere qualsiasi dimensione. 

Variare di poco non cambia praticamente niente. Variare di molto può portare conseguenze indesiderate: il Three Lines Pica è disegnato per essere usato in corpo 48; usarlo in corpo 12 non solo non permette di ammirare i dettagli, ma può renderli fastidiosi, sbilanciati, fuori posto.

Il Three Lines Pica e il De Walpergens Pica a confronto (entrambi fanno parte dei Fell Types di Igino Marini). Il primo è progettato per essere usato a 48 punti, il secondo a 12,5. Qui li ho usati in entrambe le dimensioni. Notare che il Three Lines Pica rende meglio in grandi dimensioni, perché risaltano i dettagli molto curati: la cima della A, la curvatura e la punta delle grazie della E, lo sperone in alto sulla G e quel tratto che spunta in basso a destra (prima riga). Nella terza riga c'è il Dw Pica, nella stessa dimensione. Ovviamente sembra molto rozzo (non era necessariamente una scelta, visto che doveva essere inciso a mano e le lettere non misuravano più di 6 millimetri in altezza). Nella seconda riga invece ho scritto sia con Three Lines che con il Pica in grandezza 12,5. Notare che la resa è completamente diversa. Quel tratto in basso a destra sulla G del Three Lines che visto in grande era così elegante qui sembra davvero fuori posto, e per giunta non è neanche allineato col resto della lettera; la A sembra immotivatamente più bassa rispetto alle altre due lettere; c'è parecchio contrasto tra tratti spessi e tratti sottili, che in un testo lungo può essere fastidioso; inoltre quel lieve avvallamento che si vede sulla E in grande diventa inspiegabilmente un buco al disopra della E in piccolo. Se invece vediamo il secondo gruppo di lettere della seconda riga, il dw Pica, la forma rozza di estremità e grazie non ha più nessuna importanza. Certo, per gli standard moderni si notano molte imprecisioni, ma questo deriva da due cose: primo, dalla scelta del disegnatore di riprodurre nel font le irregolarità dell'inchiostro sulla carta che si trova sui documenti antichi; secondo, dal fatto che questa immagine deriva da uno screenshot, per cui la forma delle curve è stata adattata ai pixel non soltanto in base alla dimensione del font, ma anche dell'ingrandimento scelto. Avendo un documento con un font scalabile sul monitor, basta ingrandirlo o rimpicciolirlo anche di poco per vedere come la forma delle lettere in piccolo varia anche considerevolmente (non quando il testo è stato fissato in un'immagine come in questa pagina, ovviamente).

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