Normografi
Si trattava di una scatolina nella quale c’erano quattro normografi e quattro pennini.
I normografi erano lastre di plastica nelle quali erano intagliati i profili delle lettere dell’alfabeto. Venivano utilizzati per realizzare delle scritte che fossero in linea con la precisione che ci si aspettava dal progetto: anziché avere lettere corsive o irregolari, e anziché perdere parecchio tempo per cercare di realizzare a occhio delle lettere perfette, bastava ricalcare col pennino i profili che si trovavano sul normografo per avere in poco tempo delle scritte impeccabili.
I quattro normografi erano in quattro dimensioni diverse: 3, 5, 7 e 10, dove la misura è in millimetri e riguarda l’altezza delle maiuscole.
Anche lo spessore dei pennini variava: 0,5, 0,9, 1,0 e 1,3 millimetri.
Ogni pennino era costituito da una capsula verde che veniva riempita di inchiostro da dietro, una punta e un supporto metallico, che spuntava obliquamente da un lato e che andava fissato sulla punta di un’apposita bacchetta.
Sui normografi c’erano sia le lettere maiuscole che quelle minuscole, i numeri, i simboli aritmetici e i segni di interpunzione. C’era la possibilità di aggiungere vari segni diacritici. Alcune lettere risultano mancanti, evidentemente per ridurre spazio. Sarebbe uno spreco dedicare tre posizioni a lettere come C,O,Q, che seguono lo stesso profilo. Per cui si fornivano solo gli elementi di base, e stava poi alla persona che usava lo strumento scegliere come usare la singola lettera. Ad esempio, basta tracciare tutti i tratti della E tranne l’ultimo per ottenere una F. Per trasformare la O in Q era disponibile un segno a forma di coda della lettera, che poteva essere aggiunto a parte.
Gli alfabeti erano suddivisi in due righe sovrapposte, entrambe con la base delle lettere orientata verso l’asse orizzontale del normografo. In pratica l’alfabeto superiore era sempre dritto e quello inferiore era sempre capovolto. Questo era utile in quanto per ottenere una scritta nella quale tutte le lettere fossero allo stesso livello, era più comodo appoggiare il normografo ad un elemento fisso, fosse anche soltanto una linea tracciata sul foglio al disopra o al disotto della riga che si stava scrivendo. Se su entrambi i livelli del normografo le lettere fossero state orientate nello stesso modo, passando da uno all’altro si sarebbe perso il punto di riferimento.
La dimensione del testo indicata sulla scatola era in millimetri, non in punti tipografici, e non si parlava di corpo del carattere, bensì di altezza della maiuscola.
Per usare questo sistema serviva comunque un po’ di abilità pratica. Non soltanto bisognava allineare e spaziare correttamente le lettere, ma serviva anche una certa regolarità nel modo in cui si maneggiava il pennino, altrimenti si sarebbero visti degli sbalzi nel colore dell’inchiostro a seconda della velocità con cui si tracciavano i tratti.
Su Wikipedia in inglese esiste un’apposita pagina dedicata al Technical Lettering, che però manca in italiano.
C’è però sull’enciclopedia online una pagina in italiano dedicata ai normografi (che corrisponde a quella inglese chiamata “lettering guide”), con fotografia sia di alcuni normografi in varie dimensioni (sempre con lettere mancanti che dovevano essere assemblate dalle varie componenti) sia di vari modelli diversi di pennino.
L’articolo contiene due curiosità: la prima è che nelle epoche passate, quando c’era una notevole percentuale di analfabeti, alcuni politici distribuivano prima delle elezioni normografi in cartone col loro nome, per permettere a chi non sapeva scrivere di ricalcare solo le lettere che servivano ed esprimere così la preferenza. La seconda è che vari serial killer, anche italiani, hanno fatto uso del normografo per impedire alle forze dell’ordine di riconoscere le particolarità della loro scrittura a mano.
Nel disegno tecnico ormai il lavoro avviene con mezzi informatici, per cui non c’è più bisogno di aggiungere il lettering a mano.
Chiaramente non si è più vincolati alle vecchie limitazioni tecniche dei normografi, quindi anche sui caratteri tecnici ci si è potuti sbizzarrire in ogni modo e le vecchie forme sono cadute nel dimenticatoio.
Un font che un po’ mi ricorda i caratteri dei normografi è il Dosis, che si trova su Google, anche se nella descrizione non dichiara nessun legame con questo settore.
Commenti
Posta un commento