Come funziona la stampa litografica

La litografia è una tecnica che ha una lunga tradizione. È stata inventata alla fine del Settecento, ed è in uso dagli inizi dell’Ottocento. Per ottenere una stampa tradizionale bisognava procurarsi una lastra di pietra calcarea, e realizzarci sopra un disegno con una matita grassa.

La differenza tra le tecniche messe a punto da Gutenberg e la stampa litografica è che le prime si basano sul rilievo mentre la seconda ha come base una superficie piana.

Nella stampa a rilievo (tipografica, ma anche xilografica ossia su legno) vengono incise delle forme tenendo conto che la parte scavata non lascerà nessuna traccia sul foglio. Si lasciano in rilievo soltanto le forme che grazie all’inchiostro saranno trasferite sul foglio.

Nella stampa litografica invece non bisogna scolpire niente. Il trasferimento dell’inchiostro è regolato da principi chimici: la superficie non inchiostrata, che vien bagnata, respinge l’inchiostro mentre quella trattata con la matita grassa lo trattiene, e lo trasferisce poi sul foglio.

Il metodo tradizionale si usa ancora solo per le stampe artistiche di qualità. Nella stampa commerciale il nome di litografia si applica al metodo offset, inventato verso la metà dell’Ottocento, che si basa sullo stesso principio ma facendo uso di lastre di alluminio flessibili anziché di lastre di pietra. Inoltre il passaggio dell’inchiostro non è diretto, dalla lastra al foglio, ma avviene attraverso vari rulli di gomma che permettono di stampare anche su superfici irregolari.

Un filmato che spiega in due minuti come funziona il moderno processo di stampa litografica offset si può trovare su Youtube. Nelle immagini si vede sia uno schema in movimento che mostra il gran numero di rulli che determinano il funzionamento della macchina, sia una Heidelberg Speedmaster all’opera.

Ovviamente nella stampa commerciale non si deve più realizzare il disegno a matita a mano sulla lastra, ma si può passare una qualsiasi immagine direttamente da computer, utilizzando un’apposita tecnica laser.

A differenza delle stampanti casalinghe dove basta un solo passaggio per passare sul foglio tutti i colori, qui è possibile passare un solo colore per volta.

Quindi per fare stampe contenenti tutta la gamma dei colori è necessario agganciare tra di loro varie macchine, ognuna delle quali si occuperà di un colore diverso del prodotto finito. Normalmente si preparano 4 lastre, una per ciascuno dei colori di base delle stampanti (ciano, magenta, giallo e nero). In questo modo basta un solo passaggio del foglio attraverso le quattro apparecchiature per completare la stampa.

Si tratta di un sistema industriale: tutti questi macchinari occupano uno stanzone, ciascuno di loro è grande come vari frigoriferi affiancati.

Scrive Wikipedia in italiano che la Gran Bretagna all’inizio dell’Ottocento avrebbe vietato persino l’importazione di stampe litografiche, mentre nella sola Parigi nel 1831 erano già in funzione 59 stabilimenti in cui si realizzavano litografie.

La fonte indicata è un manuale ottocentesco che si può leggere gratis su Google.

A quanto pare all’epoca c’era un’aspra polemica, nella quale gli avversari della litografia sostenevano che l’arte sarebbe stata sminuita dall’esistenza di questa tecnica. Mentre le altre tecniche erano molto costose, questa era più economica, anche perché il supporto poteva essere riutilizzato. I critici quindi prevedevano che il pubblico sarebbe stato inondato di prodotti di bassa qualità, visto che bastava saper tracciare dei segni sulla pietra per ottenerne un numero illimitato di copie a basso costo. L’autore del libro si chiedeva: ma non è successo lo stesso per l’invenzione della tipografia? Le grandi opere del passato hanno perso valore solo perché chiunque si può permettere di comprarne una copia senza dover ricorrere al costosissimo lavoro di un’amanuense incaricato di copiarlo a mano?

Non solo: se un artista si preoccupa del fatto che il proprio lavoro avrebbe perso di valore se riprodotto un numero illimitato di volte, può benissimo decidere di realizzarne poche stampe e poi lavare via il disegno dalla pietra. Con tecniche di incisione non si poteva fare con leggerezza, visto che si trattava di distruggere il supporto. Con la litografia invece non era un problema, spiegava l’autore, visto che la pietra, una volta ripulita, sarebbe stata pronta per ospitare un nuovo disegno.

Nel manuale venivano spiegati i trucchi per ottenere delle buone litografie, tenuto conto che spesso un disegno che può sembrare buono quando viene realizzato su pietra poi si può rivelare di bassa qualità una volta trasferito sul foglio, se uno non conosce i metodi per evitare effetti indesiderati.

Gli ostacoli all’importazione di pietre litografiche in Inghilterra, a cui si accenna in una nota dell’introduzione al libro, durarono soltanto pochi anni.

Abolire quasi del tutto il commercio di stampe estere mise quasi tutto il mercato nelle mani dei francesi, che ormai padroneggiavano la tecnica molto meglio, approfittando della stupidità dell’atteggiamento inglese. 

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